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19 Aprile 2024
9:30

Scoperto il buco nero stellare più grande della Via Lattea: cosa sappiamo su Gaia BH3

Scoperto un buco nero da record nella nostra galassia con una massa 33 volte più grande del Sole: si chiama Gaia BH3, si trova a una distanza di quasi 2.000 anni luce dalla Terra ed è il secondo più vicino al nostro Pianeta. La scoperta grazie a un team il cui primo autore è l'italiano Pasquale Panuzzo.

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Scoperto il buco nero stellare più grande della Via Lattea: cosa sappiamo su Gaia BH3
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Individuato grazie alle osservazioni del telescopio spaziale Gaia dell'ESA è stato individuato Gaia BH3, il buco nero di origine stellare più massiccio mai individuato nella Via Lattea, con una massa circa 33 volte più grande di quella del Sole. Si trova nella direzione della costellazione dell'Aquila a una distanza di soli 1926 anni luce, una misura che lo rende il secondo buco nero più vicino al Sistema Solare. È il terzo buco nero identificato all'interno di un catalogo di quasi un miliardo e mezzo di sorgenti rilasciato dall'ente spaziale europeo nel 2022: sono stati necessari quasi due anni di lavoro per arrivare alla pubblicazione di uno studio guidato dall'italiano Pasquale Panuzzo.

Attenzione: Gaia BH3 non è il buco nero più massiccio che si conosca (che si chiama TON 618 e ha 66 miliardi di masse solari) ma il buco nero stellare più massiccio, cioè la cui origine diretta è la morte di una stella di grande massa, mentre i buchi neri supermassicci come TON 618 o Sagittarius A* al centro della nostra galassia si formano non dal collasso delle stelle ma hanno un'origine legata all'evoluzione delle galassie che li ospitano.

Come è stato scoperto Gaia BH3

Un buco nero è estremamente difficile da osservare direttamente, poiché non emette luce. In alcuni casi è possibile individuarlo grazie alla materia che precipita verso di esso, che scaldandosi emette radiazione elettromagneetica; in altri casi invece non ci sono materiali che cadono verso il buco nero, e non è quindi possibile vederlo in questa maniera: vengono quindi indicati come buchi neri "dormienti". Tuttavia, anche se invisibili alle rilevazioni dirette, questi buchi neri esercitano comunque la loro attrazione gravitazionale sugli oggetti che si muovono intorno ad essi, influenzando il loro moto. Questi movimenti possono essere misurati in maniera molto precisa, rivelando la presenza del buco nero.

Simulazione delle orbite di stelle molto vicine al buco nero supermassiccio nel cuore della Via Lattea. Credits: ESO/L. Calçada/spaceengine.org.
Simulazione delle orbite di stelle molto vicine al buco nero supermassiccio nel cuore della Via Lattea. Credits: ESO/L. Calçada/spaceengine.org.

È questo il caso di BH3, che è stato individuato grazie al moto di una stella che orbita intorno ad esso: BH3 fa parte infatti di un sistema binario, la cui compagna è una stella molto "anziana", costituita quasi completamente da elementi leggeri formati durante le prime fasi dell'universo primordiale, riconoscibili per la bassa percentuale di elementi più pesanti, che sono stati forgiati nel cuore di altre stelle.  Questa compagna è una stella di tipo K2, una stella piccola di colore arancione, con una massa di circa 0.76 masse solari, che orbita intorno al buco nero con un periodo di 11,6 anni. La posizione di questa stella è stata misurata con grande precisione dagli strumenti del satellite Gaia per un periodo di 5 anni e mezzo, accumulando dati a sufficienza per tracciare la sua orbita completa e calcolare così le caratteristiche dell'oggetto che la influenzava.

