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15 Settembre 2024
10:00

Il complesso delle Vele di Scampia: architettura, ingegneria e scelte sbagliate

Le Vele di Scampia nascono quale utopico progetto abitativo del visionario Architetto Francesco Di Salvo, ma saranno realizzate diversamente per una serie di scelte errate e tragici eventi concomitanti.

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Il complesso delle Vele di Scampia: architettura, ingegneria e scelte sbagliate
Vela Scampia
Credit: Photo2023, CC BY 4.0 , via Wikimedia Commons

Realizzate tra il 1962 e il 1975, le cosiddette "Vele di Scampia", a Napoli, sono un complesso di edifici per edilizia residenziale e servizi di pubblica utilità, con una conformazione architettonica e strutturale che richiama geometricamente quella di una vela, da cui appunto prendono il nome. L'idea progettuale, che ambiva alla massimizzazione dell'utilizzo degli spazi comuni e all'integrazione della collettività nelle zone centrali dei fabbricati, materializzava le idee futuristiche dell'architetto Di Salvo, progettista architettonico del complesso. Tuttavia, alcune modifiche al progetto originale e alcune scelte susseguitesi nel corso degli anni hanno inciso radicalmente sul risultato finale, prettamente in maniera negativa, come si evince dagli ultimi tragici eventi di cronaca. In questo articolo ripercorriamo la storia del progetto e le varianti apportate dal punto di vista architettonico e strutturale.

L'architettura e l'ingegneria delle Vele di Scampia

Il complesso residenziale delle Vele di Scampia nasce dalle idee progettuali dell'Architetto Francesco (Franz) Di Salvo, intorno agli anni '70, come materializzazione della struttura urbana rappresentativa del concetto di città-edificio, in cui l'attività sociale e privata si "mischiava" negli stessi luoghi.

Il progetto si sviluppava su due lotti distinti, chiamati L ed M. Nel primo (L) dovevano sorgere 3 edifici, mentre nel secondo (M) altri 5, per un totale di 8 unità strutturali indipendenti. L'altezza di progetto degli edifici era variabile, perché ricordava architettonicamente il profilo di una vela, considerata per un valore massimo di 40 m. La distanza tra i corpi di fabbrica prossimi, che realizzava un corridoio di comunicazione tra le strutture, doveva essere di circa 11 m. Le strutture, progettate dal noto ing. Riccardo Morandi, già conosciuto all'epoca per la realizzazione del viadotto Polcevera, erano pensate in calcestruzzo armato prefabbricato e con uno schema cosiddetto a "cavalletto": lo schema strutturale era certamente ardito ma già sufficientemente testato dallo stesso Morandi in altri contesti. Lo stesso permetteva di massimizzare gli spazi liberi interni, senza avere ripetitivi elementi in calcestruzzo armato nelle zone centrali e garantendo dunque libertà espressiva all'architettura del complesso.

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Planivolumetrico dell’insediamento – Fonte: MiC

Il risultato complessivo dell'opera progettata prevedeva circa 1200 alloggi e la possibilità di ospitare circa 6500 persone. Il progetto prevedeva non solo abitazioni, ma anche attrezzature e servizi, zone di verde collegate da una serie di percorsi pedonali e una serie di centri scolastici, religiosi, commerciali culturali e sanitari.

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Piante, prospetti e sezioni della vela H – Fonte: MiC

Come detto prima, il progetto era ambizioso e abbandonava radicalmente l'idea di condominio, per sostituirlo con una visione più ampia che avesse ampi tratti di comunicazione con enti pubblici e con lo sviluppo della società in generale.

Le successive modifiche

All'atto della realizzazione, solo 7 degli 8 edifici progettati vennero nei fatti realizzati. Gli stessi hanno subito diverse variazioni in fase di costruzione, purtroppo tali da non apportare miglioramenti all'idea progettuale nel suo complesso, anzi peggiorandola in alcuni casi.

