Taiwan, chiamato Formosa dai portoghesi nel XVI secolo, si trova all'incrocio di Mar Cinese Meridionale, Orientale e oceano Pacifico ed è composto da un'isola principale di circa 36.000 km2 e da altri arcipelaghi e isolette minori. È uno Stato de facto, riconosciuto però solo da una quindicina di Paesi del mondo (tra cui il Vaticano, Nicaragua e Paraguay), ha quasi 24 milioni di abitanti e vanta uno dei PIL più elevati al mondo. Inoltre è il più grande produttore di microchip del pianeta! Non solo: la sua posizione è strategica per accedere all’oceano Pacifico e per controllare il commercio mondiale: accanto a Taiwan passa la rotta che collega l’Estremo Oriente a Mar Mediterraneo e oceano Atlantico e da cui transita il 60% dei volumi commerciali del Pianeta.
Capite quindi che già solo per queste sue caratteristiche conta moltissimo sullo scenario geopolitico internazionale. E infatti per il suo controllo sta crescendo la tensione tra Stati Uniti e Cina. La loro sfida potrebbe addirittura portare – speriamo di no – a una guerra. Nel 2021 la Cina ha fatto passare quasi 600 aerei nello spazio di difesa taiwanese e si sta esercitando a una possibile invasione dell'isola. Contemporaneamente gli USA stanno stringendo nuove alleanze, addestrando le truppe taiwanesi e vendendo loro armi.
Se volete approfondire la questione vi consigliamo assolutamente la visione del video presente in alto in questa pagina. Di seguito, invece, riassumiamo la questione.
Stati Uniti: Taiwan come freno allo sviluppo cinese
Da un lato abbiamo gli Stati Uniti. Con la loro marina e basi militari sparse ovunque, dominano le rotte oceaniche e così consentono la globalizzazione. Taiwan si inserisce in questa logica: è una barriera naturale che impedisce alla Cina di navigare tranquillamente persino nel Mar Cinese Meridionale e Orientale, ma soprattutto di gettarsi senza pensieri nell’oceano Pacifico. Gli Stati Uniti, in questo senso, confinano il più possibile la Cina sul continente e potrebbero addirittura organizzare all’occasione un blocco navale. Per contenere la Cina, gli USA stanno coinvolgendo gli alleati dell’Europa occidentale, Italia compresa, e stanno stringendo alleanze più strette con molti Paesi dell’area indo-pacifica, in particolare, India, Australia e Giappone.
Cina: Taiwan come provincia ribelle da conquistare
Dall'altro lato abbiamo la Cina per la quale conquistare Taiwan è anzitutto una questione ideologica. Non a caso il Partito Comunista vuole annetterlo entro il 2049, centenario della Repubblica Popolare. L’isola di Taiwan, infatti, ha fatto parte dell’impero cinese da fine ‘600 a fine ‘800. Dopo essere passata sotto il controllo giapponese, alla fine Seconda Guerra Mondiale alcuni milioni di cinesi, in fuga dalla rivoluzione comunista, ne presero il controllo, autoproclamandosi come vera "Repubblica di Cina". In questo senso la Cina vede Taiwan come una provincia ribelle. Inoltre, in concreto, ottenere Taiwan romperebbe l’accerchiamento americano. Da un lato l’isola funzionerebbe da scudo difensivo per la Cina continentale; dall’altro sarebbe la base per espandersi e dominare i mari di casa e, chissà, lo stesso oceano Pacifico.
Taiwan: difesa ed escalation militare
Insomma, Taiwan non dorme certo sonni tranquilli. Sicuramente, essendo uno Stato democratico e avendo un’economia capitalista, preferisce gli Stati Uniti, peraltro lontani, alla vicina Cina. E infatti sono decenni che gli USA collaborano con i taiwanesi e vendono loro armi. Inoltre, anche se le truppe americane hanno ufficialmente lasciato l’isola nel 1979, al momento qualche decina di soldati americani si trova lì per addestrare le truppe locali.
Per la Repubblica Popolare la strada sembra in salita, ma la volontà di riprendersi Taiwan rimane comunque salda. Nel 2021 la Cina ha fatto passare un numero record di aerei nello spazio di difesa taiwanese (550/600 mezzi). Questo permette all’aviazione cinese di addestrarsi, logora le difese di Taiwan e crea ambiguità e assuefazione nella popolazione e nelle forze armate dell’isola. Contemporaneamente il Paese del Dragone sta compiendo esercitazioni finalizzate all’invasione di una non meglio specificata isola (chissà quale?!) e sta militarizzando la costa accanto allo stretto di Taiwan.
Taiwan ovviamente non sta a guardare e sta adottando la cosiddetta “tattica del porcospino”. Considerate che solo il 10% delle coste di Formosa è adatta a sbarchi anfibi e che le navi cinesi dovrebbero navigare in mare aperto per circa 150 km prima di arrivarci, rimanendo vulnerabili al fuoco taiwanese. Taiwan si sta perciò armando così tanto da rendere altamente sconsigliabile e sconveniente un’invasione.
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