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29 Agosto 2024
9:23

Cosa vuol dire che una missione è di peacekeeping? A quante partecipa l’Italia?

Negli ultimi giorni stiamo assistendo ad un’escalation nei rapporti tra Israele e Libano. Per facilitare il processo di pace, proprio in Libano nel 1978 è stata istituita sul territorio una missione di peacekeeping delle Nazioni Unite: la UNIFIL, per portare al graduale ritiro delle truppe israeliane dalla regione e ristabilire una situazione di pace e sicurezza internazionale. Ma cosa sono le missioni di peacekeeping? E quante sono quelle attualmente in corso?

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Cosa vuol dire che una missione è di peacekeeping? A quante partecipa l’Italia?
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Le missioni di peacekeeping sono delle missioni organizzate da organismi internazionali, come le Nazioni Unite (ONU), o regionali, come l'Unione Europea o l'Unione Africana, che consistono in azioni politiche e militari per facilitare un processo di pace e garantire la pace e la sicurezza internazionale in seguito ad un accordo per il cessate il fuoco tra due parti coinvolte. Le missioni di peacekeeping, il cui significato è appunto mantenimento della pace, nelle Nazioni Unite sono decise dal Consiglio di sicurezza dell’ONU e svolte sotto il controllo del Segretariato delle Nazioni Unite, con l’assenso dei rispettivi Paesi coinvolti. Anche definite caschi blu, dal colore dell’elmetto indossato dai militari impiegati nelle missioni, o Forze internazionali di pace, nel 1988 sono state insignite del Premio Nobel per la pace. L'Italia è molto attiva in questo senso: il nostro Paese è il settimo tra i maggiori contributori ai fondi per le missioni di peacekeeping.

Cosa si intende per missioni di “peacekeeping”

Le missioni di peacekeeping sono formate da contingenti e personale degli Stati membri di un’organizzazione – internazionale o regionale – e si caratterizzano per tre elementi fondamentali. In primis, il consenso dello Stato sul cui territorio viene svolta la missione di pace. In secondo luogo, durante le missioni di peacekeeping vengono svolte attività per mantenere e garantire una condizione di sicurezza e pace sul territorio in questione senza l’uso della forza, che può essere utilizzata solo per legittima difesa. Infine, deve essere garantita la neutralità e dunque il carattere super partes ed imparziale della missione di pace. Il governo del Paese o dei Paesi coinvolti nella missione concorda insieme all'organismo promotore della missione le forze e il dispiegamento di personale sul proprio territorio. Le missioni di peacekeeping dell’ONU si possono dividere in due categorie: le missioni di prima generazione, condotte dal 1948 alla fine degli anni '80 che consistevano prevalentemente in azioni di tipo militare, come garantire il cessate il fuoco, proteggere i civili di un determinato Stato ed erano condotte principalmente da forze armate. Le missioni di seconda generazione, condotte dalla fine degli anni '80 ad oggi, comprendono anche attività di tipo politico e diplomatico, come facilitare il processo politico in una determinata regione, proteggere i civili, promuovere e difendere i diritti umani, garantire libere elezioni.

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Casco blu ONU, fonte: Fox9113 via Wikimedia Commons

Le operazioni di peacekeeping dell’ONU attualmente attive

La maggioranza del personale che partecipa alle missioni di peacekeeping delle Nazioni Unite proviene dai Paesi in via di Sviluppo: Bangladesh, India, Nepal, Ruanda sono tra i Paesi con il maggior numero di personale impiegato nelle missioni, circa 6000 unità a Paese. Secondo la Carta dell'ONU, tutti i Paesi membri devono contribuire con personale o infrastrutture alle missioni di pace. Dal 1948 ad oggi sono state 71 le missioni di peacekeeping condotte dalle Nazioni Unite. Attualmente quelle attive sono 11: di queste 18.448 unità di personale sono impiegate nella Repubblica centrafricana, 18.412 in Sud Sudan, 17.971 unità nella Repubblica Democratica del Congo che però ad inizio luglio 2024 si sono ritirate ponendo fine alla missione ONU, 10.385 in Libano, 3388 nell’area di Abyei, in Sudan, che gode in uno speciale status amministrativo e politico, 1331 sono impiegate in Siria per la supervisione del cessate il fuoco tra Siria e Israele, 1017 sono a Cipro, 468 per il referendum e lo status del Sahara Occidentale, 375 unità per la supervisione dell'Armistizio in Medio Oriente, 353 ancora presenti in Kosovo e 104 nella missione per il mantenimento della pace tra India e Pakistan in Kashmir.

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Missione di peacekeeping ONU nella Repubblica Centrafricana. Fonte: Tsidoti, via Wikimedia commons

Il ruolo dell’Italia nel peacekeeping 

L’Italia è uno dei Paesi occidentali maggiormente attivo nelle missioni di peacekeeping delle Nazioni Unite: è infatti il settimo tra i Paesi che contribuiscono maggiormente ai fondi per le missioni di peacekeeping. Nel nostro Paese, inoltre, a Brindisi è presente il CSG, il Centro Servizi Globale dell'ONU, il cui compito tra gli altri è quello di fornire supporto amministrativo e logistico alle missioni di peacekeeping. Attualmente l’Italia è presente nella missione di peacekeeping operante nel Sahara Occidentale – United Nations Mission for the Referendum in Western Sahara (MINURSO) – nella missione a Cipro, la United Nations Peacekeeping Force in Cyprus (UNFICYP), nella United Nations Military Observer Group in India e Pakistan (UNMOGIP) e la United Nations Interim Force (UNIFIL) in Libano. Il nostro Paese, inoltre, dallo scorso Aprile sta spingendo per una missione di peacekeeping a Gaza in caso di creazione di uno Stato palestinese e di un cessate il fuoco, nell'ambito di una più ampia strategia di de-escalation nell'area e con il sostegno di altri Paesi.

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