
Situato nella Tanzania nordorientale al confine con il Kenya all'interno dell'omonimo parco nazionale, il Monte Kilimangiaro (o Chilimangiaro) con i suoi 5895 metri di altitudine è la montagna più alta del continente africano, nonché la più grande montagna isolata al mondo, ovvero non associata a catene montuose. Tuttavia, il "Tetto d'Africa" non è una semplice montagna, bensì uno stratovulcano in stato di quiescenza sulla cui vetta sono presenti tre crateri – Shira, Mawenzi e Kibo. L’origine del Kilimangiaro è associata alla Rift Valley dell'Africa Orientale, che sta lentamente separando il continente in due.
Le caratteristiche del tetto d’Africa: uno dei vulcani più alti del pianeta
Il Monte Kilimangiaro si trova nella regione nord-orientale della Tanzania, all’interno del Parco nazionale del Kilimangiaro, una vasta piana che si estende per oltre 75.570 ettari e da cui si eleva lo stratovulcano, con un dislivello di circa 4.877 metri. Il parco, riserva naturale dal 1910, è stato dichiarato patrimonio dell'UNESCO nel 1987.
Rispetto al livello del mare, la vetta del Kilimangiaro raggiunge i 5895 metri, rendendolo la montagna più alta d'Africa e guadagnandosi il soprannome di "Tetto d'Africa". È più alto di circa 696 metri rispetto alla seconda montagna più alta del continente, il Monte Kenya. Inoltre è la montagna singola o isolata più alta al mondo, in quanto non fa parte di una catena montuosa. Al contrario, il Monte Everest e il K2, rispettivamente il primo e il secondo picco più alto del mondo, appartengono alla catena montuosa dell'Himalaya. La base del Kilimangiaro ha un diametro di oltre 40 km.
Tuttavia, il Kilimangiaro non è una montagna nel senso stretto del termine, ma uno stratovulcano dormiente, uno dei più grandi al mondo. Alla sua sommità si trovano tre crateri vulcanici. Il più antico, lo Shira, è situato a ovest e raggiunge 3962 metri di altezza. Mawenzi, situato nella parte orientale dell'edificio, raggiunge una quota di 5149 metri. Infine, Kibo, il più recente e il più alto dei tre crateri, si trova al centro dell’edificio vulcanico.

Origine del Kilimangiaro e ultime attività vulcaniche
Il Kilimangiaro è uno stratovulcano e quindi si è formato dall’accumulo di colate laviche e materiale piroclastico nel tempo. L'origine di questo imponente edificio vulcanico è attribuita alla risalita e fuoriuscita di lava lungo il sistema della Rift Valley dell'Africa Orientale, una frattura nella crosta terrestre che si estende per oltre 6400 km, dalla Giordania al Mozambico, e che segna il punto di rottura della Placca Africana nelle placche Somala e Nubiana. La Rift Valley è una regione geodinamicamente attiva, lungo la quale le due placche si stanno gradualmente separando a una velocità compresa tra 5 e 7 mm l'anno. Il processo di separazione è iniziato circa 22-25 milioni di anni fa, nel Miocene, e continua tutt'oggi.

Si stima che il vulcanismo del Kilimangiaro sia iniziato circa un milione di anni fa. Circa 750.000 anni fa, una forte fase eruttiva avrebbe dato vita al cratere Shira, attivo fino a 250.000 anni fa, quando avvenne il suo collasso e la formazione di una caldera. Il cratere Kibo, il più giovane dei tre, si pensa che si sia formato circa 460.000 anni fa. L'ultima attività eruttiva documentata del vulcano risale al Pleistocene, tra 150.000 e 200.000 anni fa. Nonostante sia dormiente, sono state documentate fumarole in prossimità del cratere Kibo. Questo indica che l'eventualità di una futura attività vulcanica, sebbene poco probabile, non è del tutto inesistente.
Zone climatiche, fauna e flora
Il Parco Nazionale del Kilimangiaro, grazie alla sua estensione e altitudine, è caratterizzato da cinque principali zone climatiche-ecologiche. La “zona di coltivazione” si trova all'uscita dei due principali insediamenti, le città di Arusha e Moshi, e raggiunge un’altitudine di 1800 metri. Durante l’anno, le temperature variano tra 21 e 32 °C di giorno e tra 4 e 15 °C di notte. In quest’area, l'attività umana è predominante. Infatti, il suolo vulcanico ricco di nutrienti è ideale per l'agricoltura e l'allevamento.
La “zona della foresta pluviale” si estende dai 1800 ai 2800 metri di altitudine. Questa fascia è caratterizzata da altissimi livelli di umidità e precipitazioni che variano tra i 1000 e i 2000 mm all'anno. La foresta ospita numerose specie di animali, tra cui scimmie, babbuini e soprattutto uccelli, oltre alla ricca flora locale.
Con un paesaggio che ricorda quello delle Highlands scozzesi, la “zona di brughiera e landa” si estende fino a 4000 metri di altitudine. Qui le temperature notturne possono scendere sotto lo zero. Man mano che si sale, la flora si riduce a piccoli arbusti e si dirada. Le piante più prominenti sono i Senecios e le Lobelie giganti, entrambe endemiche della regione. Pochissimi animali vivono in quest’area; occasionalmente si possono incontrare elefanti e piccole antilopi di passaggio. A volte, grandi uccelli rapaci sorvolano la zona.
La “zona del deserto alpino” si estende fino a 5030 metri di altitudine. Qui le temperature diurne e notturne possono scendere fino a –12°C. Questa regione è piuttosto arida e inospitale, con precipitazioni generalmente inferiori a 250 mm annui. Il paesaggio è dominato da rocce vulcaniche.
La “zona artica” si estende fino alla sommità dello stratovulcano. Le temperature diurne scendono sotto i -15°C, mentre quelle notturne possono superare i –26°C. Il paesaggio desertico è dominato da imponenti ghiacciai perenni. Non c’è vita animale o vegetale, ad eccezione di alcuni licheni e muschi.

Trekking sul Kilimangiaro: quanti giorni per scalarlo?
La vetta del Kilimangiaro fu conquistata per la prima volta nel 1889 da Hans Meyer e Ludwig Purtscheller, e da allora è diventata una delle mete più frequentate dagli appassionati di escursionismo alpino, con un'affluenza che varia tra i 30.000 e i 50.000 scalatori all’anno.
In genere, il periodo migliore per affrontare la scalata è tra dicembre e marzo, oppure tra giugno e ottobre, durante le stagioni aride. Ci sono sette diversi sentieri che portano alla cima, l'Uhuru Peak, la maggior parte dei quali ha inizio nella porzione sud della montagna. Il più corto, conosciuto come il Sentiero Marangu, è anche il più antico dei percorsi, ma è considerato il più difficile. Il suo completamento richiede tra i 5 e i 6 giorni, con una distanza percorsa di circa 82 km e un dislivello di oltre 4.000 metri dal primo campo base. Gli altri percorsi richiedono più giorni, ma presentano una pendenza generalmente minore, permettendo anche un più facile acclimatamento alle elevate altitudini, dove l'ossigeno è rarefatto. In media, il completamento dei percorsi più lunghi può richiedere fino a 9-10 giorni.