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C'è una strampalata coincidenza sulla piramide di Cheope, la più grande delle tre piramidi della necropoli di Giza in Egitto, che ogni tanto riaffiora e che suggestiona molte persone: la latitudine del vertice della piramide (29,9792458° N) coinciderebbe con la velocità della luce nel vuoto (299.792.458 m/s). Notevole, vero? Naturalmente su questa coincidenza si sono aperte innumerevoli interpretazioni legate a un grande classico della pseudoscienza: la presunta origine "aliena" delle piramidi di Giza. In realtà, basta rifletter anche solo per qualche minuto per capire che non può che essere qualcosa di più di una curiosa coincidenza. Capire questa coincidenza è utile non solo per placare i “bollori” pseudoscientifici legati all'antico Egitto, ma anche per fare una riflessione sul significato delle unità di misura usate in ambito scientifico e anche in ambito quotidiano.
Guardiamo innanzitutto per un attimo i dati numerici. La latitudine esatta del vertice della piramide, scritta in modo corretto ovvero nel sistema sessagesimale, è 29° 58′ 45" (29 gradi, 58 primi e 45 secondi). Per arrivare alla cifra "sospetta" occorre prima trasformarla in un valore equivalente espresso con il sistema decimale: otteniamo 29,979175°. Questa conversione è un po' forzata, dal momento che gli angoli vengono misurati ed espressi nel sistema sessagesimale. Ma prendiamola per buona. Il valore che otteniamo in base 10 non è proprio identico a quello della velocità della luce, ma è comunque estremamente vicino a quello reale.
Ma c'è un ma. E a pensarci è anche semplice: come potevano gli antichi Egizi conoscere il valore della velocità della luce? Con quella precisione, poi. Con quali mezzi o strumenti? Non abbiamo nemmeno evidenze del fatto che considerassero la luce come qualcosa che potesse avere una velocità. Anche nell'antichità europea la questione era tutt'altro che ovvia come può sembrare ora: i Greci, per esempio, discutevano se la nostra visione dipendesse da “raggi” provenienti dall'esterno oppure emessi dai nostri occhi. Per quanto ne sappiamo, la prima stima della velocità della luce risale al 1676 (più di 4000 anni dopo la costruzione della piramide) da parte dell'astronomo danese Ole Rømer. Ed era solo una stima approssimativa, che si aggirava sui 225.000.000 metri al secondo, ancora distante dal 299.792.458 metri al secondo riconosciuti oggi. Non ci sono prove che gli Egizi ne sapessero di più: figuriamoci avere un valore così preciso (riconosciuto come ufficiale solo nel 1983), anzi preciso al metro al secondo?
E a proposito di metri al secondo, c'è una questione un po' più sottile che riguarda proprio le unità di misura. Quando noi parliamo di grandezze come velocità o latitudine stiamo usando delle unità di misura che sono sostanzialmente arbitrarie: concetti come "metri al secondo" o "grado" non sono scritti nella pietra ma derivano da convenzioni che si sono affermate nel tempo spesso con processi più o meno tortuosi.
Per scrivere la velocità della luce con le cifre 299.792.458 dobbiamo infatti usare espressamente il metro come unità di misura della distanza e il secondo come unità di misura della velocità. Ma chi ci dice che gli antichi Egizi parlassero di distanze e tempi in termini di metri e secondi? Nessuno. Il concetto di “metro”, per esempio, non esisteva nemmeno al tempo dell'antico Egitto: venne definito rigorosamente solo nel 1791, e adottato come unità di misura ufficiale nel 1795 (dalla Francia). All'epoca della costruzione della piramide, in Egitto era utilizzato il cubito, che corrisponde a 0,525 metri. In cubiti al secondo, la velocità della luce sarebbe di circa 571.000.000, un valore completamente diverso da quello espresso in metri al secondo.
Un discorso analogo vale per la latitdine. Quando parliamo di latitudine intendiamo la distanza angolare (quindi in gradi) di un punto della Terra – in questo caso il vertice della piramide di Cheope – dall'equatore. È uno dei due parametri scelti – insieme alla longitudine – per individuare la posizione di un punto sulla superficie terrestre. Le scelte potevano essere del tutto diverse: in tal caso la cifra associata alla piramide di Cheope sarebbe stata completamente differente. Ma soprattutto non abbiamo evidenze del fatto che gli antichi Egizi individuassero la posizione di un punto sulla Terra in termini di latitudine: le prime testimonianze certe che abbiamo in questo senso risalgono all'epoca dei Fenici, molti secoli dopo la costruzione della piramide (circa 2550 a.C.).
C'è poi un'ultima considerazione che possiamo fare, questa volta di natura puramente tecnologica. Anche non tenendo conto di tutto quello che abbiamo scritto sopra, posizionare il vertice della piramide con tanta accuratezza – come qualcuno vuole far credere – avrebbe richiesto misure geografiche con una precisione assolutamente impossibile per l'epoca. Pensate che il grado di precisione richiesto per allineare così tante cifre decimali è arrivata solo alla fine del Novecento con i satelliti artificiali di monitoraggio terrestre e sistemi computerizzati avanzati come il GIS.
Insomma, non c'è alcun dubbio. La coincidenza delle coordinate della piramide di Cheope è soltanto questo: una coincidenza. Ma mentre capiamo il perché abbiamo nel frattempo imparato diverse curiosità scientifiche interessanti!