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14 Settembre 2024
15:00

Il giardino in bottiglia di Latimer che cresce senz’acqua da più di 50 anni: come sopravvive?

Una pianta rinchiusa in una bottiglia di vetro che non viene innaffiata da più di 50 anni e che si sostenta da sola, ricreando un ecosistema equilibrato. Come ci riesce? Oltre ad assorbire la luce solare, questo piccolo mondo in miniatura sopravvive da così tanto tempo perché l'ossigeno e l'umidità al suo interno sono sufficienti da permetterle la fotosintesi.

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Il giardino in bottiglia di Latimer che cresce senz’acqua da più di 50 anni: come sopravvive?
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Può sopravvivere una pianta se non viene innaffiata da più di 5o anni? Evidentemente sì, come testimonia il giardino in bottiglia realizzato nel 1960 dall'ottantenne britannico David Latimer. Pensate che l'ultima volta che la Tradescantia al suo interno ha visto l'annaffiatoio il presidente degli USA era Richard Nixon, nel lontano 1972. Questo giardino in bottiglia – che è un ecosistema in regime di auto-sostentamento da decenni – è chiuso da un turacciolo di plastica, ma non è immune all'esterno. Infatti, assorbe la luce del sole, ed è grazie a essa che può effettuare la fotosintesi, processo tramite il quale la luce del sole viene convertita nell'energia necessaria per crescere.

La fotosintesi è permessa anche dal fatto che quando delle parti della pianta muoiono i batteri presenti nel compost sul fondo della bottiglia usano l'ossigeno per scomporre le parti morte rilasciando anidride carbonica, permettendo a questo processo di continuare. Inoltre, è vero che non viene innaffiata, ma l'acqua presente al suo interno le basta per andare avanti: dalle radici passa alle foglie, condensa, ricade sul compost e ritorna  alle radici, rendendo  quindi l'acqua continuamente disponibile.

Quando è nato il giardino in bottiglia di Latimer e come lo ha realizzato

La domenica di Pasqua di dodici anni prima, nel 1960, Latimer compose con cura questo piccolo giardino imbottigliato, inserendo per prima cosa del compost sul fondo in cui poi inserì dei semi di Tradescantia, poi innaffiò il tutto con circa mezzo litro d'acqua e chiuse la bottiglia con un turacciolo di plastica. Per dodici anni non la riaprì, e la pianta crebbe in un angolo della casa sotto la luce diretta del sole. Nel 1972 Latimer pensò che la pianta potesse essere un po' secca, e così tolse il turacciolo e le diede dell'acqua (esattamente un quarto della pinta), ma poi decise che non avrebbe più tolto il tappo finché non fosse stato necessario. Quel momento, però, non è ancora arrivato.

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Latimer, che oltretutto non ha mai potato la pianta, la tiene nel sottoscala della sua abitazione a Cranleigh da più di trent'anni, a una temperatura di circa 13 gradi centigradi, perfetta per ridurre il suo bisogno di cure e quindi a farla vivere il più a lungo possibile.

Come fa il giardino in bottiglia a sopravvivere?

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Partiamo con dire che la pianta subisce l'influenza della luce solare esterna (che, come abbiamo accennato in apertura, le permette la fotosintesi) e di un modesto ricambio d'aria attraverso il turacciolo (la copertura in plastica che fa da tappo alla bottiglia). In questo modo la temperatura dell'ecosistema interno in equilibrio.

Se dopo tutti questi anni la pianta è ancora viva, però, non è solo per questi due motivi, ma anche perché ricicla le proprie risorse.

La fotosintesi trasforma l'anidride carbonica in ossigeno, che consente alla pianta di crescere. Quando alcune sue parti marciscono c'è il riciclo del carbonio, di altre sostanze e dell'umidità, che ritorna nell'ambiente, ed è proprio grazie a questi fattori che la pianta ha energia sufficiente per crescere. In particolare, l'umidità accumulata nella bottiglia rappresenta una fonte di acqua che ritorna ciclicamente alle radici: la condensa nella zona superiore, infatti, periodicamente ricade sulle altre aree della pianta che sono sotto, arrivando al compost e alle radici, dove viene assorbita, inviata alle foglie e poi di nuovo ritorna sotto forma di condensa.

C'è anche da aggiungere un altro dettaglio da non trascurare. La Tradescantia o erba miseria, un tipo di pianta che ha piccoli fiori poco notevoli, si piega (un po' tristemente) su se stessa e non ha bisogno di grandi risorse per essere coltivata (proprio per questo è una pianta infestante molto difficile da sradicare in natura). Nonostante richieda pochissima cura, dalle ultime foto disponibili è chiaro che la pianta di Latimer non presenta più fiori da molti anni, quindi non è certamente in gran forma come lo era tempo fa.

Il vaso verrà mai aperto?

Aprire il vaso potrebbe significare la morte della pianta, e proprio per questa ragione per ora l'opzione è stata scartata. Quando e se la pianta inizierà a dare segni di grave cedimento si potrà nuovamente contemplare questa via.

Certo è che il signor Latimer ha già una certa età, e che ha affermato che se i suoi figli non volessero la pianta, alla sua morte verrà donata alla Royal Horticultural Society.

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Veronica Miglio
Storyteller
Innamorata delle parole sin da bambina, ho scelto il corso di lingue straniere per poter parlare quante più lingue possibili, e ho dato sfogo alla mia vena loquace grazie alla radio universitaria. Amo raccontare curiosità randomiche, la storia, l’entomologia e la musica, soprattutto grunge e anni ‘60. Vivo di corsa ma trovo sempre il tempo per scattare una fotografia!
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