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31 Marzo 2023
9:58

Cos’è la “plasticosi” degli uccelli marini e perché abbiamo cominciato a parlarne?

La "plasticosi" è una patologia osservata in alcuni uccelli marini provocata dall'ingestione accidentale di plastica. Perché questo potrebbe essere un pericolo per l'Uomo in futuro?

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Cos’è la “plasticosi” degli uccelli marini e perché abbiamo cominciato a parlarne?
plasticosi

Un nuovo studio sugli effetti dell’inquinamento da plastica per la fauna selvatica ha riportato di recente l’attenzione degli scienziati e dell’opinione pubblica sul tema, accendendo i riflettori anche sui possibili risvolti per la salute umana. I risultati pubblicati chiariscono come i frammenti di plastica dispersi in mare possano essere letali una volta ingeriti accidentalmente da alcuni uccelli marini. Le parti taglienti e spigolose dei frammenti sono in grado di lacerare letteralmente l’apparato digerente degli esemplari, inducendo la formazione di tessuto cicatriziale nella sede del taglio, minandone la salute e la sopravvivenza.

Essendo l'inquinamento da plastica un fenomeno sempre più diffuso e in crescita a livello globale, è molto probabile che in un futuro non troppo lontano l'esposizione toccherà inevitabilmente tutti gli organismi della Terra. Uomo incluso. Ma andiamo con ordine: cosa è stato osservato? Perché si parla di “plasticosi” e in che modo il fenomeno ci riguarda?

La ricerca sulle berte

Un gruppo di ricercatori australiani e membri del National History Museum di Londra ha esaminato le carcasse di decine di uccelli marini, le berte piedicarnicini (Ardenna carneipes), morti nelle spiagge di Lord Howe, a 600 chilometri dalle coste australiane. Da tempo avevano cominciato ad osservare alcune anomalie nell’aspetto e nello stato di salute di questi esemplari, che apparivano ogni anno sempre più deperiti e malati.

berte piedicarnicini
Credit: Brian Gratwicke, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons

Le berte piedicarnicini sono uccelli dal piumaggio marrone scuro e le zampe rosa che nidificano in autunno sull'isola di Lord Howe, una piccola e remota lingua di terra dell'Australia orientale, e si cibano di pesci e invertebrati marini. Quando gli studiosi esaminarono le carcasse degli individui ritrovati sulle spiagge – la maggior parte di questi molto giovani- osservarono nello stomaco di ciascuno segni di un’eccessiva produzione di tessuto cicatriziale e anomalie nella morfologia del proventricolo, la sezione dell’apparato digerente posta tra il gozzo e l’inizio delle anse intestinali.

Il risultato delle autopsie

Dai risultati delle autopsie sappiamo che il 90% dei reperti conteneva plastica nello stomaco e che la presenza di tessuto cicatriziale e segni di infiammazione cronica sono tipici di una malattia fibrotica specifica. Il termine “plasticosi” venne quindi coniato dagli scienziati per le caratteristiche comuni ad altre malattie fibrotiche, quali la silicosi e l'asbestosi. La differenza con queste ultime sta nella sede delle lesioni: silicosi e asbestosi si verificano nei polmoni per inalazione di fibre minerali siliciche, mentre la plasticosi nello stomaco, per ingestione di plastica.

I macroframmenti plastici appuntiti e grandi almeno 5 millimetri possono aver non solo bloccato e perforato i tratti digestivi delle berte, ma ne avrebbero alterato addirittura il comportamento alimentare. Nei casi più gravi, l’accumulo di plastica da ingestione involontaria porta l'animale a morire di fame più che per le perforazioni. Ciò avviene perché in uno stomaco indurito e pieno di plastica, lo spazio per nuovi alimenti è limitato e la digestione è gravemente compromessa sia dall’eccesso di tessuto cicatriziale che dall’impossibilità di secernere enzimi digestivi o assorbire sostanze nutritive.

Immagine
Frammenti di plastica e altri materiali sono stati ritrovati in 9 individui su 10 durante le autopsie.

Ecco spiegato come dal 2010 i biologi abbiano osservato un crollo della massa corporea media degli esemplari, associato a una concentrazione maggiore di frammenti di plastica nello stomaco. Spesso, le berte ingeriscono involontariamente frammenti di materiale naturale vario e abrasivo, quale la pomice, ma mai prima di questo studio erano stati osservati gli stessi danni ai tessuti per effetto della plastica.

Perché (e quanto) la cosa ci riguarda?

Il discorso fatto per le berte piedicarnicini riguarda per estensione anche altri animali marini come pesci, molluschi e crostacei, buona parte dei quali filtra l'acqua o il fondale per cibarsi di piccoli invertebrati. L'alimentazione è ciò che ci lega a questo fenomeno perché, alimentandoci di questi organismi, inevitabilmente introduciamo la plastica che loro hanno ingerito in precedenza, accumulandola anche con altri alimenti della nostra dieta e acqua che per vari motivi risultano contaminati.

Alcuni studi epidemiologici evidenziano come, nelle persone con malattia infiammatoria intestinale (IBD), vi sia un'associazione della malattia con livelli elevati di microplastiche nelle feci (laddove non correlata a patologie più complesse). Un altro problema è che i frammenti plastici funzionano bene da superficie di crescita e veicolo per parassiti e microbi patogeni i quali, liberi di viaggiare all’interno del nostro organismo insieme alle sostanze chimiche che possono liberarsi dalla degradazione del materiale, hanno effetti potenzialmente pericolosi per la nostra salute.

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