L’espressione "una gatta da pelare" è oggi comunemente utilizzata per indicare una scocciatura, un impiccio o in generale problema difficile e fastidioso da risolvere. L'origine si trova nel contesto rurale e popolare, dove il gatto era un animale spesso presente nelle case, ma il suo significato si potrebbe spiegare con due diverse interpretazioni.
La prima si riferisce all'antica pratica di catturare e pelare il gatto selvatico, il felis sylvestris, che veniva utilizzato per la produzione di pellicce. Questa operazione era particolarmente complessa, non solo per la difficoltà di catturare un animale così scaltro e sfuggente senza rovinare il suo prezioso manto, ma anche per la sua natura ribelle e aggressiva. Il gatto selvatico, infatti, è molto simile al gatto domestico che conosciamo oggi, ma essendo più selvaggio e feroce, riusciva a rendere l'impresa di "pelarlo" quasi impossibile.
Tuttavia, c'è anche una seconda possibile spiegazione, meno truculenta, dell'origine di questa espressione. "Pelare" in italiano potrebbe non riferirsi necessariamente alla rimozione della pelle, ma piuttosto del pelo. In questo caso, l'operazione consisterebbe nel tosare o lavare un gatto domestico, azioni che sono notoriamente mal tollerate dai felini. Chiunque abbia provato a lavare o pettinare un gatto sa bene quanto essi possano reagire con estrema irritazione, graffiando e dimenandosi per liberarsi da quella che per loro è un'attenzione indesiderata. Questa seconda interpretazione fa quindi riferimento alla difficoltà non tanto di compiere un'azione cruenta, ma di svolgere un compito che, per la natura del gatto, risulta comunque impegnativo e fastidioso.
Entrambe le spiegazioni condividono un punto in comune: l’idea di dover affrontare un compito complicato e poco piacevole, che richiede molta pazienza e determinazione. L’espressione "una gatta da pelare" si è consolidata proprio per indicare situazioni che, seppur non impossibili da risolvere, richiedono uno sforzo maggiore del previsto.