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12 Marzo 2025
17:06

I possibili esiti delle parole proibite dall’amministrazione Trump, da “donne” a “LGBTQ+”

L'ansia della comunità scientifica è alle stelle da quando l'amministrazione Trump ha imposto la rimozione dai siti web federali di una serie di parole considerate troppo "politicamente corrette", come LGBTQ+, transgender o crisi climatica.

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I possibili esiti delle parole proibite dall’amministrazione Trump, da “donne” a “LGBTQ+”
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Secondo quanto ricostruito da un'indagine del New York Times, l'amministrazione di Donald Trump ha emesso una lista di “parole proibite”, rimuovendole anche da documenti ufficiali, siti web e comunicazioni governative. Questo fenomeno, da molti già considerato un esempio di cancel culture, riguarda soprattutto parole legate ai diritti civili, all'inclusione e alla diversità, e quindi tutto ciò che è legato alle minoranze.

Termini come "attivismo", "LGBTQ+", "crisi climatica" e "discriminazione" sono solo alcuni tra quelli antipatici al nuovo presidente perché considerati troppo "politicamente corretti" e "woke" (o più semplicemente perché sono legati ad ambiti progressisti e di sinistra), e proprio per questo vanno banditi. L'obiettivo è chiaro: limitare il linguaggio legato a certi movimenti sociali e ideologici è il primo passo, agli occhi del nuovo governo, per far tornare gli USA a visioni più conservatrici, ordinate e lineari. Come era prevedibile, questo approccio ha suscitato molti dibattiti sulla censura e sulla libertà di espressione nei media statunitensi e sui social.

Che cosa sta succedendo e la lista delle parole vietate dall'amministrazione Trump

Nelle ultime settimane l'amministrazione Trump ha inviato uffici statali e istituzioni pubbliche atti e raccomandazioni che invitano alla rimozione di una serie di vocaboli e espressioni dai loro siti, da pubblicazioni rivolte al pubblico e programmi di formazione. Alcuni documenti bandiscono queste parole, altri sconsigliano caldamente di utilizzarle, ma l'intento è chiaro: bandire tutte quelle parole che riguardano l'orientamento sessuale, l'identità di genere, l'inclusione (sopratutto di donne e minoranze nell'ambito lavorativo) e in generale quanto relativo all'attivismo. Tutto ciò che potrebbe finire sotto l'etichetta del "woke" – cultura per i diritti umani di stampo progressista – va proibito, o quanto meno evitato.

Sempre secondo l'inchiesta, sarebbe stata richiesta la cancellazione anche di informazioni legate all'immigrazione e all'ambiente, temi su cui Trump ha politiche dichiaratamente non progressiste.

Tra le tante parole proibite troviamo per esempio:

  • advocacy (sostegno)
  • anti-racism (antirazzista)
  • biases (pregiudizi)
  • BIPOC (Black Indigenous People of Color, “persone nere, indigene e di colore”)
  • cultural heritage (patrimonio culturale)
  • disparity (disparità)
  • diversity (diversità)
  • environmental quality (qualità dell'ambiente)
  • ethnicity (etnicità)
  • excluded (escluso)
  • hate speech (discorso d'odio)
  • immigrants (immigrati)
  • inclusivity (inclusività)
  • LGBT
  • Native American (nativi americani)
  • non-binary (non-binario)
  • pollution (inquinamento)
  • pregnant person (persona in gravidanza)
  • racial identity (identità razziale)
  • transgender
  • vulnerable populations (popolazioni vulnerabili)
  • women (donne)
  • women and underrepresented (donne e persone sottorappresentate)

Perché sono state proibite queste parole: le motivazioni

La battaglia di Trump è incentrata soprattutto sull'eliminare tutto ciò che riguarda l'identità di genere: già il 5 febbraio scorso, il presidente aveva firmato l'ordine esecutivo Keeping Men Out of Women's Sports, che vieta alle persone transgender di prendere parte alle competizioni femminili, e il provvedimento ha portato la NCAA a modificare le proprie politiche. Ma la terminologia è cambiata anche per il sito del New York's Stonewall National Monument, il luogo che ricorda la prima sollevazione del movimento LGBTQ+ contro la repressione delle forze dell'ordine nel 1989: da qualche settimana infatti è stato cancellato ogni riferimento alle persone transgender, nonostante la loro importanza nell'organizzazione della rivolta.