Quanto è grande e dove si trova Gaia BH3

Il buco nero risulta quindi avere una massa pari a ben 33 volte la massa del Sole: da questo dato si possono calcolare le dimensioni del suo orizzonte degli eventi, che risulta avere un diametro di circa 200 kilometri. Si tratta di un dato molto elevato per un buco nero di origine stellare: il più grande osservato fino a ieri era Cygnus X-1, un oggetto nella direzione della costellazione del Cigno noto dal 1964, con una massa stimata intorno a 21 masse solari, e una distanza di oltre 7.000 anni luce. BH3 è invece molto più vicino: con una distanza di circa  2.000 anni luce, è il secondo buco nero più vicino alla Terra mai osservato finora (il record appartiene a Gaia BH1, un altro buco nero individuato dalla missione Gaia che si trova a solo 1.500 anni luce da noi). Un precedente studio aveva individuato un buco nero di origine stellare, Lb-1, la cui massa era stata stimata addirittura a 70 masse solari, ma calcoli più recenti hanno abbassato le stime a meno di 20 masse solari, quindi meno di Gaia BH3.

Confronto tra le dimensioni dei tre buchi neri più massicci noti nella nostra galassia: Gaia BH1, Cygnus X–1, e Gaia BH3. Credits: ESO/M. Kornmesser.
Confronto tra le dimensioni dei tre buchi neri più massicci noti nella nostra galassia: Gaia BH1, Cygnus X–1, e Gaia BH3. Credits: ESO/M. Kornmesser.

La scoperta del buco nero da record nella Via Lattea

Lo studio è stato firmato dalla Collaborazione Gaia, uno sforzo internazionale che raccoglie e analizza i dati provenienti da Gaia, un satellite per osservazioni astronomiche dell'ESA, l'agenzia spaziale europea, che si trova in orbita intorno a L2, il secondo punto lagrangiano (ossia di equilibrio dinamico) del sistema Terra-Sole, lo stesso del telescopio spaziale James Webb della NASA e della missione Euclid dell'ESA. La missione di Gaia consiste nel misurare in maniera estremamente precisa la posizione e la luminosità di un numero elevatissimo di stelle, che la rende perfetta per l'individuazione di qualsiasi anomalia nel movimento di un oggetto astronomico.

Il satellite astrometrico Gaia sullo sfondo della Via Lattea. Credits: ESA/ATG medialab; background: ESO/S. Brunier.
Il satellite astrometrico Gaia sullo sfondo della Via Lattea. Credits: ESA/ATG medialab; background: ESO/S. Brunier.

Grazie a questa capacità, le osservazioni eseguite da Gaia hanno potute mostrare il particolare moto di oscillazione di una stella nella costellazione dell'Aquila, che suggeriva la presenza di un oggetto di grande massa nelle vicinanze della stella che però risultava invisibile in nessuna delle osservazioni. Questo ha portato gli scienziati ad analizzare con molta attenzione questo fenomeno, deducendo che l'unica spiegazione possibile era la presenza di un grande buco nero di origine stellare intorno al quale orbitava la stella originale. La scoperta è stata poi confermata con i dati di osservatori a terra, come il VLT (Very Large Telescope) dell'ESO (European Southern Observatory, l'osservatorio europeo per il cielo australe), che hanno permesso di stimare con precisione la distanza e la massa del buco nero.

I tre buchi neri di origine stellare scoperti finora dalla missione Gaia. Credits: ESA/Gaia/DPAC.
I tre buchi neri di origine stellare scoperti finora dalla missione Gaia. Credits: ESA/Gaia/DPAC.

La scoperta è stata annunciata in un articolo accettato dalla rivista Astronomy & Astrophysics, e porta come primo nome quello di un ricercatore italiano, Pasquale Panuzzo, che lavora come ingegnere all’Osservatorio di Parigi all'interno del CNRS (Centre national de la recherche scientifique, il principare ente di ricerca francese). L'articolo sottolinea come la scoperta di buchi neri di origine stellare con massa elevata confermi i dati ricavati dalle osservazioni delle onde gravitazionali: considerando la bassa percentuale di elementi chimici pesanti della stella compagna, questo rafforza l'ipotesi che questi buchi neri stellari massicci siano molto antichi, e possano aver fatto parte originariamente della popolazione degli ammassi globulari, strutture che si trovano nell'alone della Via Lattea e costituiscono dei resti della fasi iniziali della formazione della nostra galassia.

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