La Corsa del siero fu una memorabile impresa compiuta in Alaska nel 1925, per salvare la cittadina di Nome (circa 1500 abitanti) da un’epidemia di difterite.
La malattia infettiva aveva attaccato il centro abitato il 19 gennaio. La difterite è causata da un batterio che produce una tossina in grado di portare a complicanze anche molto gravi. Se non curata, in caso di epidemie la mortalità può arrivare anche al 50%.
Per contrastare la malattia esisteva un’antitossina efficace. Ma c’era un problema: la città di Nome aveva esaurito le scorte del prezioso siero. Le più vicine erano ad Anchorage, la principale città dell’Alaska, a più di 1700 km da Nome.
Non è difficile immaginare che trasportare 300.000 fiale per 1700 km nell’Alaska del 1925, con temperature che arrivavano anche a oltre –50 °C e condizioni meteorologiche a dir poco ostili, non sia affatto una cosa semplice. Il trasporto navale era escluso per via degli iceberg, quello aereo era reso impossibile dal maltempo e dall’inaffidabilità dei velivoli. La linea ferroviaria arrivava soltanto fino a Nenana, che da Nome dista ben 1085 km.
Quindi da Nenana a Nome che si fece? Una lunghissima staffetta con cani da slitta. Venti conducenti di siberian husky si avvicendarono dal 27 gennaio (giorno dell’arrivo del carico di antitossina a Nanena) attraverso condizioni al limite della sopravvivenza, tra tempeste e venti gelidi.
Il tempo a disposizione era pochissimo, non solo per evitare la diffusione dell’epidemia a Nome, ma anche perché con temperature così basse il siero antitossina avrebbe resistito per soli 6 giorni. Riuscire a coprire oltre 1000 km in così poco tempo e in quelle condizioni sembrava un’impresa praticamente impossibile, senza precedenti, ma per gli abitanti di Nome era l’ultima speranza e si tentò il tutto e per tutto.
Il principale protagonista di quest'impresa fu Leonhard Seppala, all’epoca il più veloce musher dell’Alaska, che era partito da Nome per intercettare la staffetta in arrivo da Nanena e tornare verso la cittadina ormai in quarantena. Scegliendo una via più breve ma molto più rischiosa riuscì ad accorciare la sua porzione di tragitto da 241 km a 146 km, diminuendo notevolmente il tempo necessario per completare l'impresa. Fu lui a percorrere la porzione più lunga della staffetta.
Tutte le 300.000 fiale di antitossina arrivarono a Nome il 2 febbraio, dopo 127 ore e mezza di viaggio: circa 5 giorni, da confrontare con i 25 richiesti normalmente per questo tragitto. L'impresa apparentemente impossibile era riuscita!
A terminare la staffetta fu Gunnar Kaasen, che percorse 85 km con una muta di cani guidata da Balto, uno degli husky di Seppala. Sebbene quest'ultimo non avesse un'altissima opinione di Balto (per il suo tratto scelse come cane guida il siberian husky Togo), Balto divenne un eroe ed entrò nell'immaginario collettivo. Fu il cane più famoso in assoluto dopo Rin Tin Tin. Morì nel 1933, a 14 anni.
In suo onore vennero realizzati il cortometraggio Balto's race to Nome del 1925, il celebre film di animazione Balto del 1995 e il film The Great Alaskan Race del 2020. Una statua del cane si trova nel Central Park di New York e il suo corpo è conservato al Museo di Storia Naturale di Cleveland. Il tragitto coperto dalla storica staffetta viene ancora oggi percorso annualmente in via commemorativa, come pista per le gare dei cani da slitta.