Sembra banale, ma vi siete mai chiesti come mai scriviamo i numeri così come li scriviamo? Con quella precisa forma? In rete circola da tempo una teoria diventata virale che sostiene che la forma dei numeri dipenda dal numero di angoli contenuti graficamente in ogni singola cifra, secondo uno schema schematico e geometrico che riportiamo qui sotto. La teoria è affascinante, ma è del tutto priva di fondamento (al momento non ci sono prove storiche che la sostengano); insomma è una bufala.
Ma quindi da dove arriva la forma dei numeri che usiamo? Facciamo chiarezza tornando un attimo indietro nel tempo.
L'origine dei numeri in India
Sull'origine dei numeri abbiamo realizzato un articolo ad hoc, quindi in questa sede sintetizziamo la questione all'osso. I numeri che usiamo attualmente vengono solitamente definiti in Occidente "numeri arabi". Molti di noi li hanno imparati a scuola in questo modo. Il motivo è che furono portati in Europa da mercanti, matematici e astronomi arabi a partire dal IX-X secolo, con una maggiore diffusione solo dal XII-XIII secolo in poi. Prima di allora, in Europa e nel bacino del Mediterraneo i numeri quasi esclusivamente in uso erano invece quelli romani, eredità dell'antico impero romano e poi mantenuti vivi dalla Chiesa. Si tratta peraltro di numeri che usiamo ancor oggi per specifiche necessità (pensiamo, ad esempio, a quando dobbiamo indicare i secoli).
Ecco, sfatiamo anzitutto quello che per molti è un mito: in realtà i numeri "arabi" non sono arabi, ma indiani, tanto che solitamente si parla di sistema di numerazione indo-arabo. Probabilmente i numeri furono infatti ideati in una forma primitiva in quella che oggi è l'India almeno intorno al IV secolo a.C., nei secoli successivi si svilupparono e mutarono forma (in particolare dovrebbero essersi sistematizzati nel VI-VII secolo d.C.), furono poi assimilati dal mondo arabo e quindi passarono in Europa.
Una delle prime opere europee certe a contenere il sistema di numerazione arabo-indiano è la Cronaca di Albelda (chiamata anche Chronicon Albeldense o Codex Vigilanus) della fine del IX secolo d.C., ma l'autore europeo a cui maggiormente si deve l'introduzione dei "nuovi numeri" nel Vecchio Continente è Leonardo Fibonacci. Il matematico italiano, col suo Liber abbaci, un trattato pubblicato in prima edizione nel 1202, introdusse in Europa in maniera sistematica il sistema numerico decimale indo-arabo e i suoi principali metodi di calcolo.
L'evoluzione grafica delle cifre indo-arabe
Nel passo della Cronaca di Albelda inserito qui sopra appare chiaro come i numeri che usiamo oggi abbiano avuto un'evoluzione grafica del tutto particolare (e tutt'ora non chiara) e non fossero legati al quantitativo di angoli contenuti in ciascuna cifra. In particolare, per completezza, inseriamo qui sotto la ricostruzione di quello che potrebbe essere stato il processo di trasformazione del sistema di numerazione indo-arabo a partire dai numeri brahmi (una versione primitiva dei numeri indiani) fino ai numeri che sostanzialmente usiamo oggi. Si tratta di una ricerca del matematico tedesco Karl Menninger, pubblicata all'interno dell'opera Zahlwort und Ziffer (Vandenhoeck & Ruprecht, Gottinga, 1957-58).