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Come mai vediamo sempre più di frequente l’aurora boreale in Italia e perché è rossa

L'aurora boreale in Italia è molto rara, eppure negli ultimi due mesi è stata avvistata nei nostri cieli già due volte, a settembre e a novembre. Ecco perché la stiamo vedendo sempre più spesso nel territorio italiano e perché la osserviamo rossa.

6 Novembre 2023
18:30
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Come mai vediamo sempre più di frequente l’aurora boreale in Italia e perché è rossa
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Aurora boreale rossa vista da Punta Aderci, in Abruzzo. Credits: Lorenzo Ilari.

I cieli italiani si sono tinti di rosso per la seconda volta in un mese e mezzo verso le 18:30 del 5 novembre 2023: lo spettacolo dell'aurora boreale si è visto a occhio nudo in molte zone del Nord e del Centro Italia, con avvistamenti in Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Marche e altre regioni italiane.

Ci sono due aspetti davvero rari in questa storia: il primo è il fatto stesso che ci sia stata un'aurora boreale nel nostro Paese, visto che questi fenomeni sono tipici di latitudini molto più elevate; il secondo è che è che questa aurora segue soltanto di poche settimane quella che è stata visibile sulle Alpi nella notte del 25-26 settembre 2023. Com'è possibile che ci siano stati due avvistamenti così ravvicinati per un fenomeno così raro in Italia? E perché poi l'aurora era rossa e non invece verde?

Un'aurora boreale si forma quando un flusso di particelle elettricamente cariche provenienti dal Sole interagisce con il campo magnetico terrestre. L'aurora avvistata il 5 novembre è stata la conseguenza di una cosiddetta espulsione di massa coronale, cioè un'intensa emissione di particelle cariche dall'atmosfera del Sole, che ha causato una tempesta geomagnetica, ovvero un disturbo temporaneo del magnetismo terrestre. Una volta che hanno incontrato il campo magnetico della Terra, queste particelle sono state deviate dal campo stesso verso le regioni polari, dove hanno trasferito parte della loro energia all'ossigeno presente in atmosfera. È l'ossigeno a dare il colore alle aurore polari!

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Aurora boreale rossa fotografata a Senigallia, nelle Marche. Credits: Katiuscia Pederneschi.

A quote più basse, tra i 100 e i 300 km, le particelle interagiscono con l'ossigeno molecolare (O2), che in risposta emette luce di colore verde. Se la tempesta geomagnetica è abbastanza intensa (come quella che ha provocato le aurore del 5 novembre), le particelle provenienti dal Sole interagiscono anche con l'ossigeno atomico (O) nell'alta atmosfera, tra i 400 e gli 800 km di quota. A differenza dell'ossigeno molecolare, l'ossigeno atomico (cioè singoli atomi di ossigeno) se eccitato dalle particelle solari emette luce rossa: ecco prodotte le aurore rosse che abbiamo osservato in Italia. Di fatto l'aurora rossa avvistata nel nostro Paese non era sopra le nostre teste: si trovava a migliaia di chilometri da noi, ma abbiamo potuto vederla proprio perché era molto alta.

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Aurora boreale rossa vista dalla Val di Sole, nel Trentino. Credits: Guardia Forestale.

Lo stesso è accaduto a fine settembre, quando in Lombardia e in Alto Adige si sono avvistate aurore rosse. Ma perché due aurore così ravvicinate a latitudini così basse come quelle italiane? La risposta non è semplice, e risiede probabilmente in una serie di circostanze. In primo luogo, la nostra stella presenta un ciclo di attività magnetica della durata di circa 11 anni, e attualmente si sta avvicinando alla fase di massima attività. Di conseguenza produce abbastanza spesso brillamenti ed espulsioni di massa coronale. In secondo luogo, ha giocato a favore il fatto che sia il 25 settembre sia il 5 novembre i cieli nel Nord Italia erano particolarmente tersi. Il 5 novembre, in particolare, i cieli erano stati ripuliti dal recente passaggio della tempesta Ciaran.

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Aurora rossa sul cielo dell’Alpe di Siusi, in Alto Adige. Credits: Fabian Dalpiaz Photography.

Vedremo altre aurore prossimamente, quindi? Purtroppo non possiamo rispondere, perché le aurore boreali sono sostanzialmente imprevedibili. Sicuramente ricapiterà ancora, prima o poi, ma non sappiamo quando. L'importante è non preoccuparsi: non ci sono motivi per considerare questi fenomeni come precursori di eventi violenti da parte del Sole.

AGGIORNAMENTO: Analisi successive del fenomeno hanno stabilito che, molto probabilmente, almeno in parte non si trattava di un'aurora boreale vera e propria ma di un cosiddetto SAR (“Stable Auroral Red arc”): per approfondire leggi qui.

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Filippo Bonaventura
Content editor coordinator
Laureato in Astrofisica all’Università di Trieste e ha conseguito un Master in Comunicazione della Scienza presso la SISSA di Trieste. È stato coordinatore della rivista di astronomia «Le Stelle», fondata da Margherita Hack. Insieme a Lorenzo Colombo e Matteo Miluzio gestisce il progetto di divulgazione astronomica «Chi ha paura del buio?». Vive e lavora a Milano.
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