Negli scorsi giorni è emersa nuovamente la notizia riguardante la numerosa presenza di granchi blu in alcune zone costiere italiane. La sua presenza è stata causata dal trasporto di acqua di zavorra da parte delle navi, ma cos’è quest’acqua di zavorra? E perché può causare ulteriori problemi?
Cos’è l’acqua di zavorra?
La zavorra è una massa, non necessariamente acqua, che è caricata a bordo di un mezzo di trasporto ed è utilizzata vari fini (migliorare la stabilità e l'assetto, modificare la frequenza di risonanza di una struttura, equilibrare la massa del carico trasportato ecc). Nel caso delle navi e dei sottomarini, come zavorra si usa prevalentemente acqua (prelevata direttamente dal mare) che è caricata in apposite cisterne, ovvero grandi vasche chiuse, solitamente localizzate nel fondo della nave oppure sui fianchi e alle estremità anteriori (gavone di prua) e posteriori (gavone di poppa).
Le navi che utilizzano l’acqua di zavorra sono soprattutto quelle che trasportano grandi carichi, come una petroliera. Le navi infatti sono progettate per viaggiare rimanendo immerse tra una profondità minima e una massima.
L’aumento o la diminuzione di immersione dipende dalla quantità di carico che questi mezzi imbarcano. Il principio di Archimede infatti comporta che un oggetto immerso in un fluido (come l’acqua di mare) riceve una spinta pari al peso del fluido che è stato spostato dall’oggetto immerso. Quanto più la nave è stata caricata, tanto più tende ad immergersi, mentre quando viene scaricata, tende ad emergere.
Durante le fasi di scarico della nave quindi, per evitare che la nave emerga troppo, un sistema a bordo della nave inizia a riempire le cisterne dell’acqua di zavorra con l’acqua di mare. Se la nave non dovesse essere poi nuovamente caricata con altri prodotti, per poter navigare in sicurezza, trasporterà appunto l’acqua di zavorra verso un nuovo porto dove andrà a ritirare il suo carico successivo e contestualmente scaricherà l’acqua di zavorra imbarcata nel nuovo porto.
Il granchio nell'acqua di zavorra
Dato che le navi utilizzano quasi esclusivamente l’acqua di mare come zavorra, prelevandola in una zona portuale e scaricandola in un altro porto, potenzialmente anche a migliaia di chilometri di distanza, sono stati riscontrati negli anni molti problemi simili alla proliferazione del granchio blu in Italia. Le acque di zavorra possono contenere specie aliene (animali o vegetali) potenzialmente invasive per l’ecosistema in cui sono scaricate.
Ad esempio, tra gli anni ‘80 e ‘90 i Grandi Laghi del Nord America sono stati invasi dalla cozza zebra (Dreissena polymorpha) nativa del Mar Nero e del Mar Caspio.
Ma quindi, come ha fatto ad arrivare in Italia il granchio blu?
Il granchio blu (Callinectes sapidus) è un crostaceo decapode (ovvero, ha dieci zampe) originario della costa Atlantica del continente Americano, è diffuso soprattutto nel Golfo del Messico, dove è un animale oggetto di pesca ed è abitualmente mangiato. Il suo habitat ideale è quello delle coste vicine alla foce dei fiumi, dove l’acqua dolce di questi corsi d’acqua sbocca nel mare, abbassando la salinità. Il primo avvistamento del granchio blu nel Mar Mediterraneo è avvenuto nel 1948 in Grecia e solamente un anno dopo, nel 1949, in Italia, più precisamente a Grado, in Friuli Venezia Giulia. Sono state riportati ritrovamenti di questo granchio anche nel Mare del Nord (1932), nel Mar Baltico (1951) e nel Mar Nero (1967). Nel Mar Mediterraneo però questo crostaceo ha trovato un habitat più favorevole rispetto agli altri mari per l’abbondante presenza di foci di fiumi e di temperatura costante e sufficientemente mite dell’acqua.
Quando le uova deposte dalla femmina del granchio si schiudono, le larve hanno bisogno di circa settanta giorni di vita in acqua per diventare dei piccoli granchi blu pienamente formati. La durata di questa fase della vita ha avvalorato l’ipotesi che il granchio blu sia stato trasportato dalle coste americane dell’Atlantico in Europa proprio in forma larvale all’interno delle acque di zavorra.
I granchi blu infatti sono presenti quindi da alcuni decenni sulle coste italiane, ma adesso stanno diventando un problema non solo ecologico, ma economico, perché la loro riproduzione incontrollata sta danneggiando allevamenti di molluschi e di altre sue prede abituali. Ogni femmina di granchio blu, infatti, può deporre tra 3 e 5 milioni di larve all’anno. Contemporaneamente, a causa della pesca e dei cambiamenti che l’uomo ha introdotto negli habitat costieri e marini, sono diminuiti i predatori naturali del granchio blu, come polpi, tartarughe e pesci vari.
I nuovi regolamenti quindi eliminano la possibilità di avere nuovi trasporti di specie aliene in altri habitat, ma episodi come quello del granchio blu sono un campanello d’allarme che ci deve ricordare di avere, come specie umana, più attenzione nello sfruttamento delle risorse naturali, andando ad intercettare i problemi non soltanto quando toccano aspetti economici, ma anche quando si manifestano in altre forme.
Il problema nel mondo
Si stima che ogni anno nel mondo siano trasportati 10 miliardi di tonnellate di acqua di zavorra, la quantità necessaria a riempire circa 4 milioni di piscine olimpiche, portando ad una nuova “invasione” da parte di specie indigene, ogni 9 settimane. Per contrastare i problemi causati dalle acque di zavorra, nel 2017 l’International Maritime Organisation (IMO) ha ratificato la “Convenzione Internazionale per il controllo e la gestione delle acque di zavorra e dei sedimenti”, che prevede alcuni obblighi per le navi che trasportano zavorra.
In una prima fase, il regolamento obbliga le navi a cambiare continuamente l’acqua di zavorra durante la navigazione, andando quindi a diminuire la distanza di trasporto delle specie aliene potenzialmente invasive. In una seconda fase invece le navi sono obbligate ad installare a bordo sistemi per abbattere e misurare il contenuto di microrganismi nell’acqua di zavorra.
L’obiettivo di questi regolamenti è quello di azzerare la possibilità che si verifichino nuove invasioni di specie aliene e la conservazione degli ecosistemi portuali in tutto il mondo.
La proliferazione delle specie aliene che stanno avvenendo dovranno invece essere contrastate per permettere la sopravvivenza degli ecosistemi esistenti.