La Polizia Morale iraniana (“Gašt-e Eršâd” in lingua farsi) è una branca delle forze dell'ordine dell'Iran che ha come missione quella di promuovere i costumi islamici e reprimere qualsiasi "devianza" in materia. Questo organo di polizia religiosa è attivo, sotto diverse denominazioni, sin dalla Rivoluzione Iraniana del 1979. Si è guadagnata nel corso del tempo una pessima fama, essendo sempre stata in prima linea nell'azione di repressione dei movimenti per l'emancipazione femminile così come nel punire le donne macchiatesi del “crimine” di trasgredire con il proprio abbigliamento i dettami del Codice che disciplina la stretta aderenza alla Shari'a e ai valori dell'Islam, con l'obbligo, ad esempio, di indossare il velo. A questo proposito è tristemente noto l'episodio dell'uccisione a Teheran (il 16 settembre 2022) da parte delle forze dell'ordine di Mahsa Amini, ragazza accusata di aver indossato scorrettamente l'hijab, fatto che ha scatenato violente proteste contro il regime degli ayatollah in tutto l'Iran.
Origine e missione della Polizia Morale
Nel periodo subito successivo alla Rivoluzione Islamica del 1979, le autorità rivoluzionarie appena insediatesi decisero di istituire, a partire dalla galassia di formazioni paramilitari che avevano sostenuto la causa del neo presidente Khomeini, un nuovo corpo armato, che aveva come missione la tutela dell'ordine pubblico, denominato “Comitati della Rivoluzione Islamica” che andava ad affiancare le preesistenti Shahrbani (letteralmente “Servizio d'Ordine”, nome con il quale era nota la “polizia cittadina”) e Gendarmeria (nome con il quale era invece nota la “polizia rurale”). A differenza di queste ultime però, i “Comitati” avevano anche la missione di assicurarsi la piena adesione della popolazione ai dettami della Rivoluzione Islamica, in particolar modo in relazione al vestiario.
Nel 1991, a seguito di una completa riorganizzazione delle Forze Armate e di Sicurezza della Repubblica Islamica dell'Iran, la Shahrbani, la Gendarmeria e i Comitati della Rivoluzione Islamica vennero fusi in un'unica struttura denominata Forza Disciplinare della Repubblica Islamica dell'Iran (in pratica la Polizia). All'interno di questa grande struttura, poi divisa in numerosi dipartimenti con competenze diverse, la cosiddetta “Polizia Morale” andò a ereditare in modo specifico la missione dei vecchi Comitati.
La Polizia Morale e la condizione della donna in Iran
Leggendo le notizie di cronaca estera è facile capire la ragione per la quale la Polizia Morale iraniana si sia guadagnata nel tempo il nomignolo di “organo più odiato del regime degli ayatollah”. La Polizia Morale, infatti, ha il compito di vigilare, disciplinare e, in caso, reprimere, i comportamenti degli individui che nel sistema politico-valoriale della Repubblica Islamica dell'Iran sono considerati “deviati”. Esempi di questi comportamenti sono consumare alcol, suonare certi generi musicali, mescolare uomini e donne in luoghi non segregati, manifestare affetto pubblicamente mediante baci e abbracci, scambiarsi regali in occasione di celebrazioni “non-islamiche” come San Valentino, non presenziare all'ora della preghiera, non osservare in maniera scrupolosa il codice di abbigliamento islamico.
Quest'ultimo punto rappresenta un tasto dolente, specialmente per le donne iraniane, le quali iniziarono a protestare contro l'obbligo del velo già nel periodo immediatamente successivo alla Rivoluzione Iraniana. Nel corso delle imponenti proteste che hanno scosso l'Iran dopo l'uccisione di Mahsa Amini del 2022, la Polizia Morale è diventata l'obiettivo principale delle ire dei manifestanti, soprattutto i più giovani. Nonostante nel momento di massima intensità delle proteste vi fossero stati dei timidi annunci relativi a una possibile abolizione della Polizia Morale così come a una riforma del codice di abbigliamento islamico, nulla è stato realizzato in tal senso e, anzi, il regime ha reagito stringendo ulteriormente le maglie della repressione.
In quali altri Paesi esiste ancora una “polizia religiosa”
Sebbene quello iraniano costituisca il caso più eclatante, in realtà esistono altri esempi di “polizia religiosa” nel mondo. A oggi vi sono almeno 17 Paesi che presentano all'interno delle loro forze di sicurezza anche formazioni con compiti operativi analoghi a quelli della Polizia Morale iraniana. Parliamo del Comitato per la Promozione della Virtù e la Prevenzione del Vizio in Arabia Saudita, del Comitato per la Propagazione della Virtù e la Prevenzione del Vizio nella Striscia di Gaza sotto il controllo di Hamas e del Ministero per la Propagazione della Virtù e la Prevenzione del Vizio in Afghanistan sotto il controllo dei talebani.
Curiosamente, per un lungo periodo di tempo (dal 1959 al 2001), anche l'Italia ha avuto un reparto della Polizia di Stato che aveva come missione quella di proteggere la morale pubblica anche se, nella pratica, ciò si riferiva principalmente ai reati relativi al mondo della prostituzione e alla violenza sui minori, ambiti totalmente diversi rispetto al campo d'azione della Polizia Morale iraniana e agli altri corpi di polizia religiosa dei paesi islamici.