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30 Ottobre 2024
10:32

Perché ci piacciono gli horror? L’attrazione di molte persone per la paura controllata

I film horror affascinano molti individui rappresentando una sorta di “piacere cognitivo” perché permettono allo spettatore di vivere paure profonde in modo sicuro, offrendo un mix di carica emotiva, esplorazione dell'ignoto e simbolismo legato a temi universali come la morte.

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Perché ci piacciono gli horror? L’attrazione di molte persone per la paura controllata
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I film horror sono da tempo una delle forme di intrattenimento più seguite e dibattute. Da classici come Dracula a successi moderni come The Conjuring, questa tipologia di pellicole (senza dimenticare altre forme d'arte come libri, videogiochi…) invitano il pubblico a immergersi in emozioni che toccano corde profonde: paura, tensione e suspense. Ma cosa ci spinge a cercare volutamente queste sensazioni? Perché molti di noi provano attrazione e piacere cognitivo per il terrore su grande schermo? A prima vista, potrebbe sembrare un paradosso, dato che, come esseri umani, siamo portati a fuggire da situazioni minacciose o angoscianti. Tuttavia, il piacere che deriva dalla visione di un film horror affonda le sue radici in una combinazione di fattori culturali, esperienze personali e antichi meccanismi evolutivi. Capiamo a livello psicologico cosa accade.

La funzione catartica dell'horror

Secondo la teoria della catarsi, il genere horror permette agli spettatori di liberarsi di emozioni represse come la paura, la rabbia e l'angoscia in un ambiente sicuro e controllato. In altre parole, guardare scene spaventose sullo schermo ci consentirebbe di vivere esperienze emotive intense senza le reali conseguenze che queste comporterebbero nella vita quotidiana.

Attraverso l’horror è possibile dare sfogo ad ansie collettive e sociali. In film come La notte dei morti viventi o The Purge, ad esempio, ritroviamo timori legati a disordini sociali, disuguaglianze economiche o crisi politiche. Le pellicole horror, in questo senso, funzionano come “specchi della società” o un loro accentuato carattere, esponendo paure collettive che, grazie alla finzione, possono essere riconosciute, affrontate e processate (Clover, 1992).

zombie film horror

La ricerca di emozioni forti

Dal punto di vista psicologico, Marvin Zuckerman lega l’attrazione per i film horror a una forma di ricerca del brivido o sensation seeking. Questa teoria, descrive l'impulso umano a cercare esperienze nuove, intense ed emozionanti, anche a “rischio” di vivere sensazioni come la paura.

Secondo la "teoria del controllo emotivo", invece, guardare film horror aiuta gli spettatori a migliorare la loro capacità di gestione delle emozioni percepite come negative. La paura indotta dal film è, infatti, una paura controllata: sappiamo che è provocata da scene fittizie e che possiamo interrompere la loro visione in qualsiasi momento. Questo meccanismo offre l’opportunità di sperimentare paure reali (come la morte o l’ignoto) in un contesto sicuro, permettendoci di affrontarle e, in qualche modo, di "esercitarci" a gestirle.

funzione catartica horror

L'origine evolutiva della paura

La paura si è sviluppata come strumento di conservazione della specie. Vivere e superare la paura in un contesto sicuro, come quello offerto dal cinema, ci consente di affrontare timori che fanno parte della nostra storia umana, come il buio, i predatori e l'ignoto. Come sottolinea la teoria dell'evoluzione emotiva di Paul Ekman (1992), la paura non è solo una risposta difensiva, ma anche una preziosa opportunità per imparare e adattarsi.

Un altro contributo significativo all’analisi della paura proviene da Ernest Becker, il quale, nel suo libro The Denial of Death (1973), esplora come la consapevolezza della nostra mortalità sia una delle fonti principali dell’ansia umana. I film horror rappresentano un modo esplicito per confrontarsi con la morte, offrendo agli spettatori una forma simbolica per elaborare questa paura e per affrontare i tabù culturali che la circondano. Becker sostiene che le società creano rituali e narrazioni per gestire l'angoscia legata alla mortalità, e il genere horror potrebbe essere interpretato come una versione moderna di questi rituali.

Infine, l’antropologa Mary Douglas, nel suo libro Purity and Danger (1966), ha evidenziato come le società umane tendano a separare ciò che è considerato puro da ciò che è ritenuto impuro, costruendo tabù e paure sociali. I film horror spesso giocano su queste distinzioni, mettendo in scena mostri, creature soprannaturali o violazioni morali che sconvolgono l'ordine simbolico della società. Il fascino dell'horror potrebbe derivare proprio dal piacere di infrangere simbolicamente queste barriere, esplorando i confini tra caos e ordine, vita e morte, naturale e soprannaturale.

Fonti:
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