L’Islanda si prepara a una possibile eruzione vulcanica nella penisola di Reykjanes, nella parte sud-occidentale dell’isola. Si tratterebbe di fatto della creazione di un nuovo vulcano. Ma come facciamo a saperlo e cosa possiamo prevedere? Approfondiamo in questo articolo quali dati scientifici sono stati raccolti e che scenari permettono di prevedere riguardo alla possibilità di un'eruzione e la tipologia (effusiva o esplosiva).
I dati raccolti da strumenti a terra
Secondo i dati riportati dall’Iceland Met Office, da fine ottobre 2023 è iniziata una sequenza sismica che negli ultimi giorni (13-14 novembre) è aumentata in frequenza e ha portato a registrare oltre 1000 terremoti al giorno, i cui ipocentri si sono spostati verso il villaggio di Grindavík, dove vivono circa 3500 persone che sono state evacuate per precauzione. Per quanto una zona notoriamente attiva dal punto di vista sismico, tali valori rimangono eccezionali, dal momento che corrispondono al numero di terremoti annuali per il periodo 2014-2019.
La posizione superificiale degli ipocentri, intorno ai 3-5 km, insieme alle magnitudo particolarmente elevate (superiore a 4.0) fanno pensare al movimento di magma in prossimità del terreno e una sua possibile fuoriuscita dal vicino vulcano Fagradalsfjall, motivo per cui si è deciso di dichiarare lo stato di emergenza per l’area nei giorni precedenti ed evacuare i residenti.
Al momento le decisioni dell’Iceland Met Office tengono conto anche di altri due parametri di integrazione alle informazioni sismiche: misurazioni di gas e deformazioni del suolo, come abbiamo visto recentemente con i Campi Flegrei.
In particolare, gli scienziati tengono sotto controllo la concentrazione di anidride solforosa (SO2) il cui flusso dal terreno verso l’atmosfera è indicativo della presenza, profondità e pressione del magma nel sottosuolo. I sensori sono stati posizionati nelle fratture createsi proprio a causa della recente e rinnovata attività vulcanica.
Lo strumento utilizzato, noto come DOAS (Differential Optical Absorption Spectrometer), viene montato a terra, da dove invia un segnale elettromagnetico che viaggia attraverso l’aria per colpire un sensore posizionato a distanza. Sulla base delle lunghezze d’onda assorbite dall’aria siamo in grado di risalire alla presenza e concentrazione di SO2. Tuttavia, questi sensori hanno bisogno della luce del sole per funzionare e quindi farli lavorare durante l’inverno islandese è problematico.
I dati satellitari
Infine abbiamo i satelliti. In particolare utilizziamo delle piattaforme radar per misurare le deformazioni al suolo con precisione millimetrica grazie alla tecnica InSAR. Grazie alle immagini satellitari dei satelliti Cosmo-SkyMed e ICEYE è stato possibile quantificare gli effetti dei terremoti: alcune porzioni di Grindavik sono sprofondate di 1 metro nel giro di 24 ore!
Mettendo insieme questi dati ha dato maggiori dettagli agli esperti per ipotizzare cosa stia succedendo in profondità: la presenza di un corpo magmatico a meno di 1 km dalla superficie, lungo un estensione di circa 15 km che attraversa anche il villaggio di Grindavik e in parte arriva a mare.
Ci sarà un'eruzione?
A questo punto la domanda che tutti ci stiamo facendo è: ci sarà un'eruzione, e se sì sarà effusiva o esplosiva? Per rispondere, riportiamo un’estratto di una recente intervista alla vulcanologa Sara Barsotti che lavora presso l'Iceland Met Office:
Alla luce degli ultimi dati, la probabilità di un'eruzione è molto aumentata. Lo scenario più probabile è di un'eruzione effusive ma alla luce dell'estensione del dicco magmatico, stiamo aggiungendo lo scenario di un'eruzione che potrebbe avvenire in mare. Sarebbe in tal caso un'eruzione inizialmente esplosiva.
Considerato che la situazione è in continua evoluzione, continui aggiornamenti a questi dati (e scenari eruttivi o no) sono disponibili sul sito dell’Iceland Met Office e della webcam con dati in tempo reale dal vulcano Svartsengi, in prossimità di Grindavik.