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30 Maggio 2025
6:00

Secondo uno studio immettere polvere di diamante in atmosfera può abbassare la temperatura della Terra

Secondo uno studio, l’immissione di circa 5 milioni di tonnellate all’anno di polvere di diamante nella stratosfera potrebbe contribuire a combattere i cambiamenti climatici e ridurre le temperature della Terra fino a 1,6 °C.

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Secondo uno studio immettere polvere di diamante in atmosfera può abbassare la temperatura della Terra
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L’immissione annuale di 5 milioni di tonnellate di polvere di diamante nell’atmosfera contribuirebbe al raffreddamento del pianeta fino a 1.6 °C; questa soluzione geoingegneristica è stata illustrata nello studio recentemente pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Geophysical Research Letters da ricercatori dell'Università di Zurigo. Non si tratterebbe, tuttavia, di una proposta concreta, bensì dei risultati di simulazioni numeriche. Gli esperti stimano che, qualora un’operazione di tale portata venisse effettivamente realizzata, il costo supererebbe i 170 trilioni di dollari statunitensi nel corso del secolo. Le proposte di geoingegneria, non sono nuove e si tratta di interventi su larga scala volti alla mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici. Sono di idee stravaganti e talvolta persino fantasiose, come il lancio di specchi nello spazio per riflettere la radiazione solare o la fertilizzazione gli oceani con composti a base di ferro per stimolare la crescita del fitoplancton e, di conseguenza, accelerare la sottrazione di CO2 dall’atmosfera.

Dai composti di zolfo alla polvere di diamanti: i risultati dello studio

Il nuovo studio, guidato da ricercatori dell’Università di Zurigo, cerca di rispondere alla domanda: qual è il composto più adatto da rilasciare nell’atmosfera? Per farlo, gli esperti hanno costruito un modello climatico che incorpora sia la chimica sia la cinematica di diversi aerosol, ovvero il modo in cui vengono trasportati, come reagiscono con i composti già presenti in atmosfera e, soprattutto, le loro capacità di assorbire e riflettere il calore.

Il modello ha considerato due proprietà microfisiche fondamentali degli aerosol: la sedimentazione, ovvero come e quanto velocemente si depositano fuori dalla stratosfera nel tempo, e la coagulazione, cioè la tendenza ad aggregarsi tra loro. Infatti, affinché tali aerosol svolgano efficacemente la loro funzione riflettente, dovrebbero depositarsi lentamente, garantendo così un effetto di raffreddamento più duraturo. Gli agglomerati di particelle, invece, tendono a sedimentare più velocemente e, allo stesso tempo, la loro superficie irregolare ne riduce le proprietà riflettenti.

I ricercatori hanno preso in considerazione sette composti: biossido di zolfo, allumina, calcite, carburo di silicio, due minerali a base di titanio (anatasio e rutilo) e diamante, simulando gli effetti della loro immissione in atmosfera su un arco temporale di 45 anni. I risultati hanno mostrato che la polvere di diamante possiede il maggiore potere riflettente, rimane sospesa in aria più a lungo senza aggregarsi e non reagisce con le sostanze naturalmente presenti nell’atmosfera. Il biossido di zolfo e il rutilo, invece, sono risultati i meno efficaci tra i composti analizzati.

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L’immagine mostra alcuni dei risultati delle simulazioni numeriche e, in particolare, la variazione delle temperature a varie latitudini indotta dall’immissione di biossido di zolfo (a) e particelle di diamante (b). La temperatura è espressa in gradi Kelvin. Credit: Vattioni et al., 2024 / Geophysical Research Letters.

Costi e limitazioni dell'immisione di polvere di diamante nell'atmosfera

Secondo gli autori dello studio, l’immissione di circa 5 milioni di tonnellate all’anno di polvere di diamante nella stratosfera potrebbe comportare un raffreddamento del pianeta pari a 1,6 °C.L’impresa, tuttavia, presenta numerose sfide, a cominciare dai costi. Con un prezzo stimato di circa 500.000 dollari per tonnellata, l’utilizzo dei diamanti sintetici comporterebbe una spesa complessiva fino a 175 trilioni di dollari se impiegati dal 2035 al 2100.

A questi costi andrebbero aggiunte le difficoltà logistiche legate alla procedura di immissione della polvere nella stratosfera. A differenza di un gas come il biossido di zolfo, che può essere iniettato in grandi quantità e disperso rapidamente con pochi voli, le particelle solide di diamante dovrebbero essere distribuite gradualmente tramite numerose missioni, per evitare che si formino delle nubi di aggregati che ne ridurrebbero l’efficacia.

Alle difficoltà tecniche ed economiche si somma l’incertezza sugli effetti collaterali a lungo termine derivanti dall’introduzione di tali sostanze nell’atmosfera. Secondo molti esperti, l’unico aerosol che dovrebbe essere oggetto di studio approfondito è il biossido di zolfo, in quanto rappresenta un composto naturalmente emesso dai vulcani, per il quale esiste una vasta disponibilità di dati nel record geologico, utili a comprenderne il potenziale e i limiti in un contesto di geoingegneria solare.

Immissione di aerosol in atmosfera

L’immissione di aerosol in atmosfera rappresenta, senza dubbio, uno degli approcci di geoingegneria più studiati negli ultimi due decenni per contrastare i cambiamenti climatici. Dal punto di vista tecnico, questa strategia consiste nell’introdurre ingenti volumi di particelle riflettenti, solide, liquide o gassose, con dimensioni ben inferiori a un diecimillesimo di centimetro, nella stratosfera – il secondo strato dell’atmosfera terrestre, situato tra circa 15 e 60 km di altitudine – con l’obiettivo di riflettere una porzione significativa della radiazione solare direttamente nello spazio. In questo modo si aumenterebbe l’effetto albedo (capacità di una superficie di riflettere la radiazione solare), contribuendo a ridurre il quantitativo di radiazione solare incidente sulla superficie terrestre.

Questa tipologia di approccio ha suscitato grande interesse poiché si ispira a un processo geologico chiave nel regolare il clima terrestre: il vulcanismo. Nel corso delle ere geologiche, infatti, violente eruzioni vulcaniche hanno immesso in atmosfera enormi volumi di gas e particolato, contribuendo a schermare la superficie terrestre dal calore solare. Un esempio relativamente recente è l’eruzione del Monte Pinatubo, avvenuta nel 1991 nelle Filippine, le cui emissioni provocarono un abbassamento delle temperature globali di circa 0,5 °C per diversi anni.

Eruzione del 1991 del Monte Pinatubo, nelle Filippine. Credit: Wikimedia Commons.
Eruzione del 1991 del Monte Pinatubo, nelle Filippine. Credit: Wikimedia Commons.
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