Tra le modifiche più importanti dal punto di vista della conformazione geometrica risuona sicuramente quella della distanza tra i corpi di fabbrica, che venne ridotta da 10.80m a 8.42m. Questa differenza, di circa 2 metri, comporterà grossi problemi di abitabilità degli spazi interni centrali, nonché una non ottimale distribuzione della luce solare negli spazi interni. Dal punto di vista strutturale, inoltre, lo schema tecnico proposto da Morandi venne abbandonato, per fare spazio ad un sistema strutturale più ordinario e semplice, sebbene più vincolante architettonicamente e pesante da vedere. Si realizzerà così una struttura intelaiata in cemento armato con elementi verticali ad alto ingombro in pianta. La presenza di elementi strutturali aggiuntivi comporterà dunque una nuova identificazione architettonica degli spazi interni, che culminerà in una inefficace variazione del progetto architettonico, sempre più lontano dall'idea di partenza ma ora obbligato dallo schema strutturale predisposto.

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Confronto tra progetto e realizzazione – Fonte: MiC

La conformazione strutturale della singola Vela porta a distinguere dunque due importanti corpi di fabbrica con pianta decrescente in altezza in maniera discontinua (come uno Ziqqurat), collegati da una intricata rete di ballatoi e passerelle interne, distribuite su varie altezze. Il ballatoio centrale, che si estende longitudinalmente per tutto lo sviluppo della vela in pianta, è puntualmente collegato ai corpi laterali in cemento armato, mentre alcune rampe di scale e passerelle di collegamento garantiscono la fruizione tra i piani e lungo lo sviluppo della vela. Il risultato finale è una pesante struttura in cemento armato con una conformazione variabile in altezza a simulare una vela, appunto. Una struttura gemella a questa affianca la precedente ad una distanza di circa 8.5m, con collegamenti puntuali tra le due mediante un sistema di elementi in acciaio, vincolati alle mastodontiche strutture in calcestruzzo perimetrali.

Perché sono state fatte delle modifiche?

Tra i motivi che hanno portato a queste sostanziali variazioni al progetto strutturale e architettonico va certamente citato quello dei costi. Pare infatti che un primo corpo fu completamente realizzato secondo l'idea progettuale di partenza (cioè quella di Morandi), ma alla sua conclusione si ritenne il progetto eccessivamente costoso e si optò quindi per una variante al progetto esecutivo: la parte di edificio pilota venne quindi demolita.

In cascata, alcune altre condizioni che hanno portato alle variazioni dell'idea progettuale di partenza sono da ricercare negli eventi verificatisi intorno agli anni '80:

  • Ancora in fase di ultimazione dei lavori (non tutti i servizi erano funzionanti), molti degli alloggi furono preliminarmente assegnati dal Comune di Napoli, che era pressato da una forte spinta sociale.
  • Inoltre, nello stesso anno, il terremoto Irpino-Campano generò tutta una serie di occupazioni, abusive e non, che si intensificarono negli anni appresso con la creazione di nuovi alloggi abusivi nei piani porticati.
  • Nessuna delle opere di pubblico interesse fu quindi più realizzata e questo, a cascata, ha contribuito alla radicale trasformazione dell'idea progettuale di partenza.

Le demolizioni e il progetto ReStart

Le condizioni di degrado e mancanza di opportune strategie di manutenzione portano il complesso delle Vele in un crescente stato di abbandono, sociale e tecnico. Nel 1997, dopo anni di delibere e approvazioni di piani di recupero, una delle 7 Vele viene demolita, seguita nel 2000 da una seconda e nel 2003 da una terza. Nel 2014 parte ufficialmente il progetto più ambizioso, ReStart: il progetto mira a completare e implementare la strategia di riqualificazione della periferia nord della città, partita con la demolizione della prima Vela. Si prevede la demolizione di altri edifici e la riqualificazione della cosiddetta Vela Celeste, ovvero quella oggetto dei tragici fatti di cronaca recente, nonché la costruzione di nuovi edifici e nuove aree di pubblica utilità. Il finanziamento del progetto è pari a 159 milioni di euro e si basa anche su fondi PNRR. Lo stesso si sviluppa in 3 fasi, con un completamento stimato al 2027.

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Foto di archivio demolizione di una Vela – Fonte: MiC
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