
La tariffa doganale Smoot-Hawley, che prevedeva l’imposizione di dazi su molte merci, fu introdotta negli Stati Uniti nel 1930, subito dopo la crisi del 1929. La misura, che è nota come "Smoot-Hawley Tariff Act" dal nome dei due promotori, fu promulgata dal presidente Herbert Hoover, con l'obiettivo di proteggere l'industria americana dalla concorrenza straniera. In realtà gli effetti furono catastrofici, gli altri Paesi introdussero a loro volta tariffe doganali riducendo drasticamente le importazioni e le esportazioni americane e rendendo la crisi economica più acuta. La tariffa Smoot-Hawley fu abolita nel 1934 dal presidente Franklin Delano Roosevelt nell’ambito del New Deal. Qualcuno oggi teme che i nuovi dazi introdotti da Donald Trump (al momento sospesi per 90 giorni per tutti i paesi tranne Cina, Canada e Messico) possano avere le medesime conseguenze della tariffa Smoot-Hawley.
Gli Stati Uniti e la crisi del 1929
I dazi del 1930 si inserirono nel contesto della crisi del 1929 che ebbe inizio nel mese di ottobre a Wall Street, con il crollo del mercato azionario, ma presto passò dall’economia finanziaria all’economia reale. Le aziende, perdendo valore sul mercato finanziario, si trovarono a corto di denaro per effettuare investimenti e, di conseguenza, ridussero la produzione. Si innescò un meccanismo a catena, i consumi crollarono e la disoccupazione aumentò a dismisura. La crisi, inoltre, travalicò i confini degli Stati Uniti, a causa delle fitte connessioni economiche internazionali esistenti, raggiungendo l’Europa e altri continenti.

In questo contesto, furono introdotti dazi doganali per limitare le importazioni con lo scopo di rilanciare la produzione nazionale, costringendo i cittadini ad acquistare merci prodotte nel Paese e contrastando la concorrenza dell’estero. La scelta andava in direzione contraria alla politica doganale predominante da molti anni: fino al 1929 le tariffe erano in diminuzione in tutto il mondo, al punto che nel 1927 un Forum economico mondiale, convocato dalla Società delle Nazioni, auspicò la totale abolizione dei dazi in tutto il mondo. Questo risultato non fu mai raggiunto, ma molti Paesi ridussero significativamente le tariffe doganali. Gli Stati Uniti, invece, imboccarono una strada diversa.
Lo Smoot-Hawley Tariff Act del 1930 sui dazi
Sin da prima che la crisi del 1929 esplodesse, una parte della classe dirigente americana proponeva l’introduzione di dazi doganali per stimolare la produzione interna. La misura aveva anche scopi politici: negli Stati Uniti era diffuso infatti l’isolazionismo e una parte dell’opinione pubblica voleva che il Paese allentasse i legami con gli altri continenti, in particolare con l’Europa. Tra i sostenitori del protezionismo figuravano alcuni membri del Congresso, tra i quali il deputato dell’Oregon Willis Chatman Hawley e il senatore dello Utah Reed Smoot. Nel maggio del 1929 i due rappresentanti proposero una prima tariffa doganale, che prevedeva di introdurre dazi su alcune merci, approvata dalla Camera nel maggio del 1929. Nei mesi seguenti il senato americano ne approvò un’altra, i due progetti furono fusi e nel giugno 1930 la nuova legge fu ratificata dalla Camera.

La tariffa prevedeva di introdurre dazi su circa 20 000 prodotti. L’ammontare dell'imposta variava a seconda delle merci; in alcuni casi arrivava a oltre il 50% del valore. La Smoot-Hawley era molto contestata e più di mille economisti firmarono una petizione per chiedere al presidente, il repubblicano Herbert Hoover, di mettere il veto al provvedimento. Hoover, però, scelse di promulgare la nuova legge, che entrò così in vigore.

Le conseguenze dei dazi e l’abolizione: cosa ci insegna la storia
La tariffa Smoot-Hawley provocò una risoluta reazione da parte dei principali partner commerciali degli Stati Uniti: il Canada, molti Paesi europei e di altri continenti introdussero a loro volta dazi doganali, rendendo più difficili le esportazioni statuntensi. Gli effetti del protezionismo, sommati alle altre conseguenze della crisi, furono disastrosi: nel volgere di tre anni dall’entrata in vigore dei dazi, le esportazioni degli Stati Uniti, secondo le statistiche più accreditate, crollarono del 66% e le importazioni del 61% (esistono però anche stime differenti). Il protezionismo, perciò, rese la crisi economica più grave e contribuì a far aumentare la disoccupazione. La tariffa restò in vigore fino al 1934. Una parte dell’opinione pubblica americana era contraria al protezionismo e nella campagna elettorale per le elezioni presidenziali del 1932 il candidato democratico, Franklin Delano Roosevelt, promise agli elettori che, se fosse diventato presidente, l'avrebbe modificata.

Nel 1934 Roosevelt mantenne la promessa promulgando il Reciprocal Trade Agreements Act, una legge che gli dava la facoltà di negoziare tariffe doganali più vantaggiose con singoli Paesi. I dazi iniziarono a diminuire e, insieme alle altre misure del New Deal, consentirono agli Stati Uniti di superare la crisi del 1929. La politica liberoscambista introdotta nel 1934 fu incrementata nel corso degli anni e dopo la Seconda guerra mondiale consentì la stipula di un trattato internazionale tra diversi Paesi, il General Agreement on Tariffs and Trade (GATT) del 1947.
Oggi, di fronte ai dazi introdotti da Donald Trump, alcuni analisti temono che, nell’economia degli Stati Uniti, si possano verificare effetti simili a quelli della tariffa Smoot-Hawley. Il tempo dirà quali sono realmente gli effetti del nuovo protezionismo americano.