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22 Dicembre 2022
7:30

Come è fatto il panettone tradizionale? Le fasi di produzione del dolce del Natale italiano

Non c’è Natale senza panettone. Ripercorriamo la storia del dolce milanese e vediamo come si realizza nelle pasticcerie artigianali secondo la tradizione.

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Come è fatto il panettone tradizionale? Le fasi di produzione del dolce del Natale italiano
produzione panettoni

Dicembre è arrivato e nelle vetrine delle pasticcerie capeggia un protagonista indiscusso del Natale italiano: il panettone. Alcuni lo preferiscono con l’uvetta ma senza canditi, altri lo scelgono farcito con le creme più svariate o ancora con le gocce di cioccolato. C’è chi ogni anno si fa coinvolgere nell’eterna diatriba con il pandoro, e chi mente. In questo articolo vi raccontiamo come si produce il vero e unico panettone della tradizione milanese, partendo dal lievito madre, l’ingrediente che lo fa diventare così grosso.

La storia della nascita del panettone

La prima testimonianza riconducibile al panettone si trova nel “rito del ciocco”.
Nel 1470 Giorgio Valagussa, precettore degli Sforza, racconta le tradizioni del Natale del giovane Ludovico il Moro. Una di queste tradizioni è proprio la festa del ciocco, una specie di rievocazione dell’Ultima Cena di Gesù, in cui il capofamiglia spezzava il pane e lo divideva con i presenti attorno al focolare. Il pane spezzato, però, era speciale, perché era pane di frumento. Durante l’anno i fornai avevano il divieto di usare la farina di frumento per il pane comune, perché era una prerogativa dei nobili. Il giorno di Natale era l’unica eccezione in cui ricchi e poveri mangiavano lo stesso pane, il cosiddetto “pan de sciori” o “pan de ton”, appunto, il pane dei signori. Questo pane speciale era reso ancora più saporito dall’aggiunta di zucchero, burro e uova.

Nel 1606 sul dizionario milanese-italiano di Giovanni Capis compare la voce “Panaton de Danedaa”, ossia “Pan grosso, qual si suole fare il giorno di Natale”. Prima però i panettoni non erano così grossi come lo sono ora. La vera differenza la fa il lievito, che compare in un ricettario del 1853, di Giovanni Felice Luraschi.

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Giovanni Battista Todeschini (1857–1938). Tavola con natura morta e panettone, Musei Civici di Lecco

È con l’aggiunta del lievito che il panettone diventa come lo conosciamo oggi. Ed è proprio dal lievito che inizia la preparazione.

Come viene fatto il panettone: le fasi di produzione

Vediamo ora quali sono le fasi che permettono di preparare il panettone.

L’impasto con il lievito madre

Lievito madre, lievito naturale, pasta acida: tanti nomi per indicare la stessa cosa. È l’ingrediente principale del panettone ed è quello che lo fa diventare così voluminoso.
Il lievito madre è un sistema in cui vivono batteri e lieviti. Questi ultimi sono dei microscopici funghi unicellulari che si sviluppano spontaneamente nel momento in cui acqua e farina vengono mescolati.  Questa colonia di funghi si riproduce nutrendosi degli zuccheri della farina e producendo come sostanze di scarto le molecole di anidride carbonica che fanno “alzare” l’impasto.
Per iniziare la preparazione del panettone serve il lievito madre, rinfrescato 3 volte. Quest'ingrediente ha bisogno di continui rinfreschi a base di acqua e farina, ossia l’impasto deve essere ravvivato per acquisire la giusta forza.
Dopo che il lievito cresce e diventa circa 3 volte più grande si passa alla fase successiva, ossia il vero e proprio impasto.

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Credit: Nnaluci

Il lievito madre, che è letteralmente composto da organismi viventi, a sua volta può autoriprodursi. Prelevandone una porzione e aggiungendola ad un altro impasto, tutte le proprietà del primo passeranno al secondo. E quindi il nuovo impasto potrà gonfiarsi. Ecco perché il pasticcere preleva una porzione di lievito madre e lo aggiunge all’impasto del panettone: quel pezzettino funge da innesto microbico.
Farina, acqua e lievito. Non resta che aggiungere lo zucchero e le uova.

La maglia glutinica

Lo zucchero è molto importante per i lievitati perché aiuta a velocizzare il processo di lievitazione. Si aggiungono le uova e… si inizia a mescolare. Il pasticcere controlla la velocità dell’impastatrice per permettere agli ingredienti di formare una maglia glutinica perfetta. Una… che?
Nella farina sono presenti due proteine che, quando incontrano l’acqua nell’impasto, vanno a creare una sorta di reticolo molto fitto e sottile che nelle sue maglie trattiene il gas. La parola glutine, infatti, viene dal latino gluten, che significa colla. Per vedere la maglia glutinica il pasticcere prende una parte di impasto e lo allarga tra le mani. L’impasto non si rompe ma si allunga, come se contenesse della colla. Tirandolo si forma una sorta di velo: questo significa che la maglia glutinica si è formata ed è un passaggio fondamentale per la buona riuscita di un lievitato.

maglia glutinica panettone

A questo punto si aggiunge il burro e si continua a mescolare.
Il primo round è concluso e l'impasto viene trasferito in camera di lievitazione, alla temperatura di circa 27°C, tipicamente per tutta la notte.

