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7 Ottobre 2025
16:31

Le femmine vivono più dei maschi? Non sempre, le differenze tra mammiferi e uccelli

La ricerca su oltre 1100 specie mostra che le femmine vivono più a lungo dei maschi nei mammiferi, mentre negli uccelli è l’opposto. Differenze cromosomiche, strategie di accoppiamento, competizione e cura della prole spiegano il fenomeno. Anche negli zoo, senza predatori, le disparità restano, a conferma del ruolo dell’evoluzione.

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Le femmine vivono più dei maschi? Non sempre, le differenze tra mammiferi e uccelli
longevità maschi e femmine

Che le donne vivano più a lungo degli uomini non è una novità, ma un recente studio pubblicato il 1 ottobre su Science Advances ha scoperto che questa tendenza è comune a quasi tutti i mammiferi, mentre negli uccelli è esattamente l’opposto: sono i maschi ad avere il privilegio della longevità. La spiegazione risiede in un intricato mix di fattori sia biologici e genetici, come l’eterogamia (cioè la presenza di due cromosomi diversi, XY nei maschi mammiferi e ZW nelle femmine di uccelli), che sociali e ambientali, come la competizione per l'accoppiamento e la cura della prole. Ricercatori da tutto il mondo hanno partecipato a questa interessante ricerca guidata dalla dott.ssa Joanna Staerk del Dipartimento di Evoluzione e Comportamento dei Primati del Max Planck Institute per l’Antropologia Evolutiva. Avvalendosi del Sistema di Gestione delle Informazione Zoologiche Species360 (ZIMS, un software che serve zoo e acquari di tutto il mondo) i ricercatori hanno potuto analizzare ben 1176 specie, tra mammiferi (528) e uccelli (648).

I risultati hanno confermato teorie e ipotesi precedenti: nel 72% delle specie di mammiferi analizzati, le femmine vivono più a lungo, circa il 12% in più degli esemplari maschi. Al contrario, nel 68% delle specie di uccelli sono i maschi ad avere aspettative di vita maggiori, ma vivono solo il 5% in più degli esemplari femmina. E anche in condizioni “protette” come gli zoo, in cui la competizione per l’accoppiamento e altri fattori ambientali vengono eliminati, il risultato, seppur attenuato, non cambia.

In natura o allo zoo, il risultato è lo stesso

Analizzando 110 specie in natura, i ricercatori hanno confermato che questi schemi sono solidi e non dipendono dalle condizioni di vita. Negli zoo, gli animali non hanno predatori, hanno tutto il cibo necessario a disposizione, cure veterinarie e non devono sottostare alla “legge del più grande” per la riproduzione. Ma le differenze tra maschi e femmine restano comunque, seppur attenuate. Ovviamente, in natura, il divario tra longevità maschile e femminile è nettamente più alto, ma il fatto che questa differenza si noti anche negli ambienti controllati degli zoo, è una dimostrazione di come l’evoluzione giochi un ruolo fondamentale anche quando gli stimoli ambientali sono ridotti al minimo.

Le differenze tra cromosomi tra maschi e femmine nei mammiferi e uccelli

Una delle teorie più accreditate per questa differenza di longevità, chiama in causa i cromosomi sessuali, ipotizzando che il sesso dotato di due cromosomi diversi sia geneticamente più debole. Nel caso specifico, i maschi dei mammiferi hanno i cromosomi XY, negli uccelli invece sono le femmine ad avere cromosomi diversi, ZW.

In entrambi i casi, sembra quindi che il sesso con cromosomi uguali sia più longevo (XX, femmine nei mammiferi e ZZ maschi negli uccelli): avere due copie dello stesso cromosoma è più vantaggioso perché, se su uno dei due è presente una mutazione, c’è sempre l’altro a bilanciare. È un po’ come avere due copie dello stesso libro: se in uno c’è una pagina rovinata, avete l’altro che invece è integro. Questa teoria però da sola non è abbastanza a spiegare le eccezioni osservate in natura.

cromosomi sessuali
La presenza di due cromosomi diversi (XY nei maschi mammiferi e ZW nelle femmine di uccelli), sembra predisporre a una vita più breve.

I costi fatali dell'accoppiamento per i maschi

E se la genetica e i cromosomi non bastano a spiegare questa differenza nell'aspettativa di vita, bisogna guardare altrove: alle strategie di accoppiamento e riproduzione. Nei mammiferi poligamici, cioè che si accoppiano con più partner, la lotta per garantirsene uno è spietata: la competizione tra maschi li porta, infatti, più spesso a “pagare” un alto prezzo, in termini di sopravvivenza. Un’ulteriore osservazione a sostegno di questa tesi è che nelle specie di mammiferi in cui i maschi sono molto più grandi delle femmine (in gergo tecnico, quando c’è un marcato dimorfismo sessuale), questi tendono a vivere di meno. In pratica, investire nell’accoppiamento, con lotte territoriali, combattimenti per il dominio o le partner, comporta un dispendio energetico enorme e un'esposizione maggiore a pericoli, traducendosi in una vita più breve.

A ulteriore conferma di ciò, i ricercatori hanno rilevato che nelle coppie monogamiche, che passano la propria vita insieme come due piccioncini, la differenza di vita tra maschi e femmine si riduce drasticamente, quasi fino ad annullarsi. Un vero e proprio “e vissero felici e contenti”.

Occuparsi della prole allunga la vita

In termini di consumo di energia, anche riproduzione e successiva cura della prole, spesso appannaggio delle femmine della specie, richiedono costi energetici elevati, facendo pensare a un precoce deterioramento. Invece, per quanto possa sembrare strano, questo studio ha mostrato esattamente l’opposto: occuparsi della prole aumenta le possibilità di sopravvivenza.

leonessa prole
Occuparsi della prole invece sembra avere un effetto protettivo, aumentando la longevità.

Nelle femmine di primati, per esempio, il cucciolo resta con la madre fino a quasi dieci anni: i ricercatori ipotizzano che la pressione evolutiva faccia sopravvivere più a lungo il sesso che si occupa dei cuccioli, finché non sono indipendenti. Non è un caso infatti, che anche negli uccelli, specie spesso monogamiche in cui i maschi partecipano maggiormente nella cura della prole, sopravvivano più a lungo.

Fatta la regola, trovata l’eccezione

Ovviamente, non parliamo di dogmi scritti nella pietra. Anche in questo caso ci sono delle eccezioni. Per esempio, nonostante le energie che gli uccelli consumano per piumaggi stravaganti e rituali di corteggiamento elaborati, comunque vivono più delle femmine, conferma ulteriore che è il mix dei vari fattori a determinare la maggiore longevità dell’uno o dell’altro sesso.

In mammiferi come i lemuri, in cui le femmine sono dominanti e non c’è monogamia, non ci sono differenze di longevità tra maschi e femmine. Al contrario, nei rapaci, sono le femmine a essere più grandi, ma vivono comunque più dei maschi, ribaltando lo schema individuato negli uccelli.

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