Accanto ai vantaggi e le possibilità create dai grandi modelli di intelligenza artificiale come ChatGPT convivono diverse preoccupazioni riguardo l'origine delle fonti primarie, le violazioni dei copyright e la privacy degli utenti, ma un problema spesso sottovalutato è legato ai costi energetici dello sviluppo e dell'utilizzo di questi modelli online: i server dedicati eseguono infatti complessi calcoli anche per generare una semplice immagine o un testo scritto. Secondo uno studio della startup Hugging Face, in collaborazione con la Carnegie Mellon University, generare una singola immagine con i più comuni modelli AI grafici consuma, in pochi secondi, la stessa energia necessaria per caricare completamente uno smartphone. Visto l'utilizzo sempre crescente di questi modelli, interpellati miliardi di volte al giorno per compiti come la gestione delle e-mail o la generazione di testi e immagini, non si tratta di problemi da sottovalutare. Produrre l'energia necessaria per alimentare le AI comporta produzione di gas climalteranti come la CO2, su cui stanno cominciando a diffondersi diversi studi e analisi. C'è da considerare, però, che a parità di lavoro portato a termine il confronto con il consumo energetico necessario agli esseri umani non è sempre semplice.
Le emissioni di CO2 legate all'AI
Parlando di carbon footprint dell'AI, la cosiddetta “impronta di CO2” legata soprattutto ai grandi modelli generativi, le emissioni di questo gas serra dipendono sia dal consumo energetico dei server sia dalla natura delle fonti utilizzate per produrre elettricità. Nei Paesi che producono più energia con fonti rinnovabili o con il nucleare la quantità di anidride carbonica può essere molto minore di quella generata in Paesi più dipendenti dai combustibili fossili, come gli USA, dove si trova buona parte delle startup AI.
La carbon footprint delle AI deve però considerare, oltre all'utilizzo da parte dell'utente, anche il contributo dovuto alla creazione ed addestramento del modello. I ricercatori della University of Massachusetts Amherst stimano che l'intero processo potrebbe produrre fino a 300 tonnellate di CO2. Nel caso di ChatGPT-3, l'energia usata è stata pari a quella consumata dal ciclo vita di 5 automobili, dalla produzione alla rottamazione, dopo una percorrenza di 200.000 km.
Il consumo d'acqua dell'AI
Il Washington Post e l'Università della California Riverside hanno inoltre confermato che i modelli AI sono particolarmente "assetati": le esigenze di raffreddamento dei server portano a volte all'uso di torri di raffreddamento dove il calore è ceduto all'acqua. L'acqua utilizzata è in parte persa per evaporazione e in parte riciclata dalle 3 alle 10 volte prima di essere scaricata in fogna, per evitare la concentrazione di batteri o sali minerali.
In base alle stime di questo studio, una mail di 100 parole scritta da ChatGPT-4 può "consumare" più di mezzo litro d'acqua; se un americano su 10 attualmente impiegati mandasse una mail con ChatGPT-4 alla settimana, i server utilizzerebbero 435 milioni di litri d'acqua all'anno, il fabbisogno idrico di un giorno e mezzo dell'area di Rhode Island (circa 1 milione di abitanti).
Il confronto con gli esseri umani e i risvolti etici
Come evidenziato da un articolo "provocatorio" pubblicato su Scientific Reports, però, il confronto tra l'energia spesa dal modello e quella usata da un essere umano per portare a termine lo stesso compito potrebbe comunque essere a favore dell'AI: si stimano emissioni minori tra le 130-1500 volte per un testo complesso, e dalle 310 alle 2900 volte per una immagine.
Secondo lo studio, modelli di IA hanno grandi picchi di consumo ma restituiscono risultati in tempi molto brevi, mentre un artista o uno scrittore umano può impiegare diverse ore per terminare il suo lavoro e revisionarlo. Nel calcolo dell'energia utilizzata è stata inclusa l'elettricità necessaria al funzionamento di un PC, ma anche una parte delle emissioni di CO2 legate alla produzione di cibo, al riscaldamento dei locali di lavoro e altre necessità dell'operatore umano. Se da un lato non è corretto trascurare la fase di addestramento delle AI nel calcolo dell'energia richiesta, inoltre, anche gli operatori umani necessitano di anni di studi per poter produrre lavori di qualità, con investimenti di tempo ed energie considerevoli.
Gli autori del lavoro non nascondono gli ovvi e pesanti risvolti per la nostra società, tra cui la minaccia sempre crescente per i posti di lavoro e il conseguente benessere dei cittadini. Oltre a queste terribili conseguenze, i modelli AI preoccupano anche per la possibilità di "dirottamento" e manipolazione delle informazioni, oltre che per le sempre più diffuse diatribe legali sulle fonti dei dati trattati.
L'inusuale prospettiva di questo articolo, aldilà dei risvolti etici, suggerisce però possibili effetti positivi dell'uso di IA per abbattere il tempo "sprecato" e il conseguente consumo di energia: compiti che prevedono il trattamento di enormi quantità di dati, per esempio, sono eseguiti più efficacemente dall'IA, lasciando agli umani compiti più creativi o che necessitano di una mente più "fuori dagli schemi".
Questo approccio può apparire futuristico, forse distopico, ma in fondo è già utilizzato anche in ambito scientifico. Nel 2023, un modello IA è stato in grado di testare virtualmente le più efficienti reazioni e di "progettare" catalizzatori per la produzione di ossigeno, a partire dagli elementi in campioni di meteoriti. Un lavoro completato in appena due mesi sarebbe costato, secondo i ricercatori della University of Science and Technology of China, 2000 anni di ore-lavoro da parte di colleghi umani.