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4 Giugno 2024
15:00

L’invasione del vermocane nei mari del Sud Italia: cos’è, che cosa provoca, cosa fare se ci punge

Si tratta di un verme marino urticante, tipico di mari caldi e del Mediterraneo meridionale, che si sta espandendo in modo preoccupante anche in tratti dell'Adriatico e del Tirreno dove in passato era molto raro, interessando Sicilia, Puglia e Calabria, con impatti sulla fauna marina, sulla piccola pesca locale e sul turismo costiero.

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L’invasione del vermocane nei mari del Sud Italia: cos’è, che cosa provoca, cosa fare se ci punge
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Credit: West Brom 4ever, via Wikimedia Commons

Il vermocane (detto anche “verme di fuoco” o “verme di mare”) è un verme marino urticante autoctono del Mediterraneo meridionale (soprattutto nei fondali rocciosi) che ultimamente si sta diffondendo nelle acque di Puglia, Sicilia e Calabria. Diciamo subito che non si tratta di una specie aliena che sta invadendo i nostri mari (come il granchio blu), ma non per questo è una presenza meno preoccupante. Il vermocane (Hermodice carunculata), infatti, è autoctono del bacino del Mediterraneo, ma la sua attuale espansione nelle acque di Adriatico e Tirreno rappresenta un serio rischio per molte specie marine e ha effetti sull’economia della pesca locale oltre a generare possibili ricadute sulla salute pubblica e sul turismo costiero. Per gli esseri umani non costituisce un rischio diretto, ma le “punture” delle sue setole provocano prurito, bruciore e gonfiore. Il diffuso allarme di questi giorni è dovuto ad un notevole incremento numerico degli esemplari, spesso catturati a centinaia dalle reti dei pescatori e all’espansione del suo areale di distribuzione in zone lungo il Tirreno e l’Adriatico dove in passato era piuttosto raro. Poiché si tratta di una specie termofila, cioè amante di mari con acque calde, la sua diffusione è un evidente segnale del riscaldamento del Mediterraneo in conseguenza del cambiamento climatico.

Cos’è il vermocane e dove si trova

Il vermocane (Hermodice carunculata) è un Polichete, ovvero un verme marino, con il corpo cilindrico suddiviso in segmenti ad anello, lungo fino a 30 cm e, come tutti i policheti, è caratterizzato dalla presenza di fragili setole silicee situate alle due estremità di ciascun segmento lungo tutto il corpo. Il termine stesso Polichete deriva dal greco e significa con molte (poli) setole (chete). È detto anche verme di fuoco in quanto è in grado di produrre neurotossine urticanti. Ha colorazioni vivaci con parte ventrale del corpo giallo chiaro, dorso verde-bruno con bande nere e verdi, branchie rosse e setole bianche. Vive sui fondali marini rocciosi e durante la notte si sposta per predare o per cibarsi di resti di animali marini morti.

È una specie autoctona del Mediterraneo meridionale e orientale, noto nel Mar Ionio e nell’Egeo fin dai tempi dell’antica Grecia, ma è presente nei mari caldi anche in altre parti del mondo. Oggi si sta espandendo in modo anomalo anche a latitudini più settentrionali proprio perché trova condizioni ambientali favorevoli; uno sviluppo completo e normale di questo organismo si osserva infatti  a temperature dell’acqua intorno ai 27 °C .

Che effetti ha sull’ecosistema marino

Il  vermocane è un predatore molto vorace e a rapida moltiplicazione , è generalista e quindi divora un po’ di tutto senza troppi problemi; si ciba dei polipi del corallo distruggendo intere formazioni coralligene, non disdegna i cetrioli di mare (Holothuria tubulosa), preda triglie, saraghi, dentici e altri pesci, addirittura sfruttando il pesce già catturato nelle reti, determinando così  danni alla pesca locale. La sua espansione potrà avere effetti nefasti su diverse altre specie marine di fondali rocciosi.

Rischi per l’uomo e come intervenire in caso di contatto

Per l’uomo non rappresenta certamente una minaccia diretta, ma il suo incontro accidentale può comportare non pochi fastidi. Le setole presenti sul corpo dell’animale si spezzano facilmente anche se solo sfiorate e penetrano nella cute generando bruciore e gonfiore. A volte il vermocane, se disturbato, è in grado di “spararle” anche a distanza di alcuni centimetri per colpire il nemico. Le neurotossine urticanti che l’animale emette per difesa acuiscono ulteriormente il dolore. La zona colpita diventa rossa e gonfia anche per alcuni giorni, determinando prurito e dolore. Per un pronto intervento, prima di recarsi opportunamente da un medico, è possibile tentare di rimuovere delicatamente le setole con l’aiuto di nastro adesivo e applicare sulla parte ammoniaca.

E' possibile segnalare l'avvistamento di questi animali anche attraverso un'apposita app chiamata AvvisAPP e ideata dall'Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale

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