
Nella seconda metà degli anni '90 è circolata la notizia che Leonardo Da Vinci, all'interno del suo Codice Atlantico, avrebbe realizzato il disegno del primo modello di bicicletta già nel Sedicesimo secolo, quindi ben 3 secoli prima dell'invenzione della bicicletta. Durante un restauro del codice sul foglio 133 è stato effettivamente rinvenuto un disegno che ha tutta l'aria di rappresentare un primordiale modello di bicicletta. In realtà Leonardo non inventò la bicicletta. Studi successivi hanno infatti escluso questa eventualità e a oggi sono presenti fondamentalmente due ipotesi: la prima sostiene che sia opera di qualche suo apprendista mentre la seconda – sostenuta anche dallo storico dell'arte Carlo Pedretti – è che si tratti di un falso storico realizzato probabilmente tra il 1967 e il 1974.
Il Codice Atlantico e il suo restauro
Il Codice Atlantico (Codex Atlanticus) è la più ampia raccolta di testi e disegni di Leonardo da Vinci, attualmente conservata alla Biblioteca Ambrosiana di Milano. All'interno del Codice si trovano anche annotazioni e immagini realizzate dai suoi allievi. Dopo la morte del maestro questi fogli – tutti di dimensioni e forme diverse – passarono di mano in mano, fino a quando nel Cinquecento Pompeo Leoni decise di incollarli tutti su fogli più grandi, così da dare uniformità all'opera. Alcune di questa facciate restarono incollate al supporto per lungo tempo e, quindi, impossibili da consultare.
Questo almeno fino alla fine degli anni '60, quando si decise di restaurare l'opera, scollando i fogli e permettendo di analizzarli ciascuno sia fronte che retro. Su una di queste pagine, il foglio 133, si notò però uno strano disegno che, a tutti gli effetti, ricordava quello di una bicicletta.

Le caratteristiche della bicicletta di Leonardo
Per analizzare le caratteristiche tecniche della bicicletta, prendiamo come principale fonte la descrizione di Augusto Marinoni, uno tra i più autorevoli studiosi di Leonardo.
Le ruote hanno otto raggi e sono state tracciate con un compasso che però, nel girare, si è leggermente aperto. La sella ha tre punti di appoggio, due sul mozzo della ruota posteriore e uno sul telaio, e i pedali sono più lunghi delle ruote. Il manubrio è collegato al mozzo della ruota anteriore tramite due aste curve, rendendo impossibile sterzare, e il telaio si limita ad un'asta orizzontale unita tramite forcelle (poco visibili) ai due mozzi. Quello che maggiormente ha attirato l'attenzione su questo disegno però è la presenza di una catena con due ruote dentate. Queste sono in legno e non hanno denti appuntiti come quelle odierne ma squadrati, compatibili quindi con altri disegni di Leonardo riportati nel codice Madrid al foglio 10r.
Al netto di questo, la bicicletta disegnata nel Codice Atlantico probabilmente non sarebbe funzionante: il telaio probabilmente si fletterebbe sotto la spinta dei pedali, sarebbe impossibile sterzare e ci sono dubbi in merito all'effettivo funzionamento delle ruote della catena (non) dentate. Per tutti questi motivi ad oggi si ritiene non solo che quest'oggetto non sia mai stato realizzato nella realtà ma anche che l'intero disegno sia stato effettuato con un tratto infantile e grossolano e dunque non riconducibile direttamente a Leonardo da Vinci.
A questo punto resta solo da capire una cosa: chi è stato a disegnarlo?
Il vero autore della "bicicletta di Leonardo"
Rispondere a questo interrogativo è tutt'altro che semplice e, come anticipato, esistono principalmente due ipotesi: una che sostiene il coinvolgimento di qualche allievo di Leonardo, la seconda che tira in causa la falsificazione in epoca recente, durante il restauro del Codice Atlantico.
L'ipotesi dell'allievo
La prima ipotesi è portata avanti proprio da Augusto Marinoni che ritiene responsabile un allievo di Leonardo. Nello specifico, lo studente avrebbe copiato un altro disegno oggi perduto del Maestro – forse in modo non accurato – e che dunque effettivamente già all'epoca venne abbozzata una primissima idea di bicicletta anche se, come anticipato, non funzionante.
L'ipotesi del falso
La seconda ipotesi è quella al momento più popolare e sostenuta, tra gli altri, anche da Carlo Pedretti, storico dell'arte e docente presso l'Università della California a Los Angeles. Stando alle sue dichiarazioni, la prima volta che analizzò il codice nel 1961 – quando ancora il restauro non era stato terminato e le pagine erano ancora incollate – notò che in controluce il foglio mostrava segni geometrici formati da cerchi e linee, come quelli dell'immagine sottostante:

Se ci fosse stato fin dal primo momento il disegno di una bicicletta sarebbe stato immediatamente individuato, ma così non è stato e il disegno apparve solo durante il restauro, quando le pagine vennero scollate. Inoltre pare che il pastello utilizzato sia diverso da qualunque altro utilizzato nel codice e, quindi, posteriore all'epoca di Leonardo. Questo gli ha permesso di sostenere che, probabilmente, il disegno non è altro che un falso storico, realizzato in un secondo momento (probabilmente tra il 1967 e il 1974) a partire dagli schizzi geometrici già presenti.

In questo caso resta ignota la mano del falsario e tanto meno le sue motivazioni, anche se secondo lo scrittore e giornalista Curzio Malaparte, la risposta potrebbe essere legata a un tentativo di attribuire alla bicicletta una paternità italiana che, come la storia ci insegna, è in realtà francese.