Sembrerebbe però che l'amministrazione Trump non sia contro tutto il movimento: il NYT nota come la sigla LGBTQ+ appaia in ogni comunicazione ufficiale solo come LGB, lasciando sottintendere quindi che si accetta in qualche modo la rappresentanza dell'orientamento sessuale (persone lesbiche, gay e bisex), ma non il movimento per l'identità di genere (persone transgender e queer). Ad ogni modo, quest'ultima mossa politica contraddice le protezioni previste dall'ICCPR, che proibisce la discriminazione sulla base sia dell'orientamento sessuale che dell'identità di genere.

Nonostante ci si potesse aspettare questo comportamento visto l'atteggiamento dello scorso mandato, l'azione dell'amministrazione si sta dimostrando decisamente più drastica rispetto al passato. Basti pensare che il segretario alla Difesa Pete Hegseth avrebbe ordinato anche la rimozione di “Enola Gay” da ogni documento ufficiale che lo contiene: Enola Gay era il nome del bombardiere da cui è stata sganciata la bomba atomica su Hiroshima il 6 agosto 1945, ma a dispetto di parte del nome non ha alcun legame con l'omosessualità. Gay, infatti, non era altro che il nome di battesimo della madre del pilota del famigerato bombardiere, Paul Tibbets. Hegseth non si è fermato qui, però, perché ha anche bandito dai ranghi militari le celebrazioni sul Martin Luther King Day e quelle legate al Pride Month.

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Enola Gay. Photo Credits: Kurt Kaiser

Come questa politica di Trump può impattare sulla ricerca

Gli effetti di questa politica si stanno già facendo sentire nell'ambito scientifico. Dopo l'ordine esecutivo dell'amministrazione presidenziale, la NASA ha rimosso dal suo sito web tutte le informazioni dedicate alle donne nel campo STEM, inclusa la biografia dell'ingegnera spaziale Rose D.F. Anche la biografia di Vera Rubin sul sito dell'Osservatorio intitolato a lei è stata modificata: sono stati eliminati i riferimenti al suo impegno per l'inclusione di donne e ad altri gruppi poco rappresentati nella scienza. Questi sono solo due esempi noti, ma la cancellazione di intere comunità dai siti scientifici sembra impossibile da fermare, al momento, per paura di ripercussioni finanziarie sui progetti.

In questo senso, anche la ricerca universitaria rischia di fermarsi o rallentare su molti fronti (ai ricercatori dell'Università della California di San Diego è stato chiesto di ripulire i loro siti web da qualsiasi riferimento a diversità, equità e inclusione), con i fondi federali che potrebbero essere bloccati nei prossimi mesi.

Vietare certe parole, però, a livello pratico è soprattutto un problema per la salute pubblica: le ricerche cliniche includono donne, bambini e popolazioni vulnerabili (la cui situazione sociale e di salute deriva da determinati fattori sociali, in cui povertà e istruzione inadeguata giocano un grande ruolo). Rebecca Fielding-Miller, scienziata della sanità pubblica dell'Università della California di San Diego, ha definito la lista «orwelliana» e ha affermato che ostacolerà il lavoro di tantissimi scienziati:

Se non posso dire la parola "donne", non posso dirvi che un divieto di aborto danneggerà le donne. Se non posso dire razza ed etnia, non posso dirvi che le comunità ispaniche stanno vivendo questo e quest'altro o che ci sono meno vaccinazioni nelle comunità afroamericane.

Mentre l'incertezza e l'ansia si intensificano all'interno della comunità scientifica universitaria, i ricercatori e le ricercatrici si stanno interrogando su metodi alternativi per poter aggirare il bando e continuare il loro lavoro.

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Veronica Miglio
Storyteller
Innamorata delle parole sin da bambina, ho scelto il corso di lingue straniere per poter parlare quante più lingue possibili, e ho dato sfogo alla mia vena loquace grazie alla radio universitaria. Amo raccontare curiosità randomiche, la storia, l’entomologia e la musica, soprattutto grunge e anni ‘60. Vivo di corsa ma trovo sempre il tempo per scattare una fotografia!
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