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Frammenti di vetro vulcanico, originati dalla vetrificazione di tessuti cerebrali, furono ritrovati nel 2020 all’interno del cranio di un giovane uomo scoperto nel sito archeologico di Ercolano, distrutta insieme a Pompei durante la storica eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. Ora, un team di ricercatori, guidato dagli esperti dell'Università Roma Tre e dell'Università di Napoli Federico II, ha individuato una possibile spiegazione per questo raro fenomeno: la trasformazione dei tessuti cerebrali in vetro sembrerebbe essere stata causata dalla rapida esposizione a temperature pari o superiori a 510 °C, generate dall’arrivo di una nube di cenere vulcanica incandescente, che avrebbe colpito la vittima per poi dissiparsi altrettanto rapidamente, con conseguente raffreddamento e la vetrificazione.
Cosa significa vetrificato? Il vetro vulcanico e la conservazione dei tessuti cerebrali
Il vetro vulcanico, comunemente noto come ossidiana, è un materiale di colore scuro, privo di una struttura cristallina regolare, che si forma a seguito del rapido raffreddamento di una lava ricca in silice. Questo accade, per esempio, quando la lava, con temperature superiori a 700 °C, entra in contatto con un liquido, come l’acqua. Il raffreddamento è talmente repentino da impedire la formazione di cristalli, dando origine a un materiale amorfo e vitreo. È invece più unico che raro il caso in cui il processo di formazione di vetri vulcanici "coinvolga" dei tessuti organici molli.

Infatti, la conservazione o vetrificazione dei tessuti organici, composti principalmente da acqua, avviene attraverso un rapido raffreddamento a temperature ben inferiori a 0 °C. Nella crioconservazione, ad esempio, gli organi, esposti a circa -120 °C mediante azoto liquido, acquisiscono le proprietà di un solido privo di ghiaccio e simile al vetro, pur mantenendo la loro struttura molecolare. Altri processi sono la saponificazione e la deidratazione, ma non il riscaldamento.
Ciononostante, nel 2020, un team di ricerca, guidato dai ricercatori dall’Università Federico II di Napoli, ha attribuito l’origine dei frammenti di vetro, ritrovati nei resti fossilizzati di un uomo vissuto a Ercolano quasi 2000 anni fa e vittima dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. – la stessa che seppellì Pompei -, a un processo di vetrificazione dei tessuti molli del cervello e del midollo spinale, dovuta all’esposizione alle alte temperature di un flusso piroclastico. Si tratta di un caso unico nel suo genere. Attraverso l’analisi al microscopio elettronico a scansione e l’utilizzo avanzati strumenti di elaborazione delle immagini, gli studiosi avrebbero individuato tracce di tessuto neuronale (assoni), nonché proteine (mielina) comuni nei tessuti cerebrali umani e di acidi grassi tipici del cervello umano, indicando un’origine organica per quei frammenti. Tuttavia, le condizioni in cui sarebbe avvenuta la trasformazione non erano del tutto chiare.

La causa della vetrificazione: una nube di cenere incandescente
Un nuovo studio, pubblicato il 27 febbraio 2025 sulla rivista internazionale Nature: Scientific Reports, ha chiarito il processo che avrebbe causato la vetrificazione dei tessuti cerebrali. Attraverso un’analisi calorimetrica a scansione differenziale, che consiste nel riscaldare e raffreddare campioni a diverse temperature per misurare l'energia assorbita o rilasciata e la velocità delle trasformazioni termiche, gli scienziati hanno dimostrato che la trasformazione dei tessuti molli in vetro o smalto è avvenuta a una temperatura di circa 510 °C, seguita da un rapido raffreddamento.
Inizialmente, gli scienziati hanno ipotizzato che la vetrificazione fosse stata innescata dai flussi piroclastici, una miscela ad alta velocità di materiale vulcanico e gas emessa dal Vesuvio, responsabile della sepoltura di Pompei ed Ercolano sotto oltre 20 metri di detriti. Tuttavia, le temperature di questi flussi sembrano non aver superato i 465 °C e, inoltre, il loro raffreddamento avviene in modo relativamente lento, un processo poco favorevole alla formazione di vetro vulcanico. Al contrario, l'elevata velocità di raffreddamento è in linea con i risultati degli esperimenti condotti in laboratorio.

Sebbene il cervello non sia stato completamente distrutto dal calore, è stato gravemente danneggiato e frammentato in piccoli frammenti sub-centimetrici – ritrovati nel sito archeologico – facilitando lo scambio termico durante il raffreddamento. Sulla base delle nuove evidenze e dei risultati analitici, gli scienziati ipotizzano ora che la trasformazione dei tessuti cerebrali in vetro sia stata causata dal passaggio transitorio e di breve durata di una nube di cenere vulcanica incandescente diluita, con temperature ben superiori a 510 °C. La nube avrebbe investito la vittima ad alta velocità per poi dissiparsi rapidamente, creando le condizioni ideali per il rapido raffreddamento e la vetrificazione.
A differenza dei flussi piroclastici, che si spostano lungo il terreno con una dinamica ricorda quella di una valanga, una nube di cenere viene trasportata dall’aria. Questo perché è composta dalle particelle più fini e spesso si colloca ai margini del flusso piroclastico stesso. Nubi di cenere possono raggiungere anche temperature di 600 °C. A supporto di questa ipotesi, sarebbe stato rinvenuto uno strato di cenere fine alla base dei detriti che hanno seppellito la città di Ercolano.

Il guardiano del Collegium Augustalium
I resti scheletrici del giovane uomo, stimato intorno ai vent’anni, sepolto dai materiali piroclastici dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. furono scoperti originariamente negli anni '60 durante gli scavi archeologici del Collegium Augustalium, un edificio dedicato al culto dell’imperatore Augusto.
La posizione dei resti fossili suggerisce che la vittima fosse distesa a faccia in giù su un letto di legno, immersa nella cenere. Dato il contesto della scoperta, avvenuta in una piccola stanza di servizio dell’edificio, gli esperti ipotizzano che si trattasse del guardiano del collegio.