Gli astronauti della missione Polaris Dawn sono entrati nei libri di storia giovedì 12 settembre realizzando la prima "passeggiata spaziale" privata di sempre. Alla ragguardevole altitudine di circa 730 km, gli astronauti Jared Isaacman e Sarah Gillis sono usciti dalla cabina depressurizzata della capsula Dragon nel vuoto dello spazio. L'attività extra-veicolare (EVA), comunemente definita "passeggiata spaziale", ha avuto una durata complessiva di circa un'ora e 46 minuti, dalle 12:12 alle 13:58 ora italiana. La completa depressurizzazione della cabina ha fatto si che anche un altro record venisse infranto, ovvero del maggior numero di persone contemporaneamente esposte al vuoto dello spazio.
Questi record vanno ad aggiungersi a quello registrato da Polaris Dawn stabilito già dopo sole 15 ore dal lancio della capsula, avvenuto il 10 settembre presso il Kennedy Space Center. L'equipaggio ha infatti raggiunto, nella sua orbita fortemente ellittica, l'apogeo (distanza massima dalla Terra) di 1400 km, la quota più alta raggiunta da qualsiasi missione spaziale in orbita bassa, ma soprattutto una quota che non veniva registrata dai tempi del programma Apollo mezzo secolo fa.
Come è andata la passeggiata spaziale
Dopo aver raggiunto l'altitudine record di 1400 km, i propulsori della capsula Dragon hanno spostato quest'ultima su di un'orbita più bassa, con apogeo fissato a circa 73o km. È a questa quota che è avvenuta la prima EVA privata della storia.
Alle 12:12 ora italiana, circa 4 ore dopo l'orario previsto, l'EVA è iniziata con la depressurizzazione della capsula Dragon. Quest'ultima è stata pesantemente modificata, sostituendo l'usuale boccaporto di attracco alla stazione spaziale internazionale (ISS) con uno in grado di aprisi verso l'esterno, soprannominato "Skywalker". La Dragon, per costruzione, non è dotata di una camera di equilibrio, quindi la depressurizzazione ha coinvolto l'intera capsula e di conseguenza l'intero equipaggio. Per effettuare l'EVA, tutti gli astronauti hanno dovuto indossare delle tute specificatamente progettate da Space X.
Dopo una trentina di minuti, il boccaporto è stato finalmente aperto, e alle ore 12:48 ora italiana, l'astronauta e comandante Jared Isaacman – il miliardario che ha finanziato buona parte del viaggio – è uscito nel vuoto dello spazio, mentendosi aggrappato agli appigli sistemati in cima alla capsula. Pochi minuti dopo, alle 13:04 ora italiana, è arrivato il turno dello specialista di missione Sarah Gillis di affrontare l'inospitale ambiente spaziale, effettuando una serie di controlli sulla mobilità della tuta spaziale. Il tutto è stato seguito tramite la live di SpaceX che catturava splendide immagini dei due astronauti in piedi, con la maggior parte dei loro corpi fuori dalla navicella spaziale.
Il boccaporto è stato chiuso alle 13:14 ora italiana e da lì è iniziata la ripressurizzazione della Dragon. Il tutto si è concluso alle 13:58 ora italiana, con il ripristino completo della pressione all'interno della capsula. Durante questa fase, gli astronauti hanno avuto modo di percepire quello che è il tipico odore dello spazio, spesso descritto dagli astronauti come un odore di polvere da sparo, ma anche di ozono e di bistecca bruciata, probabilmente dovuti agli idrocarburi policiclici aromatici delle particelle di polveri spaziali ricche in carbonio.
Come sono fatte le tute speciali di Space X
La passeggiata spaziale o EVA è stata resa possibile sia grazie a specifiche modifiche apportate alla capsula Dragon, sia grazie a delle nuovissime tute specificatamente progettate da Space X per questa missione. Le tute indossate dall'equipaggio della Dragon sono progettate per essere leggere e flessibili, pur offrendo protezione contro l'ostile ambiente spaziale. Le tute sono state indossate da tutti i membri dell'equipaggio, inclusi Anna Menon e Scott Poteet, poichè l'intera capsula è stata depressurizzata e quindi esposta al vuoto dello spazio.
Uno degli obiettivi principali di Polaris Dawn era proprio quello testare le tute, che SpaceX intende utilizzare in una serie di missioni future sia nell'orbita terrestre che più lontano nello spazio. Il volo è quindi servito come test delle performance della tuta, per scovare eventuali criticità da risolvere per le future missioni di più lunga durata. Questa rappresenta la prima iterazione di un prodotto che, cambiando nel tempo, si evolverà in quello che i futuri astronauti che cammineranno su Marte andranno ad indossare.