
Alle 12:22 del 19 luglio 1985, il crollo delle discariche della miniera di Prestavel causò una colata che travolse la Val di Stava, in Trentino-Alto Adige. Qui si riversarono 180.000 m3 di fango e acqua a una velocità di 90 km/h travolgendo alberi, case e persone, causando 268 vittime e diversi milioni di euro in danni. Questo è stato senza dubbi uno dei disastri industriali più gravi della storia italiana, ma quali furono le cause?
La miniera di Prestavel
Tutto è partito dalla miniera di fluorite di Prestavel, nell'adiacente valle del Gambìs. Fino alla fine degli anni '50 l'estrazione non superava le 30 tonnellate al giorno ma attorno agli anni '60 si decise di aumentare la produzione fino a 200 tonnellate al giorno – così da venderne in quantità maggiori all'industria chimica. Questo costrinse l'azienda mineraria ad aprire miniere in Val di Stava e, proprio qui, entrò in funzione un impianto di trattamento che necessitava di un'enorme quantità di acqua – parliamo di 10 m3 di acqua per tonnellata di roccia.
Questo processo dava vita ad una grande quantità di fango residuo che veniva stoccato e lasciato decantare in due appositi bacini che fungevano da discarica. Questi erano disposti su due livelli, uno superiore e uno inferiore, avevano un'altezza complessiva di 60 metri circa ed erano delimitati da argini in sabbia e limo. Stando a quanto confermato dal Consiglio Nazionale dei Geologi, in oltre 20 anni di attività queste discariche non furono mai sottoposte a verifiche di stabilità approfondite e, infatti, quando vennero effettuate nel 1975 risultò che la stabilità del bacino superiore era "al limite".
Ciononostante, si decise di ampliarlo.

Il crollo dei bacini
Il 19 luglio del 1985, alle ore 12:22, il bacino superiore collassò. Indagini posteriori confermeranno che una tra le cause principali fu quella della "liquefazione per filtrazione", cioè una perdita di resistenza da parte dell'argine causata dalla filtrazione dell'acqua al suo interno. Il crollo della vasca superiore causò a sua volta anche quello della vasca inferiore, riversando nella vallata sottostante una colata di fango e acqua da 180 mila m3, ai quali vanno aggiunti altri 40-50 mila accumulati durante il percorso.
Come ricordato anche dal gruppo Polaris del CNR, il disastro causò la morte di 268 persone, 13 delle quali non vennero mai ritrovate e 71 mai identificate. Inoltre la colata distrusse 3 alberghi, 53 case, 8 ponti e 6 capannoni. Una volta terminata la colata, si depositò uno strato di fango spesso tra i 20 e i 40 centimetri in un'area di circa 435 mila m2 – pari cioè a circa 60 campi da calcio.

A posteriori l'impianto verrà definito come "una continua minaccia incombente sulla vallata" e si compresero diversi errori di progettazione nei bacini: il terreno sul quale erano state costruite le vasche era instabile, il versante del monte era troppo ripido e le tubazioni di sfioro delle acque di decantazioni erano state installate in modo non corretto.
L'iter processuale si concluse nel 1992 con la condanna di 10 persone, nessuna delle quali scontò la pena detentiva.