
Quando parliamo con ChatGPT, il famoso modello di intelligenza artificiale, spesso ci viene naturale ringraziarlo per le risposte che ci dà. Addirittura, c'è chi gli chiede come stia prima di fare una domanda. Un po' lo facciamo per abitudine, un po' perché alcuni lo considerano quasi “umano”. C'è anche chi spera (scherzosamente) che, in un futuro dominato dalle macchine, l’AI si ricordi di chi è stato gentile. Ma serve davvero a qualcosa essere educati con ChatGPT? La risposta è sì, ma non perché questo ci salverà in un’eventuale “apocalisse AI”.
Uno studio recente ha dimostrato che essere educati, ma non troppo, con l’AI, può portare a risposte migliori. Ci sono due ragioni principali: la prima è che l’AI tende a riflettere lo stile comunicativo dell’utente, quindi se usiamo un tono chiaro e rispettoso, è più probabile che anche la risposta sia ben strutturata e appropriata. La seconda è più intuitiva: quando cerchiamo di essere cortesi, ci prendiamo più tempo per formulare bene la richiesta, siamo più precisi, diamo più contesto e otteniamo quindi risultati migliori.
In questo articolo vediamo come il modo in cui parliamo con ChatGPT ne influenza le risposte e quali sono i costi economici ed energetici del dire “per favore” all’AI.
Se insultiamo ChatGPT otteniamo risposte peggiori
Un gruppo di ricercatori giapponesi della Waseda University ha da poco condotto uno studio su quanto la gentilezza e l’educazione nello scrivere le istruzioni all’AI (chiamate “prompt”) influenzino le risposte. In particolare, hanno analizzato 8 diversi livelli di educazione nei prompt: dal più basso, in cui insultavano e minacciavano l’AI, al più alto, in cui si usavano formule eccessivamente ossequiose e ridondanti. Lo studio ha testato il comportamento dell’AI su tre compiti diversi: riassumere un articolo, rispondere a una domanda e analizzare una frase. Ogni compito è stato svolto in tre lingue: inglese, cinese e giapponese.

Hanno scoperto che sia i prompt estremamente scortesi che quelli troppo gentili peggiorano le risposte. I primi possono generare contenuti imprecisi, pieni di pregiudizi o addirittura portare l’AI a bloccarsi per ragioni di sicurezza. I secondi, invece, rischiano di confondere il modello, generando a risposte più vaghe, meno centrate e con un maggiore rischio di allucinazioni (cioè informazioni errate riportate come vere).
Nella maggior parte dei casi, un livello moderato di educazione è l’opzione migliore. Naturalmente, anche questo standard di “moderazione” è relativo: il concetto di gentilezza cambia da cultura a cultura. Una frase ritenuta cortese in inglese potrebbe risultare troppo diretta, o addirittura scortese, per un giapponese. Esattamente come nelle conversazioni tra esseri umani, anche nel dialogo con l’AI il contesto culturale conta.
Quando siamo educati scriviamo meglio i prompt
Ma perché essere gentili dovrebbe migliorare le risposte dell’AI? Se pensate che ChatGPT si offenda… beh, no. ChatGPT è un modello di linguaggio addestrato su enormi quantità di testo: non prova emozioni, né si preoccupa del tono che usiamo. Non cambia nulla se scriviamo “Puoi riassumere questa mail?” o “Riassumi questa mail ora”. Il punto è un altro: l’AI tende a copiare il tono dell’utente. Quindi, se usiamo troppe parolacce o insulti nel prompt, il modello sceglierà parole simili per scrivere la risposta. D’altra parte, un’eccessiva cortesia rischia solo di “confonderlo” e di rendergli più difficile l’interpretazione della richiesta. Ad esempio, frasi come “Se non ti è di troppo disturbo, potresti gentilmente riassumermi questa mail?” sono poco efficaci per ottenere delle buone risposte.

Al di là dei risultati di questo studio, un’interpretazione condivisa da molti esperti è che quando cerchiamo di essere educati, spesso organizziamo meglio i nostri pensieri. Pensiamo a cosa vogliamo dire, aggiungiamo contesto, formuliamo la richiesta in modo più preciso. E tutto questo aiuta l’AI a rispondere meglio. Ad esempio, dire semplicemente “Spiegami il cambiamento climatico” è molto generico. Se, però, ci fermiamo un attimo e proviamo a scrivere il prompt in maniera educata potremmo ottenere: “Potresti spiegarmi cos'è il cambiamento climatico in modo chiaro, per favore? Mi interessa capire quali sono le cause principali e che conseguenze ha”. Aggiungendo anche solo questo poco contesto, aumentiamo le possibilità di ottenere una risposta utile e accurata. La risposta più precisa non dipenderà tanto dal “per favore”, ma dall’aver riflettuto un attimo in più su come strutturare il prompt.
Essere educati con ChatGPT costa milioni di dollari
Essere educati con ChatGPT migliora le risposte generate, ma ha anche un enorme impatto energetico ed economico.

Un utente di X (ex Twitter) ha recentemente chiesto quanti soldi avesse speso OpenAI (l’azienda che sviluppa ChatGPT) a “causa delle persone che dicono ‘per favore' e ‘grazie' ai loro modelli". La risposta è arrivata direttamente da Sam Altman, il CEO di OpenAI: secondo lui, queste formule di cortesia sono costate all’azienda decine di milioni di dollari. Altman, però, ha commentato scherzando: “Milioni di dollari ben spesi. Non si sa mai”. Sembra davvero troppo, ma ChatGPT è un modello enorme e ogni richiesta, anche la più semplice, richiede potenza di calcolo. Più è lunga o complicata la frase, più energia serve per processarla.