Il secondo impasto

Il giorno dopo troveremo l’impasto 3 volte più grande!
Questo viene trasferito di nuovo nell’impastatrice e si aggiungono ancora la farina e lo zucchero, ricontrollando la qualità della nuova maglia glutinica, che viene ristretta grazie al sale.
Nel frattempo sono aggiunti anche gli aromi – i baccelli di vaniglia e la pasta aromatica d’arancio – e le restanti parti di uova e burro.
È arrivato il momento dei canditi! Possono essere di 3 tipi:

  • Uvetta sultanina, storicamente di origine turca;
  • Cubetti d’arancia, con una scorza tenace ma con interno morbido;
  • Cedro candito, che arriva dalla Calabria.

Il Comitato Tecnico dei Maestri Pasticceri Milanesi stabilisce addirittura che gli i canditi abbiano taglio minimo 8×8, ossia abbiano dimensioni minime 8×8 millimetri.

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Quando l’impasto è pronto, si lascia riposare per qualche minuto a temperatura ambiente e si procede con la fase di formatura.

Formatura dell’impasto

La fase di formatura è generalmente composta da un porzionamento dell’impasto e dalla tradizionale pirlatura. Per ottenere un panettone finale da 1 kg saranno prelevati 1 kg e 100 grammi di impasto, perché il 10% del peso si perde in cottura.

porzionatura panettone

Le porzioni di impasto sono pronte per essere pirlate. La funzione della pirlatura è quella di dare forza all’impasto, di rinvigorirlo. E ovviamente serve anche per dare una forma più circolare alla pagnotta. In maniera molto semplificata, possiamo dire che le mani del pasticcere si muovono intorno all’impasto parallelamente ma in due direzioni opposte: la coppia di forze fa ruotare la pagnotta. Durante il processo si imprime forza verso il centro dell’impasto, in modo che il panettone possa svilupparsi meglio verso l’alto.
Praticamente, se la pirlatura è fatta male la cupola del panettone viene male.

pirlatura panettone

L’impasto pirlato è trasferito nei pirottini di carta che sono gli stampi dove cuoceranno.
Può sembrare strano ma i pirottini sono solo un’invenzione degli anni Settanta! Prima il panettone si avvolgeva nella carta solo dopo la cottura e veniva fermato con lo spago o con dei punti metallici. Oggi, la carta dei pirottini è in pura cellulosa e resiste alla cottura in forno oltre i 200°C.
L’impasto ritorna nella camera di lievitazione, ad una temperatura leggermente superiore e per circa 6 ore. Ha inizio quindi la seconda lievitazione.

La scarpatura

Ancora una volta l’impasto triplica in volume. Appena usciti dalla camera di lievitazione i pirottini vengono lasciati a temperatura ambiente in modo che si formi sul panettone quella classica patina superficiale, tipica di quando non copriamo l’impasto. Questa patina è necessaria per un processo che è la vera e propria firma del tradizionale panettone milanese: la scarpatura.
Questo step consiste nel praticare un tipico taglio a croce sulla superficie dell’impasto (e quindi sulla patina) in modo da creare dei lembi. La scarpatura permetterà di ottenere la classica crosta superiore screpolata e tagliata in modo caratteristico.

scarpatura del panettone

I lembi così formati sono perfetti per accogliere un pezzettino di burro che viene appoggiato al centro. Questa noce di burro permetterà al panettone di crescere meglio, mentre la crosta superiore viene rotta per evitare che diventi una sorta di tappo per il processo di lievitazione.

burro sul panettone

E ora (finalmente)… dritto in forno! Cottura per circa 1 ora a 170-180°C. I forni delle grandi pasticcerie riescono a cuocere centinaia di panettoni alla volta!

Il panettone capolvolto

Proprio così, una volta sfornati i panettoni vengono messi a raffreddare a testa in giù: sono infilzati lateralmente in lunghi spiedini di metallo attaccati ad un telaio, e trascorrono tutta la notte sottosopra. Questo tipo di raffreddamento impedisce al prodotto di afflosciarsi, perché gli consente di scaricare l'umidità senza collassare.

panettone sottosopra

Quando il tempo è trascorso, i panettoni vengono liberati e sono pronti per il confezionamento. Ma prima, la data di produzione viene stampata sul pirottino in maniera indelebile.
Il panettone tradizionale milanese è una cosa seria e deve rispettare diverse regole. Ad esempio, deve contenere non meno del 20% in peso di uvetta e canditi e non meno del 10% in peso di materia grassa butirrica nell’impasto (Camera di commercio industria artigianato e agricoltura di Milano, 2003).

Il panettone però non è l’unico dolce del Natale. Per scoprire come vengono prodotti i bastoncini di zucchero non perdetevi questo video!

Bibliografia
Capis G. Varon Milanes de la lengua de Milan, e Prissian de Milan de la parnonzia milanesa. II ediz. Milano: Giuseppe Marelli, 1750 Luraschi G.F. Nuovo cuoco milanese economico, III ediz. Milano: Tipografia Carrara, 1853
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