La crisi bradisismica in corso nell’area dei Campi Flegrei è paragonabile a quella del 1982-1984, l'ultima in termini cronologici, per frequenza e magnitudo dei terremoti. All’epoca si verificarono circa 10.000 terremoti, che raggiunsero magnitudo 4.0 (per confronto, il terremoto del 27 settembre 2023 ha avuto magnitudo 4.2). Durante questa crisi parte della popolazione di Pozzuoli fu evacuata per il rischio di crolli.
Ciò che distingue la fase attuale da quella del 1982-84 è l’entità del sollevamento: all’epoca in soli due anni raggiunse i 180 cm, mentre dal 2005 (quando è ricominciato il sollevamento) a oggi ha raggiunto un massimo di 113 cm.
1982: l'inizio della crisi bradisismica
Il bradisismo è un fenomeno vulcanico che interessa l'area dei Campi Flegrei, dove ha sede un supervulcano. Il fenomeno consiste in un'alternanza tra fasi di sollevamento e abbassamento del suolo, probabilmente in risposta alla risalita di gas e fluidi di origine vulcanica. Durante i periodi di sollevamento si hanno terremoti, mentre nei periodi di abbassamento le scosse sono pressoché assenti. Le crisi bradisismiche avvengono quando il sollevamento diventa molto rapido e importante.
La crisi degli anni '80 cominciò nel mese di giugno 1982, quando nell’area dei Campi Flegrei si verificò un sollevamento del suolo anomalo rispetto ai valori registrati dalla fine della crisi precedente (avvenuta nel 1969-72). Nei mesi successivi il sollevamento continuò (ad aprile 1983 raggiunse 52 cm), accompagnato da scosse piuttosto lievi, spesso avvertite dalla popolazione soprattutto nell’area della Solfatara. Il primo evento sismico significativo fu però quello che si verificò a Pisciarelli nel maggio 1983, con magnitudo 3.4. Da quel momento l’attività sismica diventò più intensa, con circa 200 scosse al giorno, tanto da spingere i cittadini a manifestare contro le autorità, accusandole di non tutelarli.
Il terremoto del 4 settembre 1983 e la fuga degli abitanti
Il 4 settembre 1983 uno sciame sismico, di cui la scossa più forte (alle 13:32) raggiunse il V grado della scala MCS (Mercalli-Cancani-Sieberg), gettò nel panico gli abitanti di Pozzuoli, che si riversarono nelle strade. Migliaia di cittadini partirono volontariamente, rifugiandosi in accampamenti di fortuna e roulotte messe a disposizione dalla Protezione Civile sul litorale di Licola. Qui arrivarono anche i militari, che installarono una tendopoli. Mentre le scosse continuavano, il Ministro della Protezione Civile Enzo Scotti convocò un vertice con autorità locali e tecnici per fare il punto della situazione. Una volta individuata l’area a minore rischio sismico del Comune di Pozzuoli, quella di Monte Rusciello, si decise di costruirvi un quartiere destinato a ospitare gli sfollati.
Il terremoto del 4 ottobre 1983 e l’evacuazione di Pozzuoli
Esattamente un mese più tardi, verso le 8 del mattino del 4 ottobre, Pozzuoli fu colpita di nuovo da un terremoto ancora più violento, di magnitudo 4.0. Il suo ipocentro si trovava tra 2,5 e 3,0 km e l’epicentro nei pressi della Solfatara. Avvertita in un raggio superiore a 30 km, la scossa causò frane e molti crolli, che bloccarono le vie di fuga generando il panico generale. Trattandosi di un evento significativo, nei giorni seguenti furono analizzati i danni agli edifici e si distribuirono questionari alla popolazione, con domande relative alle sensazioni avvertite durante il sisma. In questo modo fu possibile attribuire al terremoto un’intensità che risultò pari al VII grado della scala MCS nell’area epicentrale (la scala MCS, infatti, si basa sugli effetti causati dal terremoto e non esprime l’energia liberata nell’ipocentro, come invece fa la scala Richter, e quindi la magnitudo).
I rilievi avevano evidenziato che per i cittadini di Pozzuoli non era più sicuro rimanere nelle proprie abitazioni. Molti edifici dell’area epicentrale erano fortemente compromessi e ormai si registravano quotidianamente anche centinaia di scosse, soprattutto tra il porto e la Solfatara, con un sollevamento che poteva raggiungere i 3 mm al giorno.
Fu così che si decise di evacuare l’area più a rischio, quella del centro storico di Pozzuoli. Era la cosiddetta “zona A”, con la maggiore densità abitativa, in cui si concentravano gli epicentri ed era più probabile che si verificassero le scosse più forti. Fu emanato un ordine di sgombero per 20.000 persone, molte delle quali non sarebbero mai più rientrate.
1984: il piano di evacuazione e la fine della crisi
La crisi bradisismica continuò nel 1984: ad aprile ci fu uno sciame sismico lunghissimo, con ben 600 scosse in 6 ore. In questa fase si accentuò la paura che potesse ripetersi un’eruzione come quella di Monte Nuovo del 1538. Per questo il Ministro Zamberletti, che aveva sostituito Scotti, fece predisporre un piano di evacuazione in caso di eruzione. Furono quindi individuate zone a diversa pericolosità e definite le aree di probabile apertura delle bocche eruttive, intorno al centro storico di Pozzuoli. L’area da evacuare risultò avere raggio di circa 5 km con centro a Pozzuoli. Furono perfino preparati opuscoli per la popolazione: non vennero mai distribuiti, perché nel frattempo la crisi si attenuò fino a chiudersi verso fine anno. Anche il sollevamento del suolo man mano cessò, dando inizio a una fase di sprofondamento destinata a durare fino al 2005.