
La carestia irlandese, nota in lingua gaelica come An Gorta Mór e in inglese come Great Irish Famine, colpì l’Irlanda tra il 1845 e il 1852, con il momento più grave tra il 1846 e il 1848. La causa principale fu l’insorgere di una malattia delle patate, che erano l’alimento basilare della popolazione irlandese. Le misure del governo britannico per limitare i danni si rivelarono inefficaci e la carestia provocò un drastico calo della popolazione. Un milione di persone perse la vita e un gran numero di abitanti emigrò in America del Nord, stravolgendo la composizione etnico-demografica del Canada e degli Stati Uniti. La carestia colpì anche altri Paesi, ma in misura meno grave rispetto all’Irlanda.
Le condizioni economiche dell’Irlanda nell’800
Nel XIX secolo l’Irlanda era inglobata nel Regno Unito, in virtù dell’Atto di Unione del 1800. Tuttavia, le condizioni economiche del territorio erano molto diverse da quella di altre regioni britanniche, in particolare da quelle dell’Inghilterra, che era stata il “motore” della rivoluzione industriale e sin dal ‘700 era andata incontro a una profonda trasformazione economica. In Irlanda l’economia era basata sull’agricoltura e l’industrializzazione si era sviluppata solo in poche aree. Gli irlandesi erano perciò mediamente più poveri degli altri britannici e già nel 1740-41 avevano subito una grave carestia, che aveva ucciso tra il 13 e il 20% della popolazione.
Nell’800, la produzione agricola dell’Irlanda era diversa a seconda delle zone: nel territorio si allevavano bovini, si coltivavano cereali, lino, e, soprattutto, patate, che erano la coltura predominante in tutta la parte orientale dell’isola.
La patata era stata introdotta in Irlanda pochi decenni dopo la scoperta dell’America, grazie allo scambio colombiano, ma inizialmente aveva incontrato poca fortuna. La produzione aveva iniziato a crescere alla fine del ‘600 ed era aumentata enormemente nel secolo successivo. Alla metà dell’800 le patate costituivano l’alimento basilare di gran parte della popolazione, che non poteva permettersi i cereali e altri prodotti. In genere erano mangiate con latte, aringhe e altri cibi poveri.
Le cause della grande carestia delle patate
La carestia colpì l’Irlanda nel 1845 per diverse cause. Anzitutto, le misure politiche per migliorare le condizioni degli irlandesi non si erano rivelate efficaci. Nel 1830 il governo di Londra aveva deciso di affrontare il problema della povertà in Irlanda istituendo, come in Inghilterra, le workhouses per ospitare i lavoratori più poveri.

Tuttavia, la misura non era stata risolutiva e durante la carestia le workhouses si sovraffollarono. Inoltre, nei primi decenni dell’800 la popolazione irlandese era andata incontro a un aumento demografico, superando gli 8 milioni di abitanti nel 1841. La popolazione, dunque, era già in condizioni di povertà all’inizio degli anni ’40.
La causa principale della carestia fu una malattia della patata, la peronospera, dovuta a un agente infestante, la Phytophthora infestans, arrivato dall’America del Nord, che riduceva i tuberi in una poltiglia immangiabile.

Lo sviluppo della carestia
Nel 1845 il raccolto di patate si ridusse di un terzo e la penuria di cibo divenne un problema evidente. Per studiare la malattia che colpiva i tuberi, il governo britannico, guidato dal conservatore Robert Peel, nominò una commissione, che però non fu capace di identificare l’agente infestante (che sarà individuato solo nel 1882). Il governo acquistò cereali dagli Stati Uniti, ma non riuscì a far fronte alla carestia. Nel 1846 si diffusero le malattie provocate dalla malnutrizione, come il tifo, e il tasso di mortalità iniziò a salire. In alcuni casi la popolazione si ribellò e cercò di assaltare magazzini e negozi.

L’anno nel quale la mortalità raggiunse i livelli più alti fu il 1847; in seguito la produzione agricola iniziò ad aumentare, ma solo nel 1852 la carestia terminò definitivamente. La carestia colpì anche la Scozia, ma gli effetti furono meno distruttivi.
Le conseguenze: il crollo demografico
La conseguenza principale della grande carestia fu la drastica diminuzione della popolazione irlandese, provocata sia dalla mortalità, sia dall’emigrazione. In media, la popolazione si ridusse di circa il 20-25%, con differenze a seconda delle aree. L’impatto ebbe una lunga durata: all’inizio del ‘900 la popolazione complessiva del Paese era di poco superiore ai 4 milioni.

Più specificamente, durante la carestia i morti furono circa 1 milione. All’incirca lo stesso numero di persone emigrò fino all’inizio degli anni ’50. Entro il 1871 più di 2 milioni di abitanti lasciarono l’Irlanda, dirigendosi prevalentemente in America del Nord. Per questa ragione, oggi nel continente vive una cospicua popolazione di origine irlandese, che negli Stati Uniti è pari all’11,9% del totale. L’arrivo degli irlandesi ebbe conseguenze profonde nei Paesi di destinazione e, secondo alcuni studiosi, fornendo manodopera a basso costo, negli Stati Uniti contribuì all’abolizione del sistema schiavistico, avvenuta nel 1865.

In Irlanda, il calo demografico ebbe conseguenze anche in ambito culturale, provocando la riduzione dell’uso della lingua gaelica.
Oggi tra gli irlandesi la memoria della carestia è molto viva e l’evento è considerato un momento importante della creazione dell’identità nazionale. In molte località dell’Irlanda, tra le quali Dublino, sono stati eretti monumenti in memoria delle vittime.