
L'"arte di arrangiarsi" non è solo un atteggiamento individuale, ma una vera e propria filosofia sociale, un modo di stare al mondo che riflette l'adattamento continuo a condizioni economiche, politiche e ambientali spesso precarie. "Chi si adatta, campa": un proverbio che sintetizza uno dei tratti più profondi delle culture mediterranee. La capacità di sopravvivere con creatività alle difficoltà. Essa si fonda su una forma di intelligenza pratica, collettiva e su una concezione flessibile del tempo e delle regole, in cui l'improvvisazione diventa virtù. Le sue radici affondano nella lunga storia di marginalità e dipendenza che ha segnato il mondo mediterraneo, dove arrangiarsi è divenuto un modo di resistere e reinventare l’ordine imposto. Come nel film "L'arte di arrangiarsi" di Alberto Sordi, questa filosofa riflette un equilibrio sottile tra sopravvivenza e furbizia, ricordandoci che, nel Mediterraneo, sapersi adattare è spesso la forma più autentica di intelligenza.
Oggi questa pratica si esprime come strategia di sopravvivenza e di agency collettiva: un’azione trasformativa che, pur nei vincoli economici o sociali, riafferma la dignità e l’autonomia dei soggetti. Nell’incertezza, arrangiarsi non è disordine ma intelligenza del possibile.
Cosa implica l’etica di adattamento e l’origine
L'origine dell'arte di arrangiarsi va cercata nella lunga storia di marginalità e di frammentazione del mondo mediterraneo. Dalle colonizzazioni al dominio dei grandi imperi, passando per la scarsità di risorse naturali e la dipendenza economica da poteri esterni, i popoli mediterranei hanno sviluppato un modo di reagire alle strutture di potere attraverso la creatività e l'adattamento. Secondo la tradizione antropologica, da Ernesto De Martino a Anton Blok, queste forme di "intelligenza situata" nascono in contesti dove la sopravvivenza dipende dalla capacità di negoziare continuamente con le incertezze del reale.
L'arte di arrangiarsi, in questo senso, non è un comportamento "deviante" rispetto alla norma, ma una risposta culturale alle carenze istituzionali e alla complessità della vita quotidiana. Come recita un proverbio siciliano: "Cu sapi fari, si salva", chi sa fare, si salva.
Arrangiarsi significa adattarsi, ma non in senso passivo: piuttosto é un atto di creatività che trasforma l'imprevisto in opportunità, la mancanza in risorsa. Il filosofo Edgar Morin ha descritto questa capacità come "pensiero complesso": una logica che non separa ma connette, che affronta l'incertezza come parte integrante della vita.
In Italia, questa filosofia si è espressa storicamente nelle capacità di inventare soluzioni temporanee ma efficaci, di "fare con poco", di risolvere problemi pratici in modo non convenzionale. Questa visione del mondo si oppone a quella moderna, industriale e burocratica, che privilegia la pianificazione e l'efficienza. Nell'arte di arrangiarsi, invece, il valore sta nella capacità di reazione, nella flessibilità e nella dimensione relazionale del vivere.
Tra furbizia e sopravvivenza
Come molte pratiche popolari, anche l'arte di arrangiarsi si muove su un confine ambiguo tra virtù e vizio. Da un lato rappresenta un esempio di resilienza e di intelligenza creativa; dall'altro può degenerare in furbizia, opportunismo, o in quella tendenza al "tirare a campare" che molti sociologi hanno letto come un tratto della cultura italiana. "Fatta la legge, trovato l'inganno", il proverbio non indica solo un atteggiamento individualista, ma una sfiducia sistemica verso le istituzioni e una preferenza per le soluzioni informali.
Tuttavia, ridurre l'arte di arrangiarsi a un difetto sarebbe un errore: essa rivela una forma di micro-resistenza al potere, un modo di riappropriarsi della propria autonomia in contesti di dipendenza economica o politica. Come osservava Gramsci, nelle pratiche popolari sopravvive una "filosofia spontanea", una saggezza che nasce dal basso e che riflette un'etica dell'ingegno quotidiano.
Resistenza culturale e forma di agency
In tempi di crisi economiche, climatiche o sociali, l'arte di arrangiarsi assume il valore di una strategia collettiva di sopravvivenza e di affermazione di agency, cioè della capacità di agire e incidere sul proprio destino nonostante i vincoli strutturali. In molte comunità, ad esempio in Sud Italia, nel Maghreb o nella Grecia rurale, "arrangiarsi" significa proprio costruire reti di solidarietà, scambiare favori, creare microeconomie informali e ricostruire margini di controllo sulla propria vita quotidiana.
É una forma di soggettività resistente, che non rifiuta il sistema ma lo reinventa dal basso, riscrivendone le regole. Nelle scienze umane, questa pratica si avvicina alla logica del bricolage di Lévi-Strauss e alle riflessioni di Sherry Ortner sull'agency come capacità trasformativa: anche in condizioni di svantaggio, gli individui e le comunità trovano modi creativi per riaffermare la propria dignità.
In questa prospettiva, l'arte di arrangiarsi è un modo per esistere attivamente, per riappropriarsi di spazi di autonomia e significato.