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Lungo la costa ionica della Calabria è stata riscontrata la presenza della Falsa Mazza di Tamburo (Chlorophyllum molybdites), un fungo di origine tropicale (è diffuso in Centro America) tossico e molto simile alla Mazza di Tamburo (Macrolepiota procera) che invece è commestibile e piuttosto apprezzato. La nuova segnalazione per la regione Calabria è avvenuta grazie al micologo Ernesto Marra, responsabile dell'Ispettorato Micologico di Cosenza, che stava notando un incremento percentuale dei casi d’intossicazione nella zona. Quando si dice che è un "fungo alieno" si intende che è una specie aliena, cioè proveniente da altre aree geografiche e trasportate dall'attività umana o dal riscaldamento globale, che proliferano anche nei nostri ambienti se trovano le condizioni climatiche idonee.
Cos’è la Falsa Mazza di Tamburo e come riconoscere questo fungo tossico
La Falsa Mazza di Tamburo (Chlorophyllum molybdites), è un fungo saprofita (cioè che si nutre di sostanza organica in decomposizione) della famiglia Agaricaceae. Scoperto e descritto per la prima volta nel 1898, vive in ambienti tropicali e sub tropicali favorito dal clima caldo umido. È molto comune in America Centrale a Cuba e alle Hawaii, ma ormai è diffuso anche negli Stati meridionali degli USA, in molte zone dell’Africa e alle Canarie. In Europa è presente in Spagna e in Italia è stato segnalato per la prima volta in Sicilia nel 2005. Il cappello è bianco ricoperto da squame color nocciola, le lamelle e le spore a maturità virano dal biancastro al verdognolo, di qui il nome del genere "Chlorophyllum" in considerazione del verde clorofilla delle spore. Per distinguere la Falsa Mazza di Tamburo dalla Mazza di Tamburo commestibile, si può osservare la superficie del gambo, che nella specie tossica Chlorophyllum molybdites è liscia mentre nella Mazza di Tamburo è zebrata e di un colore più scuro.
In inglese è chiamato invece Vomiter proprio perché provoca il vomito. Cresce bene in terreni ricchi di sostanza organica, prati fertilizzati e pascoli, ma anche giardini e fioriere urbane. Si adatta persino alle spiagge dopo abbonanti piogge; per questo può essere facile individuarlo e magari essere indotti a raccoglierlo scambiandolo con la comune Mazza di Tamburo.

Quali sono i sintomi in caso di ingestione di Chlorophyllum molybdites: la “sindrome di Morgana”
Chlorophyllum molybdites è causa di una particolare intossicazione detta “sindrome di Morgana” caratterizzata da gravi sintomi non soltanto di tipo gastrointestinale. Il nome si riferisce ai sortilegi della fata Morgana nella leggenda. In effetti, i primi sintomi compaiono già dopo un paio d’ore dall’ingestione con nausea, vomito e in alcuni casi tracce di sangue nelle feci. Si avvertono vertigini, crampi muscolari ed evidente astenia (perdita di forza muscolare) che perdura per alcuni giorni. A volte si verifica pigmentazione cutanea temporanea.
La tossina contenuta in questo fungo è comunque termolabile, cioè si inattiva ad alte temperature. Per questo motivo, la cottura ad almeno 70 °C per almeno 30 muniti evita l’intossicazione. In generale se, dopo l’ingestione di questi o altri funghi non controllati, dovessero insorgere dei disturbi è necessario recarsi subito al Pronto Soccorso, portando con sé tutti i residui, sia cotti sia crudi per consentire di risalire alla determinazione della specie.
Qualche raccomandazione generale sulla raccolta dei funghi
L’autunno è il periodo ottimale, ma si tratta di un’attività che andrebbe praticata solo da esperti che abbiano possibilmente conseguito un patentino per il riconoscimento delle diverse specie. Raccoglitori occasionali e inesperti possono facilmente confondere un fungo tossico o addirittura velenoso con una specie commestibile dall’aspetto simile, ma non identico. Basta non notare minime differenze nella forma o nel colore dei corpi fruttiferi, nella struttura delle lamelle, nella forma del gambo o nel colore del cappello fungino, per incorrere nei rischio di raccogliere specie tossiche o velenose. Ogni anno non sono rari i casi di intossicazione o addirittura di avvelenamento e si stima che il consumo di funghi tossici provochi circa 100 morti l’anno solo in Europa. Nei casi più gravi le tossine provocano danni irreparabili al fegato fino a rendere necessario un trapianto. Per questo andrebbero consumati solo funghi controllati da un micologo, evitando di fidarsi di “regali” provenienti da raccolte di altri. In generale, vanno comunque consumati in quantità moderate, in perfetto stato di conservazione evitando di somministrarli ai bambini o alle donne in gravidanza; è stato osservato che, in alcuni casi, si può sviluppare una sorta di sensibilità individuale nel corso degli anni che rende qualsiasi fungo indigesto anche se commestibile.