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I terremoti dovuti al bradisismo nei Campi Flegrei hanno destato preoccupazione nei mesi passati non solo tra la popolazione ma anche – e soprattutto – a livello pubblico/amministrativo. In questo scenario, un'intensa attività di monitoraggio dell'area ha contribuito alla formazione di un importante bagaglio di informazioni tecniche, relative all’identificazione di eventuali latenti fenomeni eruttivi (per i quali finora non ci sono evidenze su cui ci sia consenso della comunità scientifica).
Tuttavia, come spesso accade, la recente quiescenza dell'attività sismica ha messo in secondo piano le criticità presenti, nonostante le vulnerabilità strutturali del costruito esistente. In questa ottica, l’interesse delle amministrazioni locali ha guidato lo sviluppo di studi scientifici (riportati tra i riferimenti di questo articolo) che danno importanti quantificazioni del rischio sismico e identificano effetti di future similari attività bradisismiche: ne riassumiamo i punti salienti della ricerca qui. Come si può intervenire per ridurre il rischio sismico in quest'area?

La situazione bradisismica nei Campi Flegrei a oggi, numeri alla mano
L'attività sismica dei Campi Flegrei è una delle manifestazioni di quella che viene scientificamente identificata come crisi bradisismica. Questa, nei fatti, si manifesta come dei periodi più o meno lunghi di continuo sollevamento del suolo, con annessi terremoti abbastanza frequenti, sebbene – finora – di lieve intensità. Si ritiene, anche se non è l’unica possibilità, che i movimenti del terreno siano originati dalle pressioni generate dal magma profondo e dai gas prodotti che, spingendo, causano il sollevamento del suolo e conseguenti scosse.
Nella fattispecie, l'ultima crisi bradisismica, quella in corso attualmente, ha portato nell’ultimo periodo a importanti accelerazioni dei movimenti di sollevamento, con velocità fino a circa 2 cm/mese nel 2024 e registrando circa 9000 terremoti, parecchi condensati nell'anno 2022 (dove si sono raggiunti anche picchi di 1000 terremoti al mese). L'immagine seguente ne rappresenta un excursus, caratterizzando anche l’importanza degli eventi in termini di magnitudo.

Recenti studi interdisciplinari, che coinvolgono grandi gruppi di fisici, geologi, e ingegneri, pubblicati su riviste scientifiche internazionali, tra cui Nature Communications, quantificano con metodologie all'avanguardia le caratteristiche dei terremoti legati all'attività bradisismica. L'importanza di questi studi, nei fatti, è da ricercare soprattutto nell'applicazione di innovativi metodi di quantificazione del rischio con un database aggiornato sulle attività sismiche dell'area, che considera tutti gli avvenimenti registrati in una delle zone geografiche più monitorate del mondo.
I numeri afferenti al costruito esistente dei Campi Flegrei
I recenti numeri, derivanti da censimenti nazionali, identificano circa 85000 abitanti e 15000 edifici interessati nell'area soggetta ad attuali importanti movimenti bradisismici. Tuttavia, è da considerare anche il fatto che i Campi Flegrei sono localizzati in una zona prossima alla municipalità di Napoli, che rappresenta la terza città italiana per popolazione. Il costruito esistente di Pozzuoli, centro abitato più grande di tutta l'area Flegrea, ha quasi il 90% di edifici in muratura e calcestruzzo armato, meno del 10% costruito dopo gli anni 2000. Ne risulta una fotografia attuale che è sostanzialmente non in grado di garantire lo stesso livello di sicurezza di una costruzione realizzata con i recenti canoni di progettazione antisismica, affermatesi solo negli ultimi decenni. Pertanto, sebbene non prettamente associato ad un pericolo eruttivo, ha uguale importanza quantificare l'effettivo grado di rischio sismico indiretto che subisce l'area, nonché quale possa essere il guadagno se si adoperassero opportune strategie di mitigazione di questo rischio.

I risultati degli studi scientifici sui Campi Flegrei
Applicando metodologie e analisi allo stato dell'arte, considerando la presenza di tutti i recenti eventi sismici susseguitisi a seguito della recente crisi bradisismica, gli studi qui discussi riportano una dettagliata analisi tecnica sui potenziali effetti strutturali legati alla presenza di nuove scosse. Nel dettaglio, lo studio scientifico riporta importanti quantificazioni relative ai valori di Magnitudo Momento, legate ad eventi sismici che si possono sviluppare nella caldera, cioè nell’area in deformazione. Nello specifico, si è valutato che il potenziale di magnitudo nell’area è nell’intervallo 4.4-5.1, con quest’ultimo scenario ritenuto comunque improbabile dai ricercatori.
Dal punto di vista strutturale, si è valutato che tali magnitudo, per lo più, non dovrebbero determinare sollecitazioni preoccupanti per costruzioni allo stato dell’arte delle normative. Ne risulta che è veramente difficile "eccedere" i valori di progetto delle azioni sismiche per nuove costruzioni con un evento che si sviluppa nella caldera a seguito di eventi riconducibili ai fenomeni legati alla crisi bradisismica.

Contestualmente, siccome non si può escludere del tutto che i terremoti si estendano fuori dalla caldera, nel caso di eventi particolarmente intensi, sono state calcolate le probabilità di osservare magnitudo > 5 con tecniche probabilistiche avanzate. Gli studi mostrano che tale probabilità è fortemente variabile nel tempo, ma soprattutto è legata all'attività sismica osservata nel breve termine.
La proiezione sulle costruzioni esistenti
Sebbene il risultato che i terremoti nella caldera non dovrebbero mettere in crisi le strutture costruite secondo le normative attuali sia confortante in generale, resta chiaro il problema che l’analisi affrontata si riferisce ad una fotografia costruttiva che non è reale. Come discusso prima, il costruito esistente è principalmente composto da edifici non conformi alle attuali prescrizioni normative: in soldoni, sono progettati con azioni sismiche più basse rispetto a quelle con cui attualmente si dovrebbe progettare o in assenza di qualunque prescrizione sismica. Cosa comporta questo? Semplicemente, le Magnitudo Momento che abbiamo discusso potrebbero comunque causare danni al patrimonio costruito, specialmente in area epicentrale.
La quantificazione di questo effetto è espressa, nel lavoro di ricerca presentato, in termini di tassi di fallimento: rappresenta una metrica di misura del rischio sismico e identifica (semplificando) il numero di terremoti che in un anno causerebbero il fallimento della costruzione. Calcoli alla mano, le proiezioni mostrano come interventi strutturali che mirino ad adeguare gli edifici agli attuali standard normativi, porterebbero ad una riduzione del rischio di morte, per gli edifici in cemento armato per esempio, a più del 70%.