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11 Luglio 2024
7:30

Biografia di Pasteur, il chimico padre della microbiologia che inventò la pastorizzazione

Il chimico e scienziato francese Louis Pasteur fece compiere progressi enormi alla medicina nell'800, pur non essendo un medico. Le sue scoperte, infatti, tra cui il processo di pastorizzazione, diedero un contributo essenziale anche alla lotta contro le malattie infettive e allo sviluppo dei vaccini.

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Biografia di Pasteur, il chimico padre della microbiologia che inventò la pastorizzazione
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Louis Pasteur, nato nel 1822 e morto nel 1895, è stato uno scienziato e chimico francese, autore di scoperte fondamentali nel campo della microbiologia. Pasteur sviluppò il processo di pastorizzazione degli alimenti (così chiamato in suo onore) e confutò definitivamente la teoria della generazione spontanea dei microrganismi. Sebbene lavorasse soprattutto nel campo dell’agricoltura e dell’industria alimentare, poté sperimentare le sue teorie anche sugli esseri umani. Le scoperte di Pasteur fecero compiere enormi progressi alla medicina: dimostrarono che le malattie infettive si trasmettono tramite microrganismi, facilitarono l’introduzione della sterilizzazione degli strumenti usati nelle operazioni chirurgiche e consentirono la creazione di nuovi vaccini. Vediamo la sua vita in breve.

Nascita e studi

Louis Pasteur nacque a Dole, nel Giura francese, nel 1822. Apparteneva a una famiglia di umili origini, ma riuscì ugualmente a frequentare le scuole, dimostrando grande attitudine agli studi. Dopo essersi diplomato a Besançon, entrò per concorso alla prestigiosa École normale supérieure di Parigi, presso la quale si laureò in fisica e in chimica. Per breve tempo insegnò fisica al liceo di Digione e nel 1848 divenne professore di chimica all’Università di Strasburgo. Negli anni successivi compì le sue scoperte più importanti.

Louis Pasteur
Louis Pasteur

La microbiologia al tempo di Pasteur e la teoria della generazione spontanea

Al tempo di Pasteur, la scienza conosceva poco i microrganismi. Tra gli scienziati non c’era consenso sul fatto che i batteri fossero portatori di malattie. Una teoria molto diffusa, infatti, voleva che le epidemie fossero provocate dai miasmi, cioè esalazioni presenti nell’aria. Era inoltre diffusa un'altra teoria infondata, quella della generazione spontanea, secondo la quale i microrganismi nascono “spontaneamente” da elementi inanimati. Alla teoria della generazione spontanea si contrapponeva l’idea della biogenesi, secondo la quale i microrganismi possono essere generati solo da altri microrganismi, così come tutti gli altri esseri viventi.

Pasteur si opponeva decisamente alla generazione spontanea e nel 1864 la confutò in maniera definitiva. Effettuò un esperimento riempiendo con del liquido dei contenitori dotati di un lungo collo: dopo averli sigillati riscaldò i liquidi contenuti all’interno, uccidendo i microrganismi, e dimostrò che si formavano di nuovo solo quando il collo del recipiente era rotto. In altre parole, era necessario che i microrganismi entrassero dall’esterno. Grazie alla dimostrazione della correttezza della teoria della biogenesi, Pasteur ottenne il premio dell'Accademia francese delle scienze.

Recipienti usanti da Pasteur per confutare la teoria della generazione spontanea
Recipienti usanti da Pasteur per confutare la teoria della generazione spontanea

Il processo di pastorizzazione

Partendo dalla biogenesi dei microrganismi, Pasteur introdusse il processo che porta il suo nome: la pastorizzazione. Si rese conto che alcuni alimenti, come il latte, si deterioravano per effetto dei microrganismi. Di conseguenza, se si riscaldavano le bottiglie che li contenevano, si potevano uccidere i germi e preservare la qualità delle bevande, che potevano durare più a lungo. La pastorizzazione si rivelò utile non solo per il latte, ma anche per altre bevande, come vino e birra.

Conseguenze delle scoperte di Pasteur

Grazie agli studi di Pasteur, si affermò definitivamente la teoria germinale delle malattie infettive, cioè quella secondo la quale il contagio si trasmette attraverso i microrganismi, che “viaggiano” da un essere umano all’altro (o da animali a esseri umani) attraverso l’aria o il contatto fisico.

Le scoperte di Pasteur, inoltre, furono assai utili per l’introduzione dell’antisepsi, cioè la sterilizzazione degli strumenti chirurgici in sala operatoria: dimostrando che il contagio avveniva attraverso i microrganismi, Pasteur spinse i chirurghi a sterilizzare i loro strumenti, riducendo drasticamente le infezioni e i decessi in seguito alle operazioni.

Pasteur e i vaccini

Pasteur ebbe un ruolo importante anche nello sviluppo dei vaccini. Non ne fu l’inventore, perché sin dalla fine del Settecento un medico inglese, Edward Jenner, aveva realizzato un vaccino contro il vaiolo, ma introdusse ugualmente grandi innovazioni. Dimostrò, infatti, che i vaccini che si potevano creare direttamente dai microrganismi patogeni. Effettuò molti test sugli animali e nel 1885 ebbe occasione di sperimentare il vaccino contro la rabbia – una malattia mortale quasi nel 100% dei casi – su di un bambino di nove anni morso da un cane affetto proprio da rabbia, riuscendo a salvarlo. Pasteur effettuò studi e scoperte anche su altri temi, come la fermentazione della birra, il colera dei polli, le malattie dei bachi da seta.

Vaccinazione di un ragazzo sotto gli occhi di Pasteur
Vaccinazione di un ragazzo sotto gli occhi di Pasteur

La fama e la morte di Pasteur

Pasteur dovette battersi contro i medici e gli scienziati che non intendevano abbandonare le vecchie teorie della generazione spontanea e dei miasmi. Dovette inoltre sostenere una dura polemica con Robert Koch, uno scienziato tedesco che diede a sua volta un grande contributo alla microbiologia. Con il passare degli anni, però, Pasteur riuscì a dimostrare la fondatezza delle sue idee e a guadagnare grande fama, al punto che nel 1888 a Parigi nacque un istituto che porta il suo nome. Morì nel 1895 a causa di un ictus.

Fonti
F. Perrozziello, Louis Pasteur, i vaccini e la nascita della Medicina moderna, Rassegna di Patologia dell’Apparato Respiratorio 2018; 33: 176-178
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