;Resize,width=638;)
La “Dead Internet Theory” o “teoria dell'Internet morto”, una teoria del complotto di cui si sente parlare sempre più spesso, secondo cui il Web sarebbe morto tra il 2016 e il 2017. Per i sostenitori di questa teoria, Internet sarebbe infatti dominato da contenuti generati automaticamente dall’intelligenza artificiale, e le interazioni umane autentiche sarebbero sempre più rare. Sebbene questa idea possa sembrare assurda, alcune tendenze recenti suggeriscono che potrebbe contenere un fondo di verità. Provate a immaginare un mondo in cui la stragrande maggioranza dei contenuti che consumate online non sia stata creata da esseri umani. Una Rete globale che, pur sembrando viva e vegeta, sia in realtà abitata perlopiù da bot e algoritmi. Per quanto sia raccapricciante, l’AI potrebbe far avverare questa teoria. Lasciate che vi spieghiamo in che senso.
Cos'è la “teoria dell'Internet morto”
La “teoria dell’Internet morto” è una teoria del complotto che è nata verso la fine del decennio 2010-2020 su uno dei forum più controversi del Web: 4Chan. Si è consolidata – e anche amplificata – nel 2021, dopo che un lungo post che descriveva la teoria stessa ha visto la luce in un thread intitolato “Dead Internet Theory: Most Of The Internet Is Fake” (in italiano “Teoria della rete Internet morta: la maggior parte di Internet è falsa”), questa volta sul forum Macintosh Cafe di Agora Road.
Questo post descriveva un Internet soffocato da algoritmi che promuovono contenuti creati non da persone, ma da intelligenze artificiali progettate per vendere prodotti o influenzare opinioni. L’autore del post originale parlava di un senso di paranoia e solitudine, alimentato dalla percezione che la Rete fosse diventata sterile, dominata da interazioni artificiali.
Questa teoria, benché controversa, riflette un sentimento condiviso da molti utenti: la noia e l’alienazione provocate da un Internet sempre più centralizzato e controllato dalle grandi aziende. Piattaforme come X, Facebook e TikTok, che un tempo favorivano una partecipazione attiva e diversificata, oggi sembrano luoghi infestati da contenuti generati automaticamente e bot. Un esempio abbastanza recente ed eclatante si è osservato su X. In un post virale pubblicato su questa piattaforma il suono della lingua kazaka viene paragonato a “un motore diesel che cerca di avviarsi in inverno” (ottenendo migliaia di like e repost). Peccato, però, che il video sia stato caricato per errore senza audio. Com'è che allora ha ottenuto così tanto successo? Secondo molti utenti, la risposta è semplice: le interazioni totalizzate dal post in questione sono finte, frutto dell'azione di migliaia di bot.
E a proposito dei bot, gli esperti sono concordi nell'affermare che questi costituiscano una fetta importante del traffico Internet. Secondo uno studio della società di sicurezza Imperva, i bot costituiscono circa il 50% del traffico online, con una quota rilevante di “bot cattivi” responsabili di spam, truffe e attacchi informatici. Questo, ovviamente, non significa che le interazioni umane siano scomparse del tutto: molti contenuti virali, discussioni online, etc., vedono ancora protagonisti utenti “in carne e ossa” e, per questo motivo, sempre gli esperti suggeriscono che l’idea di un Internet “morto” nel senso stretto del termine è (almeno al momento) esagerata.

La Dead Internet Theory: come l’IA trasforma l’esperienza online
In tutto ciò, però, c'è da dire che la teoria dell'Internet morto descrive molto bene un sentimento diffuso. La proliferazione di contenuti generati dall’intelligenza artificiale sta effettivamente trasformando l’esperienza online. Artisti e scrittori lamentano l’invasione di immagini e testi generati automaticamente, spesso privi di valore, originalità, calore umano e profondità.
Ma questo fenomeno non si limita ai contenuti generati automaticamente. Sono anche gli algoritmi che determinano quali post diventano virali e quali no a influenzare, e anche tanto, il comportamento degli stessi utenti. Molte persone si sentono spinte a comportarsi come “bot umani”, pubblicando contenuti progettati per soddisfare le metriche degli algoritmi piuttosto che per esprimere qualcosa di autentico, di personale. Questo circolo vizioso è uno dei motivi per cui l’Internet moderno sembra meno umano rispetto al passato, tant'è che persino Tim Berners-Lee, l'inventore del World Wide Web, deluso per lo stato in cui versa la sua “creatura”, ha affermato:
Il Web non è il Web che volevamo sotto ogni aspetto.
Distinzione tra teoria del complotto e realtà
La teoria dell’Internet morto suggerisce che la maggior parte dei contenuti online sia generata da intelligenze artificiali autonome, una visione che non rispecchia l’attuale stato delle cose. Gli algoritmi di intelligenza artificiale, inclusi i modelli di linguaggio come ChatGPT, non sono ancora in grado di creare contenuti realmente originali o complessi senza input umano. La loro capacità di influenzare l’esperienza online dipende ancora dalle decisioni e dalle azioni delle persone.
Quindi, perché questa teoria continua a guadagnare consenso? Una possibile spiegazione è che offre una narrativa semplice per spiegare fenomeni complessi come la centralizzazione di Internet e la perdita di diversità nei contenuti. Inoltre, come molte teorie del complotto, anche questa fornisce una valvola di sfogo per il malcontento e la frustrazione degli utenti verso i “poteri forti” del Web.
La situazione attuale è sicuramente preoccupante, ma non è irreversibile. Esistono ancora spazi online autentici e vivaci, come le comunità private su Discord o piattaforme decentralizzate come Mastodon. E poi, c'è da dire che anche alcune grandi aziende tecnologiche stanno iniziando a riconoscere il problema e potrebbero – il condizionale è d'obbligo – decidere di adottare misure per ridurre l’impatto dei bot e migliorare l’esperienza utente. Anche perché, diciamocelo, un Internet veramente morto non servirebbe a nessuno, nemmeno a chi trae i propri profitti dal mondo dell'online.
Se ora volessimo fare un po' il punto di quanto abbiamo detto nell'articolo, potremmo dire che la teoria dell’Internet morto non è una descrizione veritiera della realtà (come tutte le teorie del complotto del resto), ma potremmo considerarla un importante monito. Ci ricorda che il futuro di Internet dipende dalle scelte che facciamo oggi: come utenti, come sviluppatori e come società. Sta a noi decidere se vogliamo un Internet vivo, vibrante e umano, o se vogliamo accontentarci di un Web spento e amorfo, dominato da bot AI.