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Gli effetti del bradisismo sul suolo dei Campi Flegrei: il caso del Tempio di Serapide a Pozzuoli

Il Macellum di Pozzuoli, o Tempio di Serapide, è un sito archeologico ma anche un “simbolo” e indicatore scientifico del bradisismo nei Campi Flegrei. I fori prodotti dai molluschi marini permettono di ricostruire l'innalzamento e l'abbassamento del suolo negli ultimi due millenni, fornendo dati cruciali per studiare questo fenomeno vulcanico che oggi impatta sulla vita di centinaia di migliaia di persone.

14 Marzo 2025
10:54
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Gli effetti del bradisismo sul suolo dei Campi Flegrei: il caso del Tempio di Serapide a Pozzuoli
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Il Tempio di Serapide a Pozzuoli (NA).

Il Macellum (chiamato impropriamente anche Tempio di Serapide o Serapeo) di Pozzuoli è più che un sito archeologico: è anche un “laboratorio scientifico” che ci permette di ricostruire i movimenti del suolo dei Campi Flegrei negli ultimi due millenni. Trovandosi quasi perfettamente al centro della caldera vulcanica flegrea, il simbolo indiscusso della città di Pozzuoli caratterizzato da tre imponenti colonne marmoree è un testimone geologico del bradisismo presente nell'area flegrea, caratterizzato dal movimento del suolo dovuto all'attività vulcanica sottostante.

Scoperto nel 1750 ma risalente al I o II secolo d.C., la struttura che oggi si trova di fronte alla marina del porto di Pozzuoli faceva parte del mercato pubblico – il macellum, appunto – dell'antica città città romana di Puteoli, l'attuale Pozzuoli. Oggi le tre colonne in marmo cipollino mostrano fori prodotti dai litodomi, molluschi marini. Come se un tempo il macellum puteolino fosse stato sommerso nelle acque del Golfo di Napoli. La spiegazione è semplice: le colonne erano un tempo sommerse a causa del fenomeno vulcanico del bradisismo, che interessa i Campi Flegrei come altre caldere vulcaniche nel mondo, in cui il suolo si alza e si abbassa regolarmente come se il vulcano sottostante “respirasse”.

Datando i fori dei litodomi, gli scienziati sono riusciti a ricostruire il movimento verticale del suolo fregreo negli ultimi duemila anni circa. Osservate il grafico qui sotto, prodotto dall'INGV:

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Andamento degli spostamenti verticali del suolo in corrispondenza del Tempio di Serapide di Pozzuoli negli ultimi due millenni. Credit: INGV

Al tempo della costruzione del Macellum le colonne si trovavano – ovviamente – sopra il livello del mare, ma l'abbassamento bradisismico del suolo le ha portate ad affondare a cavallo tra il IV e il V secolo d.C. La risalita del suolo è iniziata secoli dopo, nel Duecento, quando le colonne si trovavano a oltre 8 metri sotto il livello del mare. Il bradisismo positivo raggiunse il suo picco subito prima dell'ultima eruzione registrata nell'area flegrea, quella che produsse il Monte Nuovo nel 1538. Il Tempio di Serapide ritornò a galla qualche anno prima, raggiungendo nel 1538 una quota massima di circa 6 metri sul livello del mare. A quel punto è cominciata una nuova fase di subsidenza del suolo, che portò il Serapeo a scendere sotto il livello del mare verso la metà dell'Ottocento. La successiva risalita avvenne soltanto con la crisi bradisismica del 1982-1984, e da allora il sito archeologico fa bella mostra di sé sopra il livello del mare.

Probabilmente non c'è in tutto il mondo una testimonianza più tangibile e preziosa del bradisismo. Non è un caso quindi che il Macellum di Pozzuoli sia stato fondamentale per studiare e comprendere questo fenomeno vulcanico, e che il sito archeologico sia a tutt'oggi considerato uno dei monumenti più importanti al mondo.

Sopra il gigante dormiente dei Campi Flegrei vivono oltre 500.000 persone, una popolazione che rende ogni misura di sicurezza e ogni piano di evacuazione estremamente complesso. La zona è divisa in aree di rischio, con una "zona rossa" che dovrebbe essere evacuata entro 72 ore in caso di allarme elevato. Tuttavia, la complessità logistica e sociale di un'evacuazione così massiccia rimane un probelma irrisolto, evidenziato dalla mancanza di infrastrutture adeguate e di una cultura di preparazione agli eventi vulcanici.

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Filippo Bonaventura
Content editor coordinator
Ho una laurea in Astrofisica e un Master in Comunicazione della Scienza alla SISSA di Trieste. La prima mi è servita per imparare come funziona ciò che ci circonda, la seconda per saperlo raccontare. Che poi sono due cose delle tre che amo di più al mondo. Del resto, a cosa serve sapere qualcosa se non la condividi con qualcuno? La divulgazione per me è questo: guidare nel viaggio della curiosità e del mistero. Ah, la terza cosa è il pianoforte e la musica in ogni sua forma.
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