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30 Gennaio 2024
17:00

Dove si trovano in Italia le orme dei dinosauri e come si sono formate

Le orme fossilizzate dai dinosauri svelano preziosissimi dettagli sul loro comportamento. Ecco dove è possibile osservarle in Italia.

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Dove si trovano in Italia le orme dei dinosauri e come si sono formate
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Quelli che vedete nell’immagine di copertina, che a un occhio inesperto possono sembrare semplici buchi nella roccia, in realtà rappresentano la testimonianza dell’attività di creature che solcavano il nostro pianeta oltre 66 milioni di anni fa. Si tratta, infatti, delle impronte fossili lasciate dai dinosauri. Ma come si sono formate? E come è stato possibile che queste tracce si siano conservate fino ai giorni nostri? Scopriamolo in questo articolo e vediamo quali località in Italia offrono la possibilità di osservare queste affascinanti testimonianze del passato.

Come si sono formate le orme

Anche se oggi le orme dei dinosauri sono impresse sulla roccia solida, al momento della loro formazione quel materiale era soltanto del sedimento soffice, per esempio fango o sabbia umida. Un po' come quando lasciamo le impronte dei nostri piedi camminando sulla battigia di una spiaggia. Nella stragrande maggioranza dei casi, infatti, le orme vengono erose e cancellate dall'azione degli agenti esogeni, come il vento, le onde marine o la pioggia, o ancora sono distrutte dal passaggio di altri animali, ma in casi molto rari si possono preservare tramite la trasformazione dei sedimenti in roccia.

Piste fossili di diverse specie di dinosauri osservate nelle rocce del Cretaceo Inferiore in Colorado (USA). Credit: James St. John, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons.
Piste fossili di diverse specie di dinosauri osservate nelle rocce del Cretaceo Inferiore in Colorado (USA). Credit: James St. John, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons.

Uno dei fattori che favorisce la preservazione delle impronte è l'ambiente in cui sono state impresse. Un ambiente marino marginale, per esempio, caratterizzato da acque poco profonde e da bassa circolazione, come una laguna o una piana di marea, è certamente più propizio alla preservazione delle impronte. Inoltre, affinché un'impronta si conservi in buone condizioni è necessario che  venga rapidamente riempita e seppellita sotto uno strato di sedimento.

Dopo essere stati sepolti, i sedimenti subiscono una serie di trasformazioni chimico-fisiche che li portano alla litificazione, trasformandoli in roccia, e alla completa fossilizzazione delle impronte e fossili al loro interno. Tuttavia, queste impronte rimarranno nascoste finché non saranno riportate in superficie ed esposte, sia a causa dell'azione di agenti naturali, sia attraverso interventi umani.

Le impronte vere lasciate dai dinosauri appaiono come incavi nella roccia. La loro forma è determinata dall'animale che le ha create. Talvolta è possibile trovare anche una controimpronta, ossia un calco naturale prodotto dalla litificazione del sedimento che ha riempito l'orma durante il suo seppellimento. A volte né la controimpronta né l'impronta reale si conservano; invece, nella roccia può apparire una sottoimpronta, prodotta dalla deformazione del sedimento al di sotto dell'impronta originale, a causa della pressione esercitata dall'animale. Le sottoimpronte sono generalmente meno definite, meno profonde e presentano meno dettagli.

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Differenza tra impronta reale, controimpronta e sottoimpronta. Credits: UCMP Berkeley.

Qual è l'importanza scientifica delle tracce fossili

Le tracce fossili offrono dettagli preziosi sull'attività dell'animale quando era in vita, tanto che esiste una branca della paleontologia dedicata proprio al loro studio: l'icnologia. Analizzando le tracce fossili, gli esperti possono ricostruire il modo di muoversi dell'animale, il suo comportamento, le preferenze ambientali e la postura (per esempio, quadrupede o bipede). Studiando la distanza tra le impronte di un esemplare, è possibile dedurre la sua velocità, mentre gruppi di orme vicine indicano che l'animale potrebbe aver vissuto in branchi.

Quando le impronte sono preservate in ottime condizioni, i paleontologi possono discerenere dettagli come i calchi della pelle e tracce lasciate sia dalle parti molli che dure dell’animale, come gli artigli, offrendo anche indizi sulla flessibilità delle dita. Sebbene sia generalmente molto difficile identificare l'esatta specie di dinosauro che ha lasciato un'impronta, le tracce fossili spalancano una finestra importantissima su passato lontano.

