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Il segnale di STOP, che impone l'arresto in corrispondenza della linea orizzontale e la concessione della precedenza prima di immettersi in un incrocio, ha una storia affascinante che risale ai primi anni del XX secolo. Introdotto inizialmente negli Stati Uniti grazie all'ingegnere William Phelps Eno, pioniere della sicurezza stradale, questo cartello non aveva un colore uniforme e variava tra bianco, giallo e nero. Eno, infatti, fu uno dei primi a proporre l'uso di segnali chiari per regolare il traffico. Nel 1925 si decise di adottare il rosso per il segnale di STOP, scelto per la sua alta visibilità e per il suo significato di pericolo e arresto. Nel 1949, la Convenzione di Ginevra standardizzò il segnale, stabilendo che dovesse essere non solo rosso ma anche ottagonale. Questa scelta ha reso il segnale facilmente riconoscibile a livello mondiale, contribuendo significativamente alla sicurezza sulle strade.
Le origini del segnale di STOP
Il segnale di stop è qualcosa che conosciamo tutti, ma non è sempre stato come è oggi. All'inizio del XX secolo, le strade erano poco trafficate e le automobili erano ancora un'invenzione rara, con pochi veicoli in circolazione. Per questa ragione, le città utilizzavano i sistemi di segnaletica che a loro risultavano più comodi. Le forme ed i colori e le forme dei segnali potevano quindi essere diversi da città a città.
Nel 1900 l’ingegnere americano William Phelps Eno, un pioniere della sicurezza stradale, iniziò a capire che il traffico doveva essere correttamente regolamentato, con l’introduzione di un sistema di segnali universalmente riconosciuti. Il segnale di STOP venne suggerito da Eno per gestire il traffico agli incroci per evitare incidenti. All’inizio i colori del segnale, e la forma, erano differenti di città in città, ma con gli anni si arrivò ad una standardizzazione della segnaletica stradale.
La standardizzazione della segnaletica stradale
Con l’aumentare del traffico per le strade, si è iniziata a sentire la necessità di uniformare forme e colori dei segnali stradali. La prima forma di standardizzazione dei segnali stradali si è avuta in America, nel 1925, grazie alla National Conference on Street and Highway Safety, durante la quale si discussero e stabilirono importanti normative per la sicurezza stradale.
Tra le raccomandazioni principali emerse, vi fu quella di adottare il colore rosso per il segnale di STOP, scelto per la sua alta visibilità e capacità di attrarre l'attenzione degli automobilisti, segnando così un passo fondamentale nella standardizzazione dei segnali stradali. Ma è con la Convenzione di Ginevra del 1949 che si è avuta la prima standardizzazione internazionale della segnaletica internazionale.
La Convenzione di Ginevra del 1949 è stato un accordo internazionale sottoscritto da molti Paesi il cui obiettivo era, appunto, l’uniformazione della segnaletica stradale. Il fine era quello di rendere la segnaletica stradale comprensibile a chiunque. Per il segnale di stop vennero adottati forma e colore che oggi conosciamo, ottagonale, a base rossa e a lettere bianche.
Perché lo stop è l’unico segnale a forma ottagonale
La forma ottagonale è stata scelta per la facilità di riconoscimento del segnale da lontano e da diverse angolazioni, così da poterlo riconoscere da qualunque punto lo si osservi. Questo ha un vantaggio anche in termini di riconoscibilità del segnale, che per la sua forma particolare non può essere confuso con altri segnali di forme diverse, quadrati o triangolari o rotondi anche i casi di illeggibilità della scritta o di scarsa visibilità. La forma ottagonale aiuta a dare un senso di urgenza, catturando immediatamente l’attenzione dell’automobilista e a farlo reagire con la frenata.
Il rosso e il bianco invece, sono stati scelti perché, a livello psicologico, il rosso è legato al concetto di pericolo e alla necessità di fermarsi immediatamente. Il bianco delle lettere, invece, per l’alto contrasto che si crea con la base rossa. È un colore che richiama il senso di attenzione, di cautela e di azione immediata.