In ambito paleontologico, quando si parla di “Ciro” si fa chiaro riferimento al nome comune dato al primo dinosauro trovato in Italia, per la precisione a Pietraroja (BN) nel 1980.
La sua scoperta resta, tutt'oggi, una delle più eccezionali al mondo in materia di fossili.
Di Ciro, infatti, non solo fu trovato lo scheletro quasi completo ma anche, per la prima volta in assoluto, numerose parti molli, tra cui i resti degli organi interni, gli anelli cartilaginei della trachea, fibre muscolari e persino i frammenti di cheratina provenienti dai suoi artigli. Per questo motivo, il piccolo esemplare appartenente alla specie estinta Scipionyx samniticus è notoriamente considerato il dinosauro meglio conservato al mondo.
La scoperta di Ciro, primo esemplare italiano di Scipionyx samniticus
Il 22 novembre 1980 Giovanni Todesco, grande appassionato di fossili, raccolse qualche piccola lastra di calcare ittiolitico nei pressi di una cava a Pietraroja, paesino della provincia di Benevento, in Campania. Il giorno dopo, l’Irpinia fu interessata dal terremoto che provocò ingenti danni al territorio e Todesco, con la sua famiglia, scelse di tornare a vivere nella città d’origine, Verona, dove per anni conservò le lastre calcaree in cantina senza porvi troppa attenzione.
Fu circa 13 anni dopo, che i preziosi reperti, risalenti al Cretacico inferiore, vennero analizzati da Giorgio Teruzzi, allora conservatore della sezione paleontologica al Museo di Storia Naturale di Milano. Lo studioso si rese immediatamente conto dell’importanza di quella scoperta: capì subito di essere di fronte al primo fossile di dinosauro trovato in Italia.
Gli studi scientifici e la pubblicazione su Nature
La preparazione delle lastre calcaree che ospitavano il dinosauro cominciò nel 1994 e durò cinque volte il tempo previsto, di due settimane, a causa dei dettagli che, mano a mano, venivano scoperti. Furono utilizzati stereomicroscopi, microscalpelli e aghi di acciaio coi quali la matrice calcarea, un granello per volta, fu staccata dagli elementi fossili. Alla fine di questo meticoloso lavoro, del piccolo dinosauro, non più lungo di 50 centimetri, si compresero molte cose.
Innanzitutto, la fontanella ancora aperta sul cranio portò i ricercatori a pensare che si trattasse di un cucciolo, uscito da poco dall’uovo. I resti di prede, trovati nel tubo digerente, raccontano che Ciro aveva appena consumato pasti a base di rettili e pesci e che, probabilmente, dato il grado di sminuzzamento di questi, era stato nutrito dai genitori. Scipionyx samniticus era un dinosauro carnivoro, che i ricercatori attribuirono alla famiglia Compsognathidae. Visse attorno a 110 milioni di anni fa, in un ambiente di tipo insulare che, nel Cretacico, caratterizzava gran parte dell’Europa: possiamo immaginare una laguna, con acque basse, e un fondale che, oltre al piccolo dinosauro, ha permesso la fossilizzazione di numerose forme di vita tra cui pesci, anfibi, crostacei e alghe.
Il primo dinosauro italiano venne ufficialmente presentato al mondo nel 1998, in occasione del Convegno di Paleontologia dei Vertebrati di Maastricht, e lo studio, condotto dai ricercatori Cristiano Dal Sasso, del Museo di Storia Naturale di Milano, e Marco Signore, dell’Università degli Studi di Napoli, guadagnò nel marzo dello stesso anno la copertina della celebre rivista scientifica Nature.
Studi ulteriori e curiosità
Qualche anno fa, il fossile Ciro è stato nuovamente esaminato, con l’impiego di tecniche più innovative di quelle in voga alla fine degli anni '90. In particolare, osservando lo scheletro con il microscopio elettronico a scansione, il SEM, è stato possibile ingrandire i tessuti molli fino a trovare i batteri fossilizzati all’interno dell’intestino e a prendere nota della presenza di ferro, elemento chimico naturalmente presente nell’emoglobina del sangue, nel petto del dinosauro. Non solo: dalle analisi effettuate, i ricercatori hanno dedotto che Scipionyx samniticus fosse un animale a sangue caldo, coperto di piume probabilmente colorate.