Il 18 maggio 1980, una violentissima eruzione cancella l’intero fianco di un vulcano fino ad allora poco conosciuto al di fuori degli Stati Uniti: il Monte Saint Helens. Quel giorno decine di persone persero la vita, ma cosa accadde esattamente quel giorno? Per avere la risposta vi raccontiamo dove é geologicamente collocato il vulcano e gli avvenimenti che precedettero l'eruzione principale.
Il monte Saint Helens
Geograficamente, il Monte St. Helens (in italiano Monte Sant'Elena) si trova nello stato americano di Washington, nella contea di Skamania, a circa 83 km da Portland. Geologicamente fa parte dell'arco vulcanico della catena delle Cascate, una fascia a forma arcuata che si estende dal sud-ovest della Columbia Britannica alla California settentrionale, parallelamente alla costa del Pacifico.
La sua formazione risale a circa 275.000 anni fa e da quel momento é cresciuto come stratovulcano fino ad un'altezza di quasi 3.000 m, simile quindi all'Etna. La sua formazione e attività eruttiva si lega alla subduzione di una densa placca oceanica, Juan de Fuca, sotto la placca nordamericana.
Storia eruttiva del Monte Saint Helens
Prima del 1980, il vulcano ha avuto almeno 4 diversi periodi eruttivi, ossia momenti dove abbiamo diverse eruzioni esplosive ravvicinate nel tempo alternati a periodi di quiescenza o di attività effusiva, dove invece si assiste alla fuoriuscita e scorrimento di lava. L'ultimo periodo eruttivo risaliva al 1857. Pur essendo noto come il vulcano più attivo del catena delle Cascate, il Monte Saint Helens non aveva una sua rete di monitoraggio. La stazione sismica più vicina si trovava a qualche decina di chilometri di distanza dal vulcano.
I segnali precursori del Monte Saint Helens
Il 16 marzo 1980 iniziano ad essere avvertiti i primi segni precursori dell'eruzione. È il giorno in cui il vulcano inizia a mostrare una forte attività sismica, con oltre un centinaio di terremoti registrati, accompagnata dal rigonfiamento del fianco nord della montagna: segno che il magma si stava accumulando al di sotto della superficie. Undici giorni dopo il vulcano erutta.
Un'eruzione freatica, cioè innescata dall'interazione tra acqua superficiale e magma, scaglia in aria roccia e massi dall'interno del cratere originale, dando vita a un nuovo cratere ampio quasi 80 metri, e lasciando fuoriuscire una colonna di cenere alta oltre 2 km. Questo evento fu seguito da altre scosse e da altre esplosioni di vapore con una frequenza di una ogni ora durante marzo fino a una ogni giorno in aprile.
Il rigonfiamento sul versante settentrionale del vulcano intanto si era espanso orizzontalmente di quasi 400 m in diametro nel giro di una settimana. Questa deformazione era un chiaro segno per gli esperti che il magma stava spingendo e risalendo in quel punto. La struttura é tecnicamente nota come duomo di lava.
I duomi di lava si formano dall'emissione di un magma molto viscoso, cioè poco fluido. Per questo motivo non si riesce ad innescare una colata lavica e la solidificazione avviene in tempi rapidi formando un accumulo di lava. I duomi possono però portare ad eruzioni di carattere esplosivo in quanto la pressione dei gas sottostanti può crescere fino a raggiungere livelli critici. Ma questo nel 1980 non lo si sapeva ancora.
L'eruzione del Monte Sant'Elena
Le eruzioni si interrompono bruscamente il 22 aprile e riprendono nuovamente il 7 maggio fino a diventare circa 10.000 il 17 maggio. Alle 8:32 del 18 maggio un terremoto di magnitudo 5.1 viene registrato sul versante nord del vulcano, causando una frana dal volume totale circa 2.3 km3.
La frana ha subito depressurizzato il magma dando così luogo a un esplosione laterale caratterizzata da detriti e gas che viaggiano a circa 1.000 km/h. La colonna eruttiva che segue durerà nove ore e raggiungerà i 25 chilometri di altezza, emettendo nel complesso 1,3 km3 di cenere che si depositerà sulla tutta la costa pacifica nordoccientale.
Nonostante i segnali precursori fossero stati così evidenti da indurre ad evacuare la zona, nessuno immaginò un'eruzione di tale portata e, di conseguenza, non vennero delimitate correttamente le aree da interdire. In totale 57 persone persero la vita quel giorno. A queste vanno aggiunte le oltre 200 abitazioni e 200 km di strade e ferrovie danneggiate per un totale delle perdite stimato a 1,1 miliardi di dollari dell'epoca.
Post-eruzione, cosa rimane?
Con un'indice di esplositivà pari a 5, l'eruzione rimane paragonabile a quella del 79 d.C. del Vesuvio ed è stata così potente da cambiare anche la morfologia del vulcano stesso, abbassando la sua cima di oltre 400 m.
Grazie a questa tragedia però abbiamo appreso tanto. Infatti l’eruzione del Saint Helens rimane la prima grande eruzione esplosiva di cui i vulcanologi moderni siano stati testimoni. Questo evento ha generato uno sforzo mai visto prima per il monitoraggio e l'integrazione di dati (ad esempio GPS, sensori di gas, videocamere) gettando le basi per la vulcanologia attuale. Per quanto rappresenti un tragico evento, allo stesso tempo il Monte Saint Helens ha rappresentato un esempio unico per lo studio dei segnali precursori ad un'eruzione vulcanica.