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18 Luglio 2023
10:25

L’UE ha firmato un memorandum d’intesa con la Tunisia: da cosa nasce e cosa si propone?

La situazione attuale in Tunisia, dalla rivoluzione dei Gelsomini alla crisi economica e politica, fino al memorandum d'intesa appena firmato con l'Unione Europea, Italia compresa, per favorire una migliore gestione dei flussi migratori.

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L’UE ha firmato un memorandum d’intesa con la Tunisia: da cosa nasce e cosa si propone?
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Il 16 luglio 2023, al Palazzo Presidenziale di Cartagine, è stato firmato un memorandum d'intesa tra Unione Europea e Tunisia, arrivato dopo mesi di trattative e basato su 5 pilastri. Più volte nelle ultime settimane vari leader europei, tra cui la presidentessa del Consiglio italiana Giorgia Meloni, il suo omologo dall'Olanda – ormai dimissionario – Mark Rutte e la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, si erano recati in Tunisia proprio per cercare un accordo con il Presidente Kais Saied.

Per la Tunisia il memorandum arriva in un momento di profonda crisi economica, politica e sociale. L’economia del Paese, infatti, è in gran parte sostenuta da prestiti del Fondo Monetario Internazionale (FMI) che però finora non sono riusciti a rilanciare l’economia. Saied ha promosso misure assistenziali che hanno finito per provocare un'impennata del debito pubblico, tanto che diversi economisti e agenzie di rating hanno dichiarato che la Tunisia è a rischio di default finanziario.

L'economia della Tunisia dipende quindi al momento dallo sblocco di un nuovo accordo con il FMI per un prestito di 2 miliardi di euro, che però contempla alcune condizioni alle quali il Presidente Saied ha finora dichiarato di non voler sottostare. Sul fronte politico e sociale, il Paese sta inoltre vivendo una stretta autoritaria proprio ad opera dello stesso Saied, al potere dal 2019. La situazione rischia di generare instabilità nella regione nordafricana, già afflitta da condizioni di insicurezza umanitaria soprattutto legata al fenomeno migratorio, oltre a provocare preoccupazione per quanto riguarda le connessioni commerciali tra la Tunisia e gli altri Paesi.

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Incontro tra il Presidente tunisino Kais Saied e il Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella nel 2021 (credit: quirinale.it)

Con queste premesse, i leader europei hanno utilizzato i canali diplomatici per cercare un accordo in grado di sollevare la Tunisia dalla crisi, salvaguardando al tempo stesso gli interessi europei, soprattutto in merito alla gestione dei flussi migratori.

Ma come si è arrivati ad una crisi così profonda? Fino a poco tempo fa la Tunisia sembrava uno dei pochi Paesi del Nord Africa in cui il processo di rinnovamento delle Primavere Arabe (avvenuto mediamente tra 2010 e 2012) avesse attecchito davvero, dando vita ad un sistema democratico funzionante. A più di dieci anni dalla cosiddetta "Rivoluzione dei gelsomini", infatti, per un po' si è pensato che la Tunisia avesse evitato lo scivolamento nel caos e nella guerra civile (come in Libia) o l'emergere di nuovi regimi autoritari (come in Egitto).

Tuttavia, come anticipato, sul fronte economico hanno continuato a persistere enormi disparità sociali e un tasso di disoccupazione molto elevato, mentre dal punto di vista politico il presidente Saied ha progressivamente ridotto gli spazi di libertà. In questo articolo ripercorriamo quanto avvenuto.

Il processo incompiuto della Rivoluzione dei Gelsomini

Le Primavere Arabe, cioè quel processo di rottura e rinnovamento rispetto ai vecchi regimi politici autoritari che ha attraversato numerosi Paesi di Medio Oriente e Nord Africa, è partito proprio dalla Tunisia. Tutto cominciò il 17 dicembre 2010, quando un giovane venditore ambulante si diede fuoco in segno di protesta per la mancanza di lavoro, le difficili condizioni di vita e la corruzione delle autorità, problemi tipici della società tunisina, ormai evidentemente arrivati a un livello insostenibile.

primavere arabe

Il suo gesto fece il giro del mondo e fece divampare una rivolta in tutta la Tunisia, costringendo alla fuga l'allora presidente Ben Ali. Proprio dal processo rivoluzionario emerse la figura politica di Kais Saied, considerato (all'epoca) indipendente e fuori dalle logiche di spartizione del potere. Gli ideali della rivoluzione si fondavano sulla volontà di operare un processo di democratizzazione, prestando attenzione alle esigenze sociali ed eliminando le logiche di corruzione e autoritarismo che avevano regnato fino a quel momento.

Il processo di transizione ha portato in effetti notevoli passi in avanti: l'approvazione di una nuova Costituzione nel 2014, la creazione di sistema funzionante di partiti politici, vere elezioni e la conquista delle libertà di espressione e associazione. Tuttavia, hanno continuato a persistere importanti divari di classe e regionali, da sempre un problema strutturale in Tunisia, oltre alla mancanza di un organo fondamentale quale la Corte Costituzionale, sulla quale i partiti non hanno mai trovato un accordo.

