L'origine del bradisismo e della sismicità che hanno interessato i Campi Flegrei negli ultimi 16 anni sarebbe da attribuire a una possibile risalita di magma da una profondità – relativamente superficiale – tra i 4 km e gli 8 km. Ad affermarlo uno studio pubblicato il 13 settembre 2024 sulla rivista Nature – Communications of Earth and Environment, condotto dai ricercatori dell’Osservatorio Nazionale Terremoti e dell’Osservatorio Vesuviano dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), in collaborazione con l’Università di Roma Tre e l’Università di Ginevra.
Utilizzando un approccio multidisciplinare che ha visto l’integrazione di misure radar e satellitari della deformazione del suolo, simulazioni numeriche e modelli petrologici, i ricercatori hanno mappato i cambiamenti nella posizione, dimensione e volume della sorgente della crisi bradisismica dei Campi Flegrei dal 2007 al 2023. Sin dal 2005, infatti, l’area di Pozzuoli ha registrato un graduale sollevamento del suolo, che ha raggiunto valori pari a 1,3 metri nel 2024. Il tasso di sollevamento non è rimasto costante negli ultimi 16 anni, ma, al contrario, è aumentato da valori iniziali di 1,1 ± 0,4 centimetri all’anno fino al 2011, a 15,9 ± 0,7 centimetri all’anno tra il 2022 e il 2023. L’aumento del tasso di sollevamento del suolo è stato accompagnato dall’intensificazione degli sciami sismici e della loro magnitudo. Basti pensare ai terremoti di magnitudo 3.5 e 4.4 che hanno colpito l’area il 20 maggio 2024, portando il livello di allerta della Protezione Civile a giallo.
Il nuovo studio ha delineato due sorgenti nel sottosuolo responsabili della deformazione superficiale. La prima, che nel 2007 si trovava ad una profondità di circa 5.9 ± 0.6 km, è gradualmente risalita fino a raggiungere i 3,9 ± 0,2 km nel 2023. Anche il suo volume è cambiato, passando da 0,1 km³ a 0,16 km³, con un incremento di circa 60 milioni di metri cubi in sedici anni. La seconda sorgente magmatica, invece, occupa una superficie di circa 100 km² e si trova stazionariamente a una profondità di circa 8 km. Questa sorgente più profonda sarebbe il motore dell'attività dei Campi Flegrei.
I dati indicano, infatti, una riduzione del volume della sorgente più profonda nel periodo investigato, a un ritmo di circa 104–105 m³/anno, che si contrappone all’aumento volumetrico della sorgente più superficiale, pari a 106 m³/anno. Questa tendenza inversa suggerisce che le due sorgenti siano in comunicazione. In particolare, considerando vari scenari, i ricercatori hanno dedotto che la sorgente di deformazione superficiale sia probabilmente alimentata dalla risalita di magma e gas proveniente dalla sorgente principale a 8 km. Tuttavia, l'esatto volume di magma e gas in risalita non può essere definito con precisione.
Mauro Antonio Di Vito, Direttore dell’Osservatorio Vesuviano dell’INGV e co-autore dello studio, ha sottolineato l’importanza della ricerca, affermando: “Sebbene non sia possibile stabilire con certezza la presenza di magma a circa 4 km di profondità, lo studio dimostra per la prima volta che il magma, risalente dagli 8 km, è il motore principale dell’attività in corso ai Campi Flegrei”.
Va comunque sottolineato che i risultati dello studio non indicano un'imminente eruzione dei Campi Flegrei. I dati mostrano infatti similitudini con quanto osservato nei precedenti 16 anni, pur evidenziando un'intensificazione delle manifestazioni. Tuttavia, come ha aggiunto Di Vito, “il continuo accumulo di magma e l'aumento della pressione nel sottosuolo rappresentano un rischio che non deve essere ignorato.”