Oggi è comune parlare di vandalismo e dare del vandalo a chi danneggia volontariamente e senza motivo beni e strutture, specialmente di interesse pubblico. Forse però molti non sanno che il termine viene direttamente dal corso della storia e, in particolare, da una popolazione di origine germanica o – come avrebbero detto i Romani – barbara. Stiamo parlando, per l'appunto, dei Vandali, che riuscirono a saccheggiare e devastare Roma nel 455 d.C. poco prima della caduta dell'Impero Romano d'Occidente e dopo un'altra popolazione, i Visigoti, che erano riusciti nella stessa impresa nel 410 d.C. Approfondiamo la storia di questo popolo.
Chi erano i Vandali: le origini
Il termine “Vandali” compare per la prima volta in fonti romane nel I secolo d.C., dove vengono menzionati genericamente come appartenenti alle genti germaniche. Nonostante non sia chiaro da dove derivi il nome di questo popolo, gli studiosi delle antiche lingue germaniche hanno proposto alcune teorie: una delle più convincenti è che venga dalla radice protogermanica *windaz, “vento” (il termine inglese per vento, “wind”, ha la stessa origine).
E' probabile che i Vandali fossero originari del sud della penisola scandinava, che siano migrati nei territori dell’attuale Polonia e Germania orientale nel IV-III sec. a.C. per poi muoversi ulteriormente verso sud, probabilmente spinti dalla pressione esercitata da altre tribù germaniche. Nel II secolo d.C. li troviamo infatti stanziati nei territori dell’attuale Repubblica Ceca.
Tra il II e il III secolo presero parte ai vari conflitti di confine tra diversi popoli germanici e l’impero romano, ma all’inizio del IV secolo l’autorità imperiale concesse loro di vivere in Pannonia, l’attuale Ungheria. Nonostante alcuni momenti di tensione, in questo periodo i Vandali entrarono ancora più a stretto contatto coi Romani, adottandone alcuni usi e integrandosi come alleati dell’impero. Anche la religione cristiana si diffuse tra loro rapidamente. I Vandali, come altri popoli germanici, si convertirono all’arianesimo, una corrente che riteneva che Gesù, all’interno della Trinità, fosse subordinato a Dio.
Il regno dei Vandali
Tra la fine del IV e l’inizio del V secolo, il potente popolo degli Unni iniziò a spingere verso ovest i popoli germanici che incontrava sulla sua strada. Questi ultimi cominciarono a fare pressione sui confini dell’Impero Romano per essere accolti e trovare un territorio dove vivere. L’autorità imperiale fece molta fatica a gestire il flusso di persone e si arrivò a veri scontri armati: erano iniziate le cosiddette e famose “invasioni barbariche”.
Il 31 dicembre del 405 o del 406, vari popoli, fra cui i Vandali, attraversarono il fiume Reno ghiacciato, che fungeva da confine dell’impero, ed entrarono in Gallia, l’attuale Francia, mettendola a ferro e fuoco. Negli anni successivi i Vandali si spostarono verso la Spagna. In questo periodo, il loro re era Genserico (389-477) che, nel 429, guidò il suo popolo oltre lo stretto di Gibilterra, intenzionato ad assicurare ai Vandali il controllo del floridissimo Nordafrica. Nel giro di alcuni anni di guerra contro i Romani, riuscirono a impadronirsi di tutti i territori costieri degli attuali Marocco, Algeria e Tunisia. Genserico fondò quindi un nuovo e potente regno dei Vandali, con capitale Cartagine. Oltre che il Nordafrica, conquistò anche le Baleari, la Sardegna e la Sicilia, portando il regno al suo massimo splendore.
Roma, privata dei ricchi territori africani e siciliani, importantissimi per l’approvvigionamento di grano, cadde in una devastante crisi, dovendo fronteggiare anche altri popoli barbari. Il re dei Vandali però volle colpire ancora più gravemente l’autorità imperiale.
Il sacco di Roma del 455 d.C.
Fra tutti i popoli germanici, i Vandali furono i primi a dotarsi di una flotta, e su ordine di Genserico le navi provenienti dal Nordafrica cominciarono a razziare le coste del Mediterraneo. Approfittando di lotte interne a Roma per la successione al trono imperiale, Genserico salpò da Cartagine con la sua flotta e giunse nella Città Eterna, conquistandola senza il minimo sforzo. I Vandali razziarono la città per ben quattordici giorni, distruggendo edifici, appiccando incendi e impadronendosi di tutto ciò che c’era di valore. Il re e i suoi tornarono quindi a Cartagine con immense ricchezze.
L'invenzione del termine "vandalismo"
I danni e la devastazione causati alla capitale impressionarono profondamente sia i contemporanei che i posteri. A molti secoli di distanza, nel contesto della Rivoluzione Francese (1789-1799), un religioso di nome Henri Grégoire (1750-1831) coniò il termine “vandalismo”. Il prete si riferiva alle devastazioni causate dai rivoluzionari alle strutture religiose, che vennero paragonate a quelle perpetrate dai Vandali durante il sacco di Roma.
La fine dei Vandali
Alla lunga, il regno dei Vandali si indebolì. I contrasti fra la maggioranza della popolazione romana e i proprietari terrieri germanici e la persecuzione degli ariani a danno dei cattolici contribuirono a destabilizzare lo stato. Nel 533, nel contesto delle guerre portate avanti dall’Impero Bizantino per impadronirsi nuovamente dei territori appartenuti all’Impero d’Occidente, un esercito guidato dal grande generale Belisario (500-565) venne inviato dall’imperatore Giustiniano (482-565) a riconquistare il Nordafrica in nome dell’autorità imperiale di Costantinopoli. Pur in inferiorità numerica, Belisario sconfisse più volte i Vandali e nel giro di appena due anni riuscì a conquistare l’intero regno, che venne annesso ai territori bizantini.
Dopo la caduta del regno vandalico d’Africa, questo popolo germanico scomparì rapidamente dalla storia. Sicuramente molti Vandali si integrarono nella maggioranza della popolazione nordafricana, mentre altri scelsero di muoversi verso l’Italia o il Mediterraneo orientale. Le tracce lasciate dai Vandali nei territori che hanno amministrato sono molto poche, e tuttora vengono ricordati più per il valore distruttivo che è stato attribuito al loro nome più che per il ruolo avuto nella storia della tarda antichità e dell’inizio del Medioevo.