Immagina di addentare una mela fresca sentendo il croccante suono della buccia che si rompe sotto i tuoi denti. Questo suono, tipico degli alimenti che fanno “crunch” come anche le patatine da sgranocchiare, viene amplificato dalle ossa del cranio attraverso la conduzione ossea, viaggia verso le zone dell’orecchio più profonde, trasformandosi in impulsi elettrochimici che il cervello elabora come piacere. Le ragioni della sua piacevolezza possono essere ricercate nell’associazione tra cibo croccante e cibo fresco, che può aver influenzato evolutivamente i nostri circuiti del piacere. Quindi il suono del cibo che mastichi non è solo un elemento di sottofondo, ma una componente essenziale della tua esperienza sensoriale: la croccantezza, quindi, ha un effetto sia fisico sia psicologico che spinge a continuare a mangiare.
Il ruolo della sensorialità
Il suono ha una componente forse di secondo piano, ma comunque essenziale nell’esperienza sensoriale che abbiamo con il cibo. Quando mastichiamo, il rumore prodotto dalla frantumazione del cibo si propaga nella bocca che diventa una camera d’eco, viene amplificato dalle ossa del cranio fino ad arrivare alle orecchie (una dinamica che prende il nome di conduzione ossea, utilizzata anche per costruire delle cuffie di ultima generazione). Qualcuno la chiama “musica della masticazione”.
La vibrazione raggiunge il timpano ma soprattutto zone dell’orecchio interno come la coclea, piccola struttura a forma di chiocciola che contiene le cellule ciliate responsabili della trasformazione delle vibrazioni meccaniche in impulsi nervosi elettrochimici, e la membrana basilare, che oscilla sensibilmente a seconda delle vibrazioni che a sua volta riceve. Le vibrazioni si trasformano in segnale elettrico che, viaggiando lungo il nervo acustico, arrivano verso la corteccia uditiva, area del cervello deputata all’elaborazione dei suoni.
Croccantezza come indice di qualità
Dal punto di vista biologico, la croccantezza può essere vista come un segnale di freschezza del cibo che stiamo masticando. Una mela matura al punto; una lattuga appena colta; un cetriolo di stagione: tutti alimenti che, se freschi, hanno quella croccantezza tipica che è un indice di qualità, un indizio del fatto che non sono né troppo maturi né marci, dato che non si presentano mosci, morbidi o sfatti.
Una cosa simile succede per i prodotti essiccati o tostati, come biscotti o patatine. Dopo un po’ di tempo questi prodotti cambiano le proprie qualità organolettiche, diventando spesso morbidi e pastosi. Quando questo succede significa che il prodotto ha assorbito umidità, cioè acqua, che è uno dei principali acceleratori di deterioramento dei cibi. C’è quindi una certa correlazione tra la salubrità di alcuni cibi e la loro croccantezza che potrebbe essersi radicata nelle nostre preferenze alimentari attraverso il processo evolutivo come segnale di alimento sicuro, attivando i circuiti di piacere allo scrocchiare dell’alimento.
Psicologia della croccantezza
La croccantezza non è solo una questione di sensazioni fisiche, ma coinvolge anche aspetti psicologici. La voglia di cibi croccanti può anche derivare, per esempio, dal desiderio di una variazione sensoriale che rompe la monotonia dei cibi più morbidi e uniformi. Questo cambiamento di consistenza è spesso associato a una maggiore soddisfazione durante il pasto, contribuendo a una sensazione complessiva di piacere. Inoltre, il consumo di cibi croccanti può essere legato a un senso di gratificazione immediata, spesso ricercata nei momenti di stress o come premio. Emerge da alcuni studi che la croccantezza di un alimento è altamente correlata con la sua piacevolezza.
Come spesso vediamo, ciò che evolutivamente si stratifica come comportamento buono per la nostra sopravvivenza, diventa un tratto di molte culture, anche, a volte, a discapito dei “pro” che contraddistinguono gli alimenti dotati di croccantezza in natura. In molte tradizioni culinarie, la croccantezza è infatti ricercata tanto nelle pietanze salate che in quelle dolci. Ad esempio, nella cucina asiatica, ingredienti come i germogli di soia e le verdure fritte sono amati per la loro texture croccante. Analogamente, nelle culture occidentali, patatine, snack e biscotti croccanti sono molto popolari, evidenziando il meccanismo distorto a cui siamo andati incontro. È la solita vecchia storia nella quale Homo sapiens incappa incessantemente: cerchiamo direttamente il piacere (il “crunch”) lasciando in secondo piano il motivo principale per cui quella sensazione di piacere è stata promossa nel nostro cervello (la freschezza del cibo ingerito).