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L’idea avanzata da Donald Trump sulla Striscia di Gaza, che punta a trasferire circa 2 milioni di arabi palestinesi in paesi limitrofi come Giordania ed Egitto per realizzare una "Riviera del Medio Oriente" turistica, non ha chiari precedenti storici ma riporta alla memoria diversi episodi di deportazione ed esodo forzato. Tuttavia, tante sono le analogie quante le profonde differenze con i casi del passato, per esempio i trasferimenti imposti tra Grecia e Turchia dopo la Prima Guerra Mondiale, l’esodo degli italiani dall’Istria nel Secondo dopoguerra . Nel corso dei secoli lo spostamento forzato di una popolazione è stato visto come una “soluzione” ai conflitti, ma si tratta di una pratica controversa, assolutamente vietata dal diritto internazionale, in particolare dalla Quarta Convenzione di Ginevra del 1949.
Oltre agli aspetti giuridici, la proposta di Trump solleva interrogativi più profondi: qual è il vero scopo di un piano simile? Sebbene il contesto geopolitico sia totalmente diverso dai casi passati e non è possibile paragonarlo pedissequamente, l’idea di Trump per la Striscia di Gaza rientra in questo stesso schema, ma con implicazioni ancora più complesse.
Il Trattato di Losanna del 1923
Il Trattato di Losanna del 1923, che ridefiniva i confini della Turchia dopo la Prima guerra mondiale e sanava, in parte, le tensioni sorte dopo il Trattato di Sèvres (1920), prevedeva uno "scambio forzato" di greci ortodossi dalla Turchia e di musulmani dalla Grecia. La misura fu presentata come una soluzione diplomatica per ridurre le tensioni tra le due Nazioni, ma il prezzo pagato dalle popolazioni coinvolte fu altissimo: migliaia di persone furono costrette ad abbandonare le loro case, le loro città d’origine, il mondo in cui erano cresciute. Improvvisamente si ritrovarono in un contesto nuovo e spesso ostile, obbligate a ricostruire da zero un’identità che fino a quel momento avevano dato per scontata. Questo trasferimento di popolazioni, sebbene parte di un accordo internazionale, rappresentò una tragedia umanitaria, che ha segnato la memoria collettiva di entrambi i popoli.
L’esodo degli italiani dall’Istria
Un caso più recente di esodo di massa, meno strutturato perché non incluso in un accordo internazionale, riguarda la fuga degli italiani dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia dopo la Seconda guerra mondiale. Migliaia di famiglie si trovarono improvvisamente di fronte a una scelta impossibile: restare in territori ormai sotto il controllo della Jugoslavia di Tito, rischiando ritorsioni e discriminazioni, oppure abbandonare tutto e ricominciare altrove. In molti furono costretti a partire senza poter portare nulla con sé, lasciandosi alle spalle case, ricordi, legami. Il trauma di questa fuga forzata ha segnato intere generazioni e ancora oggi resta un capitolo doloroso della storia italiana, spesso poco raccontato ma ancora vivido nella memoria di chi lo ha vissuto.
Midhat Pasha e il piano mai realizzato di una deportazione "controllata"
Anche nel XIX secolo ci furono tentativi di usare gli spostamenti di popolazioni come strumento politico. Ahmed Midhat Pasha, importante statista ottomano, propose di risolvere le tensioni nate dopo la guerra russo-turca del 1878 trasferendo i musulmani dai territori bulgari diventati indipendenti e scambiandoli con i cristiani bulgari rimasti sotto il controllo ottomano. L’idea, che non fu mai realizzata, rappresenta un’anticipazione teorica delle politiche che sarebbero state applicate decenni dopo, come nel caso del Trattato di Losanna. L’idea che lo spostamento forzato potesse risolvere i conflitti si rivelò, ancora una volta, illusoria: i tentativi di ridisegnare le popolazioni in base a esigenze politiche non hanno mai portato a soluzioni pacifiche, ma solo a nuovi traumi e tensioni.