Grazie ad una sempre maggiore diffusione di internet e alla disponibilità di connessioni performati, è possibile accedere in tempo reale a svariati contenuti audiovisivi sul web, come le web tv. Questa tecnica prende il nome di streaming. Vediamo come funziona, come differisce dal download e quali requisiti richiede.
Breve storia dello streaming
Probabilmente tutti noi ricordiamo il suono metallico e caratteristico dei vecchi modem 56k e, ancor più vivo, potrebbe essere il ricordo di quanto tempo era necessario per scaricare un file. Minuti (se non ore) intermiabili trascorsi con le dita incorociate sperando che la connessione non “cadesse” o che le fonti fossero sempre reperibili. Oltretutto, le prime offerte dati non prevedevano le tariffe flat: si pagava a consumo. Il tempo trascorso on line era limitato alla ricerca delle informazioni utili mentre, per scaricare qualcosa di più “impegnativo” potevano servire anche varie sessioni di connessione (diversi giorni).
La storia è decisamente cambiata oggi: tariffe basse, connessioni iperveloci, contenuti sempre disponibili e una miriade di dispositivi connessi, ci permettono di accedere a tutto ciò che serve, in ogni momento e da qualunque posto. Questo è lo streaming (dall’inglese scorrere) che indica un insieme di tecniche informatiche per la trasmissione e ricezione di un flusso dati, sfruttando la rete. Potrebbe a prima vista sembrare un sinonimo del download di un contenuto ma esistono alcune differenze sostanziali. Vediamo quali sono.
Come funziona lo streaming
Immaginiamo di voler portare su per le scale una valigia molto pesante, da soli: probabilmente non ci riusciremmo o avremmo bisogno di tanto tempo per arrivare in cima. Dividerne il contenuto in piccole parti ed effettuare più viaggi, potrebbe essere molto più agevole: non ci facciamo carico dell’enorme peso e, mano a mano che abbiamo a disposizione il contenuto iniziamo ad usarlo. Così, mentre poco per volta ci arriva ciò che c’era in valigia, abbiamo esaurito il suo contenuto. Risultato: contenuto scaricato e minor fatica (a parte il salire le scale, ma per i pc i carichi di lavoro non sono così faticosi).
Questa è, più o meno, la tecnica che usano i pc per trasferire grandi quantità di dati: la nostra valigia potrebbe essere un film, un programma, un podcast. Viene diviso in piccole parti, detti pacchetti di dati, inviati al richiedente. Qui vengono raccolti e riassemblati dal browser o da un’ applicazione: appena i pacchetti saranno disponibili in numero sufficiente, inizierà la riproduzione o l'esecuzione del contenuto. Questa tecnica è detta buffering, e prende il nome dal “buffer”, ossia una "memoria tampone" nella quale un’applicazione deposita i pacchetti dati.
Mano a mano che si riempie il buffer, il nostro contenuto viene mandato in esecuzione. Tutti noi avremo notato, quando vediamo un film o una diretta sul web, la barra in basso riempirsi (o colorarsi a tratti); quando questi tratti saranno pieni, avremo a disposizione l’immagine e l’audio. Ecco un effetto del buffer. Ma cosa succede se si interrompe questo flusso di pacchetti? L'effetto è la comparsa al centro dello schermo di una rotella, una clessidra o un qualunque simbolo che ci ricorda di essere pazienti ed attendere la disponibilità dei pacchetti. Risultato: la nostra visione sarà più spezzettata e meno coinvolgente.
Differenze tra streaming e download?
A questo punto, potrebbe essere lecito domandarsi: che differenza c’è tra streaming e download? Ci sono due differenze sostanziali.
Per prima cosa, il download comporta la scrittura di file abbastanza grandi sul nostro disco del pc o dispositivo mobile. Al contrario i contenuti in streaming sono riproducibili senza scaricare alcunché. Inoltre, cambia un po’ la filosofia di utilizzo della rete: quando vogliamo scaricare un file, probabilmente non abbiamo la necessità di utilizzo in real time; in questo caso, anche se disponiamo di connessioni non particolarmente veloci, possiamo attendere di averlo del tutto scaricato ed eseguirlo in un secondo momento. Quando invece cerchiamo un contenuto in streaming, solitamente è perché lo vogliamo in tempo reale. In questo caso, se la nostra connessione non è sufficientemente veloce, la famosa (e antipatica) rotellina ci apparirà a schermo molte volte.
È un po’ come su una strada: maggiore sarà la sua larghezza, più veicoli potranno viaggiarci sopra; allo stesso modo, maggiore sarà la banda disponibile (misurata in megabyte/secondo o MB/s), maggiore sarà la capacità di trasferimento dati.
Cosa serve per avere un buon streaming
Per garantire una buona condivisione dei contenuti, è importante essere veloci. Questo vale dal lato degli utenti ma anche dei fornitori di servizi. Questi ultimi, infatti, hanno un’ infrastruttura di server distribuita in varie parti del mondo. In questo modo ottimizzano il percorso dei pacchetti nella rete cercando quelli più brevi e mantenendo in memoria la lista dei contenuti più richiesti nelle varie regioni regioni: ad esempio un server in Italia avrà in memoria le serie tv maggiormente guardate nel nostro Paese
Gli utenti, dal loro lato, dovranno avere una connessione performante il che, prima di tutto, è fondamentale per poter avere un’esperienza di visualizzazione dei contenuti apprezzabile. Anche la propria rete domestica dovrà essere ottimizzata, garantendo che sia realizzata in modo opportuno, tenendo conto di:
- quanti utenti dovranno essere connessi contemporaneamente;
- quanta banda serve per il nostro collegamento (per i contenuti streaming almeno 5 MB/s) e di conseguenza il tipo di abbonamento internet.
Se decidiamo di connetterci in WiFi, andrà valutata la disponibilità del segnale nei luoghi in cui vogliamo usare i nostri dispositivi: assicuriamoci quindi di avere un buon segnale in soggiorno prima di accomodarci sul divano a vedere un film e scongiuriamo di mandare in onda sempre la solita e antipatica rotellina.