Tracce di dinosauro nella formazione giurassica di Moenave (Arizona, USA). Credit: USGS.
Tracce di dinosauro nella formazione giurassica di Moenave (Arizona, USA). Credit: USGS.

Dove si trovano in Italia le orme dei dinosauri

Il nostro Paese vanta numerosi siti paleontologici in cui è possibile ammirare le tracce del cammino dei dinosauri. Vediamo i principali in dettaglio.

Lavini di Marco – Rovereto (Trentino-Alto Adige)

Il sito paleontologico Lavini di Marco sulle pendici del Monte Zugna, a sud di Rovereto, è uno dei più ricchi in Italia, sia per numero che per varietà di tracce fossili. Qui sono state rinvenute oltre 70 piste di dinosauri e più di 90 impronte singole, riconducibili sia a dinosauri predatori che erbivori. Questi animali vissero circa 200 milioni di anni fa, nel Giurassico Inferiore.

Gran parte delle tracce presenti sul sito sono sottoimpronte. Le orme più frequenti sono quelle poco profonde, tridattili, con tre dita sottili e dotate di artigli, tipiche dei terapodi, ovvero dinosauri carnivori bipedi. Si possono osservare anche numerose orme arrotondate, riconducibili a grandi esemplari erbivori a collo lungo come i sauropodi, e impronte tridattili con dita corte e ravvicinate attribuite agli ornitopodi.

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Impronte di dinosauro nel sito paleontologico di Lavini di Marco. Credit: Archeolucia, CC BY–SA 4.0, via Wikimedia Commons.

Cava Pontrelli – Altamura (Puglia)

Il sito paleontologico della Cava Pontrelli, situato a pochi chilometri da Altamura, è uno dei più importanti e conosciuti non solo in Italia ma anche a livello internazionale. Ubicato all'interno di una cava dismessa di roccia calcarea, il sito copre un'area di circa 15.000 metri quadrati.  Si stima che possa custodire tra 25.000 e 35.000 impronte lasciate da oltre 200 diversi esemplari di dinosauri vissuti nel Cretaceo Superiore, circa 85 milioni di anni fa. La maggior parte delle orme è stata attribuita a dinosauri quadrupedi erbivori, quali anchilosauri, sauropodi, ornitischi e ceratopsidi.

Tracce lasciate dai dinosauri osservabili sulla superficie della Cava Pontrelli. Credits: Luca Bellarosa, CC BY–SA 4.0, via Wikimedia Commons.
Tracce lasciate dai dinosauri osservabili sulla superficie della Cava Pontrelli. Credits: Luca Bellarosa, CC BY–SA 4.0, via Wikimedia Commons.

Monte Pelmetto – Belluno (Veneto)

Le impronte del Monte Pelmetto, nelle Dolomiti bellunesi, sono tra le più antiche tracce di dinosauri scoperte in Italia. Le orme, infatti, incastonate in un blocco di Dolomia Principale che si è staccato da Monte Pelmetto, risalgono al Triassico Superiore, in un periodo compreso tra 210 e 228 milioni di anni fa. La superficie del masso conserva un centinaio di impronte fossili. La maggior parte di queste sono attribuibili a bipedi carnivori, ma ci sono anche tracce di erbivori appartenenti al gruppo degli ornitischi. La pistadi impronte più estesa misura circa 6 metri e comprende orme di 10-12 centimetri ciascuna. Numerose impronte isolate si trovano sia sul masso che nelle aree limitrofe.

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Blocco di dolomia principale a 2050 metri su Monte Pelmetto con impresse le piste lasciate dei dinosauri. Credits: Wikimedia Commons.

Monti Pisani – Agnano (Toscana)

Le prime orme di dinosauri che scoperte in Italia, negli anni '80 dell'Ottocento, sono quelle conservate nei Monti Pisani, in prossimità del paese di Agnano in provincia di Pisa. Si tratta di una orma tridattile, con una lunghezza di circa 6-7 centimetri. L'impronta è stata lasciata da un piccolo dinosauro carnivoro, probabilmente appartenente al genere Grallator, che visse nel Triassico Superiore, circa 230 milioni di anni fa.

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Impronta rinvenuta sul Monte Pisano e classificata e attribuita a un esemplare del gruppo Grallato. Credits: Conti et al., 2020.
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