"Robot" è una parola che oggi più che mai ha molti significati, dalle macchine fisiche progettate per eseguire compiti autonomamente, ai sistemi di intelligenza artificiale. Generalmente, comunque, col termine "robot" si intende una macchina progettata e programmata dall'uomo per muovere oggetti, eseguire lavori e compiti diversi. Poche persone sanno, però, che le radici del termine risalgono alla lingua slava e ai concetti di lavoro forzato e schiavitù.
Il termine "robot" si diffuse soprattutto a partire dall'opera teatrale R.U.R. (Rossum's Universal Robots) scritta dal drammaturgo ceco Karel Čapek nel 1920. La parola deriva a sua volta dalla parola ceca (e non solo) robota, che indica il lavoro pesante, faticoso. Robota viene a sua volta derivante dallo slavo e richiama il concetto di servitù della gleba e schiavitù.
Il dramma R.U.R. propone una riflessione sulle paure che l’uomo del XX secolo prova di fronte alla rapidità senza precedenti con cui il progresso scientifico avanza. Nell'opera i robot sono coloro che lavorano al posto degli operai. Il legame etimologico con il concetto di schiavitù riflette proprio la concezione dei robot come entità create per svolgere lavori umili o pericolosi al posto degli esseri umani.
Con l'avanzamento della tecnologia il concetto di robot si è evoluto, abbracciando non solo macchine fisiche ma anche software e intelligenze artificiali. Questo ha ampliato il significato e l'applicazione del termine, portando a riflessioni sulla coesistenza tra umani e macchine intelligenti. Tuttavia, il processo solleva anche questioni etiche sulla sostituzione dell'uomo con la macchina, tematica che tocca diversi aspetti della società, dell'economia e della filosofia. Questo dibattito si articola attorno a diverse questioni chiave, inclusi l'impatto sul lavoro, l'identità umana, l'equità sociale e le implicazioni a lungo termine per l'umanità.