Dal parziale successo delle riforme alla stretta autoritaria

Il persistere di forti disagi sociali si è manifestato in nuove proteste molto partecipate e a volte violente, che hanno in qualche modo costituito la giustificazione per operare una stretta repressiva. In particolare, nel luglio del 2021, in seguito ad alcune violente manifestazioni di piazza, Saied ha invocato l'articolo 80 della Costituzione, che consente al Presidente della Repubblica di prendere misure eccezionali in caso di “pericolo imminente che minaccia le istituzioni della nazione e il funzionamento regolare dei poteri pubblici".

In base a questa norma Saied ha quindi potuto sospendere l'attività del parlamento e chiedere le dimissioni dell'allora premier Hichem Mechichi. Il Presidente si è poi liberato degli oppositori politici con una serie di arresti in contrasto con il rispetto dello stato di diritto, ha messo in campo politiche molto più repressive nei confronti del dissenso e, nel complesso, ha accentrato il potere nelle sue mani.

Sollevazioni popolari Kais Saied

L'aumento dell'autoritarismo si è coniugato con una sempre più difficile situazione economica, acuita dalla pandemia da Covid-19. A questo si sono sommati almeno altri due ordini di problemi di carattere internazionale, sui quali si sono accesi i riflettori negli ultimi mesi: il rischio di default finanziario del Paese e la questione migratoria, che vede nella Tunisia – insieme alla Libia – il luogo principale da cui i migranti provenienti dall'Africa subsahariana partono alla volta dell'Europa. Li approfondiamo nei prossimi paragrafi.

Il rischio di default e le condizioni del FMI

Partiamo dal primo problema, quello finanziario: il PIL della Tunisia da anni è stagnante e, secondo le previsioni degli economisti, entro il 2024 lo Stato potrebbe esaurire le proprie riserve finanziarie, che ammontano a circa 7 miliardi di euro. L'organizzazione internazionale con il compito di aiutare i Paesi a rischio default è il Fondo Monetario Internazionale, che può concedere prestiti agli Stati in difficoltà, ma non in cambio di nulla: la regola di base è "denaro in cambio di riforme".

fondo monetario internazionale tunisia

Da qui sono partite le trattative tra FMI e Tunisia: in cambio di un prestito a condizioni agevolate da circa 2 miliardi di euro, l’FMI ha chiesto al presidente Saied di privatizzare alcune aziende pubbliche e di revocare o ridurre i sussidi statali sull’acquisto di farina e carburante.

Al momento Saied ha però rifiutato la proposta, spiegando di giudicare le condizioni dell’FMI eccessivamente impopolari dal punto di vista politico e quindi un potenziale rischio per la pace sociale del Paese (in realtà già compromessa).

La questione migratoria e il memorandum d'intesa con l'UE

Domenica 16 luglio 2023 è stata finalmente trovata l'intesa sull'accordo tra Tunisia e Unione Europea. Questo consiste sostanzialmente in un pacchetto di misure basate su 5 pilastri: la creazione di opportunità per i giovani tunisini, con uno stanziamento di 65 milioni di euro per le scuole e l'apertura di una finestra in Unione Europea con l'Erasmus; l'aiuto da parte dell'UE nello sviluppare la solidità e la resilienza dell'economia tunisina; investimenti sul fronte del turismo e dell'agricoltura; lo stanziamento di 300 milioni di euro per lo sviluppo delle rinnovabili e, infine la cooperazione in ambito migratorio.

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Su quest'ultimo punto, in particolare, l'Unione Europea ha stanziato 100 milioni di euro per rafforzare la capacità operativa della Tunisia nelle operazioni di ricerca e salvataggio in mare, potenziando la flotta della guardia costiera tunisina con 17 imbarcazioni riequipaggiate e 8 nuove. L'UE si aspetta, infatti, un maggior numero di operazioni per intercettare i migranti in mare da parte della Tunisia, che, da parte sua, si è detta disposta a favorire il rimpatrio dei cittadini tunisini arrivati irregolarmente in Europa, pur chiarendo di non avere intenzione di aprire dei centri di rimpatrio che ospitino anche migranti non tunisini, come era stato invece  proposto inizialmente dall’Unione Europea nel corso dei negoziati.

È bene tuttavia ricordare che la maggior parte degli aiuti economici europei saranno comunque vincolati all'accettazione, da parte del governo tunisino, delle condizioni sollecitate dal Fondo Monetario Internazionale, senza le quali il memorandum con l'Europa resterà poco più che una dichiarazione d'intenti.

Gli sforzi nella creazione di accordi stabili con la Tunisia sono considerati dall'Europa essenziali per evitare lo scivolamento della Tunisia verso altre sfere di influenza – come quelle di Russia, Turchia o Cina. Quest'ultima, in particolare, è impegnata da anni in una profonda penetrazione del continente africano, con prestiti e operazioni economiche che non chiedono in cambio il rispetto dei diritti umani.

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