
L’Alto Adige (chiamato anche Sud Tirolo), con capoluogo Bolzano, è un territorio abitato in maggioranza da popolazione di lingua tedesca, ma appartiene all’Italia per ragioni storiche. Dopo la Prima Guerra Mondiale, fu annesso al Regno d’Italia sulla base del principio dei “confini naturali”, cioè si affermò che, dal punto di vista geografico, appartenesse all’Italia e non più all'Impero d’Austria. Durante il fascismo la popolazione tedesca fu sottoposta all’italianizzazione forzata, ma dopo la Seconda Guerra Mondiale, gli accordi De Gasperi-Gruber, ancora oggi in vigore, garantirono il diritto di usare la lingua tedesca in tutti gli ambiti pubblici e privati. L’Alto Adige è così un caso di integrazione riuscita di una minoranza linguistica.
Cos'è l’Alto Adige/Sud Tirolo
L’Alto Adige, chiamato Sud Tirolo dai cittadini di lingua tedesca, è un territorio alpino e oggi coincide con la Provincia autonoma di Bolzano. Gli abitanti di lingua ed etnia tedesca costituiscono il 69,5% del totale. Insieme a loro vi sono minoranze di lingua italiana (26% circa) e di lingua ladina, un idioma romanzo diffuso solo in quest’area (4% circa). La popolazione tedesca è maggioritaria in 102 comuni della Provincia di Bolzano su 116. Da cosa nasce questa situazione?

L’Alto Adige fino alla Prima Guerra Mondiale
Trovandosi al confine tra territori di lingua italiana e territori di lingua tedesca, l’Alto Adige è stato sempre abitato da una popolazione mista, sia pure con proporzioni diverse a seconda dei periodi. Nell’800 l’Impero d’Austria promosse una politica di germanizzazione, che fece aumentare la popolazione di lingua tedesca. Nel 1910 il 90% degli abitanti si dichiarava germanofono.
L’Alto Adige, perciò, non rientrava tra i territori austriaci rivendicati dall’Italia dopo l’Unità, le “terre irredente”, che includevano principalmente le regioni abitate da maggioranze italiane: il Trentino, Trieste, l’Istria, la Dalmazia. Tuttavia, nei movimenti nazionalisti si riteneva che il confine tra l’Italia e l’Impero d’Austria dovesse essere portato al Passo del Brennero, annettendo quindi l’Alto Adige. Nel 1915 il governo italiano sottoscrisse il Patto di Londra con i Paesi della Triplice intesa, per stabilire i compensi che spettavano per la partecipazione alla Prima Guerra Mondiale, stabilendo che sarebbe stato annesso anche l’Alto Adige. La rivendicazione era dovuta a ragioni imperialiste, ma era giustificata con il principio della “frontiera naturale”: il governo italiano sosteneva che la conformazione fisica dell’Italia includesse “naturalmente” anche l’Alto Adige, fino alla montagna nota come Glockenkarkopf (che all’inizio del ‘900 iniziò a essere chiamata Vetta d’Italia), e che il controllo del territorio fosse necessario alla difesa militare del Paese.

Da quando l’Alto Adige è italiano: gli accordi di pace del 1919
Al termine della guerra mondiale, il Regno d’Italia incontrò alcune difficoltà a ottenere il rispetto del Patto di Londra sul confine orientale, ma l’Alto Adige fu ceduto senza difficoltà. Non si oppose nemmeno il presidente degli Stati Uniti, Woodrow Wilson, che sosteneva il principio di autodeterminazione dei popoli e contrastò le rivendicazioni italiane sul confine orientale. La frontiera tra Italia e Austria fu portato al Brennero e da allora l’Alto Adige ha sempre fatto parte dell’Italia, con l’eccezione di un breve periodo durante la Seconda Guerra Mondiale.
Il fascismo e la Seconda Guerra Mondiale
Il regime fascista sottopose la popolazione dell’Alto Adige all’italianizzazione forzata. I toponimi furono cambiati, le scuole e i giornali di lingua tedesca furono gradualmente soppressi, ai cittadini fu data la possibilità di italianizzare il proprio cognome. La popolazione che si dichiarava italofona superò il 30% del totale.

Quando l’Italia si alleò con la Germania nazista, che sosteneva il principio di portare tutti i tedeschi in un unico Stato, l’appartenenza dell’Alto Adige all’Italia divenne un problema. Tuttavia Hitler, nonostante i malumori nel Partito nazista, accettò di lasciare il territorio all’Italia in cambio del riconoscimento dell’annessione dell’Austria. Nel 1939 il fascismo, in accordo con il regime nazista, impose ai cittadini tedeschi dell’Alto Adige di scegliere tra due opzioni: trasferirsi in Germania o accettare l’italianizzazione. Lo scoppio della guerra impedì di portare a termine l’operazione. Nel 1943, quando nacque la Repubblica Sociale Italiana, la Germania nazista non ebbe scrupoli ad annettere l’Alto Adige, ma al termine della guerra il territorio tornò nuovamente all’Italia.
Gli accordi De Gasperi-Gruber e il secondo dopoguerra
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’Austria riottenne l’indipendenza. Nel 1946 il cancelliere Karl Gruber e il presidente del consiglio italiano Alcide De Gasperi sottoscrissero un accordo, in base al quale l’Austria accettò l’appartenenza dell’Alto Adige all’Italia, ma assunse una sorta di ruolo di “protettore” della popolazione tedesca che vi risiedeva. Il governo italiano si impegnò a ripristinare le scuole tedesche, a introdurre toponimi bilingui (o persino trilingui nelle aree a maggioranza ladina), a redigere anche in tedesco i documenti amministrativi, a consentire il ritorno di coloro che nel 1939 avevano optato per trasferirsi nella Germania nazista. La tutela delle minoranze linguistiche fu riconosciuta anche dalla Costituzione della Repubblica.

L’applicazione degli accordi De Gasperi-Gruber non è stata scevra da problemi e negli anni ’50 e ’60 si sviluppò anche un movimento terrorista che chiedeva l’annessione dell’Alto Adige all’Austria, ma con il passare degli anni la situazione si è stabilizzata e le tensioni si sono ridotte. Oggi l’Alto Adige è considerato un modello per l’integrazione delle minoranze linguistiche.