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7 Settembre 2023
11:01

Stagione degli uragani 2023, probabilmente sarà più intensa del normale

La previsione del Climate Prediction Center della NOAA dipinge uno scenario peggiore di quelli previsti in precedenza per quest'anno.

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Stagione degli uragani 2023, probabilmente sarà più intensa del normale
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I meteorologi della NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) hanno portato al 60% la probabilità di una stagione degli uragani più intensa del normale, mentre l’outlook pubblicato a maggio prevedeva una probabilità del 30%. La probabilità di un’attività quasi normale è scesa al 25% e vi è appena un 15% di possibilità di una stagione inferiore alla norma.

Quest’ultimo aggiornamento copre l'intero semestre della stagione degli uragani, che ufficialmente inizia il 1° giugno e termina il 30 novembre. Per l'anno in corso esso prevede da 14 a 21 tempeste tropicali (si definiscono tali quando la velocità del vento al loro interno è compresa tra 62 e 117 km/h), di cui 6-11 potrebbero diventare uragani (venti con intensità uguale o superiore a 118 km/h). Di questi, 2-5 potrebbero diventare uragani maggiori (ovvero di categoria 3 o superiore rispetto alla scala di classificazione “Saffir-Simpson”, con venti di intensità uguale o superiore ai 178 km/h). La NOAA fornisce tali intervalli con un'affidabilità del 70%. Questi intervalli aggiornati includono le tempeste che si sono già formate in questa stagione 2023.

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«Alcuni dei principali fattori climatici che si prevede influenzeranno l'attività degli uragani nell'Atlantico sono l'attuale fase El Niño e le temperature superficiali dell'Atlantico da record», ha dichiarato Matthew Rosencrans, responsabile di questo tipo di previsioni presso il Climate Prediction Center. «Considerando questi e altri fattori, le previsioni aggiornate prevedono una maggiore attività, quindi invitiamo tutti a prepararsi ora per il prosieguo della stagione».

Attualmente ci troviamo nella fase conclamata di El Niño (ovvero il periodico e anomalo surriscaldamento delle acque superficiali dell’Oceano Pacifico Tropicale che bagna l’America meridionale). Solitamente El Niño determina condizioni atmosferiche tali da ridurre l'attività tropicale durante la stagione degli uragani nell'Atlantico. Finora, queste condizioni limitanti si sono sviluppate lentamente e gli scienziati prevedono che gli impatti associati, in grado di limitare l'attività dei cicloni tropicali, potrebbero non essere presenti per gran parte della restante stagione degli uragani.

Per contro, l’acqua dell’Oceano Atlantico nella principale regione in cui gli uragani traggono origine, tra la punta occidentale dell’Africa (all’altezza del Senegal) e i Caraibi, è di 1,2 °C al di sopra della norma e non è mai stata così calda prima d’ora. Un ingrediente che funge da vero e proprio carburante per le tempeste tropicali che poi evolvono in uragani, i quali assorbono l’energia termica dall’acqua, diventando più umidi e più forti. Poiché le temperature registrate sono senza precedenti, non è possibile fare un raffronto col passato per prevedere quali potrebbero essere gli effetti nei prossimi mesi. Soltanto nel 2004 si venne a creare la combinazione tra El Niño ed acque particolarmente calde, e in quell’anno ci furono 15 tempeste tropicali, 9 uragani e 6 grandi uragani, per un’attività complessiva il triplo più frequente del normale.

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Tragitto medio seguito da tempeste tropicali/uragani dal 1851 al 2019. (Fonte: Wikipedia)

A questo fattore, già di per sé determinante, se ne aggiungono altri, che hanno influenzato l'aggiornamento di queste previsioni stagionali:

  • un wind shear inferiore alla norma, ovvero la variazione improvvisa della direzione e dell’intensità del vento nel campo verticale dell’atmosfera; in condizioni normali, il wind shear “taglierebbe l’aria come un coltello” mentre questa sale, impendendo lo sviluppo di intensi moti verticali, indispensabili per la formazione delle enormi nubi che formano l’uragano;
  • un’intensità dei venti alisei dell’Atlantico (quelli che corrono da nord-est verso sud-ovest e convergenti l’equatore nell’emisfero settentrionale) leggermente inferiori alla norma; anche in questo caso, una loro minore intensità favorirebbe un miglior sollevamento dell’aria sopra la porzione di oceano antistante il Golfo di Guinea;
  • un monsone dell'Africa occidentale vicino o superiore alla norma, che contribuirebbe all’innesco dei moti ascensionali dell’aria, sostenuti dal basso dal calore fornito dalla calda superficie oceanica in evaporazione.

In totale, la stagione 2022 degli uragani atlantici ha prodotto 14 tempeste, di cui 8 sono diventate uragani e 2 uragani maggiori (Ian e Fiona).

Quest’anno il bacino nord-atlantico ha avuto un inizio attivo della stagione degli uragani con 5 tempeste, che hanno raggiunto almeno la forza di ciclone tropicale, tra cui un uragano. Mediamente, una stagione degli uragani produce 14 tempeste, di cui 7 diventano uragani, compresi 3 uragani maggiori. Come detto all’inizio, l’ultimo aggiornamento della NOAA ne prevede rispettivamente un massimo di 21, 11 e 5. A questo punto vediamo come proseguirà la stagione in corso, considerato il fatto che il clou è atteso tra settembre e inizio ottobre.

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Frequenza mensile delle tempeste tropicali atlantiche/uragani dal 1851. Credits: RCraig09, CC BY–SA 4.0, via Wikimedia Commons.
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