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22 Aprile 2023
7:30

Com’è fatto Starship, il razzo da record di SpaceX che porterà l’Uomo sulla Luna

Il 20 aprile è stato ufficialmente testato il razzo Starship di SpaceX. Ma quali sono le sue caratteristiche? E quali sono i record che ha superato?

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Com’è fatto Starship, il razzo da record di SpaceX che porterà l’Uomo sulla Luna
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I 120 metri di altezza di Starship si stagliano sulla costa di Boca Chica, in Texas, dove sorge la base spaziale di SpaceX. Il primo tentativo di lancio del razzo più grande, potente e avanzato di sempre è avvenuto lunedì 17 aprile ma è stato rimandato pochi minuti prima del lancio per via di un problema di pressurizzazione dovuto a una valvola congelata. L'azienda americana ha annunciato un nuovo tentativo per giovedì 20 aprile che si è concluso con l'esplosione del razzo. Ciononostante il test è stato considerato un successo perché l'obiettivo primario era quello di evitare l'esplosione del razzo durante la fase di lancio. Ma come è fatto esattamente Starship?

Perché Starship è un razzo rivoluzionario

Il motivo per cui il debutto di Starship è così importante risiede nel fatto che il nuovo razzo di SpaceX promette di rivoluzionare il volo spaziale umano negli anni a venire.
Si tratta innanzitutto del primo razzo completamente riutilizzabile. Questo significa che entrambi gli stadi che lo compongono sono in grado di rientrare in modo da poter essere usati nuovamente per voi futuri. Questo permette di abbattere drasticamente sia i costi di lancio sia i tempi di preparazione al lancio stesso.

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Starship assemblato pronto sulla base di lancio a Boca Chica (credit: SpaceX).

Inoltre, Starship è il primo razzo privato e riutilizzabile progettato per portare carichi ed esseri umani oltre l’orbita bassa. Il secondo stadio del razzo, in particolare, sarà in grado di raggiungere la Luna e Marte. Ma non solo: per la prima volta nella storia dell'esplorazione spaziale, il secondo stadio di Starship potrà addirittura decollare autonomamente dalla Luna o da Marte per tornare qui sulla Terra. Non è un caso se le missioni di allunaggio del programma Artemis (la prima, Artemis III, è prevista per il 2025) faranno uso di una versione modificata del secondo stadio di Starship per la discesa sul nostro satellite.

Nelle intenzioni di Elon Musk, fondatore e amministratore delegato di SpaceX, Starship sarà il mezzo di trasporto dei primi esseri umani ad andare su Marte.

Come è fatto Starship

Complessivamente il razzo è alto 120 metri ed presenta 33 motori nel primo modulo, chiamato Super Heavy, e 6 nel secondo, Starship. Vediamo ora i due moduli nel dettaglio, analizzando quali sono le loro principali caratteristiche.

Le caratteristiche dello stadio Super Heavy

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Il Super Heavy durante un test di accensione dei motori (credit: SpaceX).

Il primo stadio di Starship si chiama Super Heavy. È largo 9 metri, alto  70 metri, pesa quasi 200 tonnellate e può ospitare oltre 3000 tonnellate di carburante. Può contare sulla propulsione fornita da ben 33 motori Raptor di seconda generazione. I 13 motori periferici di questi hanno una certa mobilità e verranno usati per orientare lo stadio in posizione verticale per permetterne il rientro; i 20 rimanenti invece sono fissi e servono solamente per produrre spinta.

Complessivamente, i motori del Super Heavy sono in grado di generare una spinta che arriva fino a 74 milioni di newton. Per fare un confronto, è quasi il doppio della potenza prodotta dallo Space Launch System (SLS), il lanciatore che la NASA usa per il programma lunare Artemis.

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I 33 motori Raptor montati a bordo del Super Heavy (credit: SpaceX).

I suoi motori sono alimentati a metano e ossigeno liquidi. Questa è una caratteristica interessante poiché si discosta da quella fatta per SLS, che è alimentato a idrogeno e ossigeno liquidi. Il metano, pur essendo meno efficiente dell’idrogeno a livello energetico, è più semplice da gestire soprattutto a temperature criostatiche.

La struttura è composta di acciaio inossidabile, un materiale che per la sua elevata densità non è utilizzato molto spesso nei viaggi spaziali, che preferiscono materiali più leggeri come le leghe di alluminio o la fibra di carbonio. SpaceX lo ha scelto, oltre che per la sua resistenza, soprattutto per la sua facile reperibilità e il suo basso costo, che lo rendono adatto alla produzione in serie di numerosi prototipi garantendo allo stesso tempo che i lanci siano relativamente economici.

Il secondo stadio: Starship

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Starship durante la fase di assemblaggio con il Super Heavy (credit: SpaceX).

Ma il protagonista di questo razzo è soprattutto il suo secondo stadio, che si chiama Starship come il razzo nel suo complesso. È largo 9 metri, alto 50 metri e pesa quasi 100 tonnellate. Può contenere fino a 1200 tonnellate di carburante. Ha un volume di carico di 1000 m³ ed è in grado di portare in orbita 100 tonnellate, entrambi valori senza precedenti.

È dotato di 6 motori Raptor 2, tre dei quali funzioneranno durante i movimenti nell'atmosfera e tre sono invece progettati per lavorare nel vuoto dello spazio. Anche questi motori sono alimentati a metano e ossigeno. I motori atmosferici possono cambiare orientazione per far atterrare lo stadio in verticale.

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I 6 motori di Starship. Quelli lateriali, con la campana più grande, sono quelli progettati per funzionare nel vuoto (credit: SpaceX).

Dovendo rientrare da quote molto alte e a velocità elevate, Starship è dotato di una protezione termica che è assente invece nel Super Heavy. Per le manovre in atmosfera è dotato anche di 4 "alette", due superiori e due inferiori. A differenza del primo stadio, il secondo ha già volato. Nel maggio 2021 il prototipo SN15 è riuscito a effettuare un test di volo ad alta quota e rientrare a terra con successo in posizione verticale.

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Il prototipo SN15 di Starship subito dopo il suo atterraggio (credit: SpaceX).
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Filippo Bonaventura
Content editor coordinator
Laureato in Astrofisica all’Università di Trieste e ha conseguito un Master in Comunicazione della Scienza presso la SISSA di Trieste. È stato coordinatore della rivista di astronomia «Le Stelle», fondata da Margherita Hack. Insieme a Lorenzo Colombo e Matteo Miluzio gestisce il progetto di divulgazione astronomica «Chi ha paura del buio?». Vive e lavora a Milano.
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